Discipline e non più aree o assi disciplinari nelle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo dell’istruzione. Il ministro Francesco Profumo, finita la sperimentazione, vuole trasformarle in regolamento al più presto, in ogni caso entro il 31 agosto, in modo che siano applicative da settembre. In caso contrario, c’è il rischio che tornino in vigore integralmente quelle di Letizia Moratti. Intanto, dirigenti e insegnanti potranno dire la loro attraverso una consultazione telematica che dovrà concludersi entro il prossimo 30 giugno. Non si tratta di nuove indicazioni ma di revisione di quelle allegate al decreto legislativo n. 59 del 2004 del ministro Moratti, già per altro sottoposte ad aggiornamento durante il biennio di governo del centrosinistra, ministro dell’istruzione Giuseppe Fioroni, che le adottò con decreto del 31 luglio 2007. La revisione, avviata da Mariastella Gelmini in articulo mortis del suo governo, circolare n. 101 del 4 novembre 2011, e ora in fase di avanzata elaborazione con l’attuale ministro, trae la sua fonte di legittimazione nel regolamento sull’ordinamento delle scuole dell’infanzia e del primo ciclo adottato con decreto del Presidente della repubblica n. 89 del 2009. L’art. 1 prevede che le indicazioni di Fioroni non si debbano applicare per più di un triennio (2009/2011) e che la loro «eventuale» revisione sia operata in relazione agli esiti del monitoraggio affidato all’Ansas sulle attività poste in essere dalle istituzioni scolastiche.
Monitoraggio effettivamente realizzato nel corso di quest’anno scolastico.
La differenza più rilevante con il testo delle indicazioni di Fioroni è l’eliminazione delle tre aree disciplinari, quella linguistico – artistico – espressiva, quella storico – geografica e quella matematico – scientifico – tecnologica, ciascuna delle quali introduce la trattazione delle singole discipline con una premessa che ne unifica finalità e organizzazione e ne evidenzia l’interdipendenza. Nella bozza la premessa interdisciplinare sparisce, così lasciando isolate le diverse discipline, inalterate come numero e con alcune differenze nominali («scienze naturali e sperimentali» divengono solo «scienze» e «corpo, movimento, sport» sono trasformati in «scienze motorie e sportive»). La bozza riprende nell’introduzione a ciascuna disciplina frasi estrapolate dalla premessa di Fioroni, ed è vero che il concetto di connessione delle discipline viene declinato all’interno della descrizione di ciascuna, ma l’impressione e il risultato che derivano da questa diversa impostazione è che, soprattutto nella scuola media dove il numero degli insegnanti è più elevato e più difficili sono le operazioni di coordinamento didattico e disciplinare, si potrà pensare di fare a meno di perseguire unitariamente gli obiettivi di insegnamento – apprendimento. Sarebbe interessante conoscere se questa revisione scaturisce dall’esito del monitoraggio o è stata autonomamente assunta dai revisori, che hanno presentato il lavoro al sottosegretario con delega, Marco Rossi Doria.
Il discorso su ciascuna disciplina, la descrizione delle sue caratteristiche, degli obiettivi, dei traguardi per lo sviluppo delle competenze passano quasi inalterati dalle indicazioni di Fioroni alla bozza ma lessico, formulazioni e architettura sono spesso semplificati. È apprezzabile lo sforzo di rendere il testo delle nuove indicazioni accessibile a tutti, soprattutto alle famiglie con le quali si intende rinnovare il rapporto di corresponsabilità formativa, ma così si corre il rischio di offrire letture riduttive, facendo perdere in profondità il discorso disciplinare. Così per l’italiano, quando si pone l’accento sul dovere di acquisire le strumentalità del leggere e dello scrivere e si dà una definizione del leggere che è persino meno pregnante di quella che si aveva nella premessa ai nuovi programmi della scuola elementare del ministro Ermini (1955), che, auspicando una scuola che insegnasse a leggere, esigeva che da essa uscissero ragazzi «che ragionino con la propria testa», un bel modo per parlar chiaro, e che avessero imparato «a misurare i limiti del proprio sapere e ad esercitare l’arte di documentarsi». Ovviamente, ciò non toglie si debbano far apprendere con sicurezza tutte le strumentalità. Un’altra disciplina che ha subito una profonda revisione è la tecnologia. Si insiste molto sul fare, tra i traguardi c’è quello di smontare oggetti e meccanismi e apparecchiature“obsolete ma le tecnologie dell’informazione e quelle digitali, che nelle indicazioni di Fioroni svolgono un ruolo privilegiato, nella bozza paiono ridimensionate dalla preoccupazione degli effetti negativi che possono avere sul piano sociale, psicologico, ambientale o sanitario e dall’esigenza di un approccio critico. Sulla considerazione anche che la padronanza degli strumenti è stata «spesso acquisita al di fuori dell’ambiente scolastico», che è un dare implicito atto del mezzo fallimento dell’introduzione dell’informatica nella scuola, una delle famose tre “I” dell’era Moratti. Rispetto alle altre discipline, non vengono dichiarati gli obiettivi al termine della classe terza della scuola primaria ma solo quelli al termine della classe quinta. Il laboratorio cessa di essere un luogo fisico, costa troppo, per diventare «modalità per accostarsi in modo attivo e operativo a situazioni o fenomeni oggetto di studio». Si richiede che gli insegnanti di lingua comunitaria nella scuola primaria tengano conto «della maggiore capacità del bambino di appropriarsi spontaneamente di modelli di pronuncia e intonazione per attivare più naturalmente un sistema plurilingue» e il ministero contemporaneamente prevede di creare nuovi insegnanti L2 attraverso 340 ore di formazione nemmeno tutte in presenza. Tradotte in crediti universitari sono poco meno di 14, una sciocchezza.
da Italia Oggi 12.06.12