Posso ben dire che io l’avevo detto». Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro, Pd, sul numero degli «esodati» chiede al governo di riferire in Parlamento, «viste queste indiscrezioni su una relazione dell’Inps, consegnata prima dell’emanazione del decreto, che parla di 390.200 persone senza lavoro e pensione».
Che è un numero attendibile…
«Se l’Inps dice 390.000, noi ovviamente crediamo all’Inps. E alla sua formidabile banca dati. È da dicembre che abbiamo sollevato il problema, perché era evidente che la riforma delle pensioni conteneva l’errore di abolire in un colpo solo le «quote di anzianità», che avevo introdotto da ministro nel 2007. Così centinaia di migliaia di persone hanno visto allontanarsi la pensione di cinque o sei anni, restando senza retribuzione, senza ammortizzatori sociali e senza pensione. Una cosa socialmente iniqua e ingestibile. Avevamo avvertito il governo, e dopo una dura battaglia parlamentare abbiamo ottenuto una risposta almeno per 65.000 persone, ma non basta».
Ma perché solo 65.000?
«Perché sono partiti dalle risorse disponibili, e le hanno tradotte in numeri.
E così un diritto che c’è o non c’è è stato forzato, e legato alle risorse che c’erano. Risultato, il decreto è assolutamente restrittivo: stabilisce che per avere le vecchie regole pensionistiche i lavoratori dovevano essere già in mobilità, producendo una vera e propria decimazione. Faccio presente che accordi come quello di Termini Imerese, per citare un caso che riguarda 650 persone, e molti altri simili saranno esclusi nonostante siano stati stipulati precisi accordi in sede ministeriale. Un controsenso inaccettabile».
Si era parlato di un disegno di legge per rimediare. A che punto è?
«Come Pd abbiamo presentato ordini del giorno, approvati da governo e Parlamento. Li abbiamo tradotti in emendamenti al Milleproroghe, e abbiamo risolto per i 65000. Ora c’è una proposta di legge per spostare la data per la stipula degli accordi di mobilità dal 4 al 31 dicembre 2011, e per fissare un’interpretazione più favorevole ai lavoratori per la maturazione del diritto alla pensione entro i due anni che vanno dal 6 dicembre 2011 al 6 dicembre 2013. Questa proposta di legge, di cui sono primo firmatario, ora è promossa da tutti i partiti di maggioranza; inoltre Lega e Idv hanno presentato progetti analogi. Stiamo verificando ora, con loro e con i sindacati, eventuali correttivi al nostro ddl, per poi approvarlo in Parlamento rapidamente. È chiaro che il nodo fondamentale resta quello delle coperture finanziarie».
Serviranno tantissimi soldi. Per i 65.000 ci vogliono 5 miliardi per i prossimi sette anni. Dove troverete risorse per 390.000 persone?
«Noi facciamo riferimento ai conti della Ragioneria, formulati quando fu varata la riforma. Si calcolò che abolendo le quote di anzianità si sarebbero prodotti risparmi a regime (dal 2017) per 4 miliardi l’anno, ma zero risparmi per il 2012 e 300 milioni per il 2013. Le cifre sono queste. Resta il fatto che nonostante questa girandola di dati, di conferme e di smentite, il presidente del Consiglio Monti ha detto che “nessuno sarà lasciato solo”. Il ministro Fornero lo ha ammesso: “abbiamo sbagliato”. Il ministro Giarda ha confermato in Aula che il governo intende affrontare e risolvere il problema. Lo aspettiamo alla prova dei fatti. È una priorità del paese: si faccia tutti uno sforzo per risolvere la questione».
La Stampa 12.06.12
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