Paese di Pulcinella, segreti di Pulcinella: è il caso dell’oramai famigerato nuovo statuto Siae, pronto, ma tenuto nascosto. È appunto un segreto di Pulcinella, perché da qualche tempo questo documento circola clandestinamente: tutti lo conoscono ma non possono discuterne non essendo pubblico e ufficiale. Proprio per questo pubblichiamo questa versione ufficiosa sul sito de l’Unità, e lo facciamo il giorno prima dello sciopero dei dipendenti Siae, anche loro soggetti come gli iscritti allo stesso potere non trasparente, che si concretizza nell’attuale gestione commissariale. Così gli iscritti, i dipendenti Siae e quanti vorranno potranno intervenire, commentare, criticare o plaudire. Pubblicamente.
A una prima lettura appare lampante come nel nuovo statuto l’assemblea, eletta da tutti gli iscritti, sia ridotta a organo puramente formale, mentre il potere passa nelle mani del «Consiglio di gestione», né più né meno che un CdA. Viene poi accresciuto il potere del voto pesante, per cui all’iscritto – editore o autore – che incassa di più corrisponde un voto che vale di più rispetto agli altri. Il modello, ben noto, è quello delle SpA, con gli iscritti trasformati in azionisti: una scelta per molti versi singolare. Infatti, la Società italiana degli autori e degli editori nasce non per spacchettare dei proventi del diritto d’autore, ma per tutelare il diritto d’autore e gli aventi diritto, ovvero gli autori e in seconda battuta gli editori, per la parte di diritto d’autore che gli autori cedono loro. Le ripartizioni economiche sono quindi solo un compito, ancorché importante, di Siae.
Il nuovo statuto è invece favorevole agli editori, tant’è che negli organi elettivi i rappresentanti restano divisi a metà, mentre nel resto d’Europa sono per due terzi appannaggio degli autori e solo per un terzo degli editori. Tuttavia per la sua missione istituzionale e non solo economica, Siae gode, unica in Europa, di un regime di monopolio. Se ridotta a una SpA distributrice di soldi, si spalancherebbero le porte alla richiesta, avanzata già da tempo, di cessazione del monopolio e di creazione di analoghe società in regime di concorrenza. Rimodellare Siae come una SpA è dunque doppiamente impegnativo, sia perché ne cambia radicalmente la natura, sia perché potrebbe comportare un suo ridimensionamento, per la probabile nascita della concorrenza. È però una opzione possibile, se scelta secondo le regole di un «ente pubblico economico a base associativa», quale appunto è Siae. Nelle istituzioni associative è la base – gli iscritti aventi diritto – a farsi carico di redigere o fare redigere lo statuto, anche attraverso l’elezione di rappresentati, di discuterlo, modificarlo, infine di ratificarlo con il voto.
Spiace constatare come per Siae non sia andata così: commissariata dal governo Berlusconi nel 2011, da allora a redigere lo statuto sono stati due vicecommissari, nominati a suo tempo da Gianni Letta e che hanno tenuto in scarsa considerazione la base associativa. Ancora più spiacevole che, cambiato il governo, oggi la Presidenza del Consiglio e il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, organi vigilanti su Siae, non pubblichino lo statuto aprendo un confronto con la base associativa, dando l’impressione di volerla tenere all’oscuro. Bell’esempio di democrazia.
Merita segnalare una ultima aporia: in una SpA il Consiglio di amministrazione viene eletto dall’assemblea degli azionisti. Nel nostro caso invece il Consiglio di gestione dovrebbe essere eletto da un organo intermedio, il Consiglio di sorveglianza, ma con scarsi poteri di controllo, eletto dall’assemblea a sua volta eletta dagli aventi diritto, gli iscritti. Farragine pura? In realtà appare evidente che chi ha scritto lo statuto, pur avendo pesantemente demansionato l’assemblea, continua a temerla e pone, tra questa e l’elezione del CdA, un organo ristretto a poche persone, più soggetto a pressioni e facilmente controllabile. L’impressione è che qualcuno non voglia togliere le mani dalla torta: ma leggendo questo documento chiunque potrà farsi una propria opinione. Lo stesso meccanismo che rende gelatinosa la discussione sullo statuto, ha colpito in questi mesi i dipendenti della Siae che si sono visti, come affermano i sindacati, «disdire gli accordi – il contratto in via di rinnovo ndr –, con l’interruzione della trattativa e l’applicazione per i lavoratori di una normativa di emanazione unilaterale cancellando salario e diritti». Slc Cgil, Fistel Cisl, Uil PA, Ugl, Cisal e Siae Confsal hanno perciò indetto per il 12 giugno uno sciopero in tutte le sedi Siae, con due presidi dalle ore 10 a Piazza di Montecitorio e Via del Collegio Romano, sedi rispettivamente del Governo e del Ministero dei Beni culturali, le due autorità vigilanti, ma sarebbe meglio dire latitanti, su Siae.
l’Unità 11.06.12