La «vicinanza» del governo, espressa da Mario Monti che arriva in conferenza stampa con tre ministri: il responsabile dello Sviluppo economico Corrado Passera, quella dell’Interno Anna Maria Cancellieri, quello della Difesa Giampaolo Di Paola e il sottosegretario Antonio Catricalà. Ma c’è anche una doccia fredda per l’Emilia-Romagna, un allarme che sconcerta la popolazione locale. Scrive la commissione Grandi rischi: «Nel caso di una ripresa dell’attività sismica nell’area già interessata, è significativa la probabilità che si attivi il segmento tra Finale Emilia e Ferrara con eventi paragonabili ai maggiori eventi registrati nella sequenza». L’emergenza, cioè, rischia di allargarsi. Franco Gabrielli, capo della Protezione civile, convoca il Comitato operativo: il sistema di presidio del territorio sarà rafforzato.
E Palazzo Chigi, varato il decreto legge sulla ricostruzione (con lo stanziamento di un miliardo sia nel 2013 che nel 2014), scende di nuovo in campo. Monti annuncia: «Il governo è impegnato con tutti gli strumenti disponibili a fronteggiare l’emergenza e assicura uno sforzo straordinario in termini di risorse, competenze e strumenti». Sul rischio di nuovi terremoti, il premier assicura: «Stiamo intensificando tutte le attività di prevenzione, sulla base degli orientamenti della commissione Grandi rischi. Le faglie e gli eventi succedutisi dal 20 maggio permettono di formulare alcuni orientamenti per l’evoluzione futura».
Il premier si rivolge alla gente dell’Emilia: «Vorrei dire una parola alle popolazioni colpite da un terremoto frazionato nel tempo che ha aumentato sofferenza e incertezza. Un governo non può scongiurare i terremoti né prevederli, ma vogliamo incoraggiarvi a non vedere le cose in modo ancora più grave e preoccupato di come già le vedete. Quello che ci sentiamo in dovere di fare lo stiamo facendo». E ancora: «Spero per voi sia una rassicurazione sapere che il governo è impegnato ad essere vicino a voi concretamente». Messaggio ripetuto dagli altri componenti dell’esecutivo: «Lo Stato non farà mancare nulla», dice Anna Maria Cancellieri, ministro dell’Interno. Catricalà aggiunge: «Il decreto prevede la durata dell’emergenza di un anno, perché si tratta di un evento non ordinario».
Anche la Difesa si attiva: «Le Forze Armate daranno il loro contributo», dice Di Paola. Passera pensa alle aziende: «Bisogna fare in modo di tornare al lavoro il prima possibile, in condizioni di sicurezza».
Il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, plaude al governo: «Gli errori fatti con noi hanno insegnato qualcosa. Noi fummo lasciati soli, con questo esecutivo c’è più attenzione ai fatti più che all’immagine». Anche la Regione Emilia-Romagna si muove: accelerate le verifiche e la messa in sicurezza degli edifici, con l’arrivo di 300 vigili del fuoco in più. Si mobilitano professionisti, università, militari per presidiare la zona. Sperando, naturalmente, che non serva.
Il Corriere della Sera 09.06.12
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“I sindaci perplessi: che cosa dobbiamo fare? Il governatore Errani: solo un dato statistico E Gabrielli: la situazione non è prevedibile”, di Francesco Alberti
«Oh, mio Dio…». Maria si mette le mani davanti alla bocca, gli occhi come due fari, punta il dito contro lo schermo del suo computer portatile: «Ma avete letto? Arrivano altre scosse, qui, e più forti, lo dicono quelli di Roma…».
Un fremito attraversa la tendopoli. Qualcuno non capisce. È quasi ora di cena quando l’allarme della commissione Grandi rischi entra come una slavina nei campi degli sfollati. Il sindaco Stefano Draghetti sembra un leone in gabbia, cerca di controllarsi per non agitare la sua gente, ma se li avesse davanti quei signori di Roma: «Tra i tanti problemi che ha l’Italia — sbotta — c’è anche quello di chi, per coprirsi le spalle e in forza di una competenza molto presunta, parla a vanvera. Io mi chiedo se qualcuno a Roma è impazzito: ma si rendono conto di quale veleno stanno mettendo in giro? Proprio adesso che la gente lentamente stava tornando nelle case, per non parlare poi delle aziende».
Bastano poche ore perché il report della commissione Grandi rischi, diffuso da Palazzo Chigi, faccia il giro delle zone dell’epicentro. Una botta allo stomaco. Un colpo basso. «Di più — tuona il sindaco di Ferrara, Tiziano Tagliani, pd —: questa è un’enorme sciocchezza comunicativa. Sono sbalordito. In quel rapporto sono contenute affermazioni senza alcuna logica: “se…, nel caso…, significativa probabilità…”. E io adesso cosa devo fare? Evacuare Ferrara? E su quali basi? Su un terremoto che potrebbe arrivare adesso come tra 500 anni?». A Finale Emilia, indicata nel report come il segmento lungo il quale potrebbe tornare a scatenarsi la furia della terra, il sindaco Fernando Ferioli sta seriamente meditando di far partire una serie di denunce per procurato allarme: «Sono allibito e scandalizzato. Chiederò agli altri sindaci della zona di scrivere un documento pubblico per chiedere che gli esperti della commissione vengano qui, davanti alla nostra gente, a spiegare su quali basi scientifiche hanno formulato quel report: ma non ci hanno sempre raccontato che i terremoti non si potevano prevedere?».
Aria pesante anche ai vertici della Protezione civile. Il responsabile dell’Emilia-Romagna, Demetrio Egidi, va in dribbling: «Sono in riunione, non posso…». Franco Gabrielli, il gran capo, tenta un’interpretazione del report della commissione: «È un’analisi dei tre segmenti della faglia: due si sono spezzati e uno no. Si ritiene probabile che si rompa anche il terzo, ma è una situazione assolutamente imprevedibile». Questo per l’ufficialità.
Dietro alle quinte, invece, c’è chi racconta di «reazioni inorridite» nello staff che coadiuva Gabrielli alla notizia della divulgazione dell’analisi. La stessa irritazione (eufemismo) che si respira attorno al presidente dell’Emilia-Romagna, nonché commissario per la ricostruzione, Vasco Errani, che ha tentato di neutralizzare l’impatto devastante dell’allarme: «Leggete bene il comunicato: è solo un dato statistico» ha detto, forse cercando di convincere anche se stesso. In realtà, a quanto trapelato, il governatore ha tentato in ogni modo di bloccare l’uscita del comunicato. Giovedì, saputo della previsione della Commissione e dell’intenzione di renderla pubblica, Errani non ha esitato ad abbandonare il corteo che accompagnava il presidente Napolitano nei paesi colpiti dal terremoto per correre a Roma. Lì, giocando di sponda con alcuni ministri del governo Monti, ha poi tentato di bloccare o perlomeno diluire il contenuto del report. Operazione solo parzialmente riuscita. A quanto raccontano, la prima stesura della nota era ancora più drastica di quella poi divenuta di pubblico dominio: oltre a Ferrara, tra le città a rischio di forti scosse pare fosse citata anche Reggio Emilia. Il cui sindaco, Graziano Delrio, che è anche presidente dell’Anci, ora tenta di tenere calmi gli animi: «Abbiamo capito che non si può abbassare la guardia. Prendiamo atto che purtroppo siamo in una zona sismica e dobbiamo imparare a convivere con questa realtà: la prima cosa da fare, quindi, è costruire bene case e fabbriche». In Regione, dove ieri si è svolto un vertice tra Errani e gli amministratori delle quattro province coinvolte dal sisma (Modena, Ferrara, Bologna, Reggio Emilia), l’incredulità regna sovrana. Emanuele Burgin, assessore alla Protezione civile a Bologna, cerca di guardare il bicchiere mezzo pieno: «Niente panico, ma bisogna accelerare la messa in sicurezza di tutto quello che si può». L’ipotesi prevalente è che all’origine della singolare sortita della Commissione vi sia il timore, come già avvenuto nella tragedia dell’Aquila, di ritrovarsi coinvolti in un’inchiesta con l’accusa di aver sottovalutato il tasso di sismicità di questo pezzo d’Emilia-Romagna. Un modo, insomma, per mettere avanti le mani. Enzo Boschi, ex presidente dell’Istituto di geofisica, ha il tono cupo: «Sarebbe bene che la Grandi Rischi spiegasse com’è giunta a questo comunicato. Non mi risulta che si possano prevedere i terremoti, a meno che non si dicano certe cose tanto per stare sul sicuro…».
Il Corriere della Sera 09.06.12
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“Senza aule né studenti, è caos esami”, di Adriana Comaschi
Tra ansiolitici e pagelle fatte a mano gli alunni terremotati preparano la maturità. I professori aspettano un segnale dal Ministero. «Prof, non sapevo che un pavimento si potesse sollevare». Di questo parlano ora, studenti e docenti. A Mirandola, S.Felice sul Panaro, Finale Emilia. L’anno scolastico si è concluso in anticipo, nei comuni vessati quando non semi distrutti dal terremoto nel modenese. Gli scrutini? Sotto le tende, nei giardini. La maturità? Il 20 e 21, come per tutti. Questo dal punto di vista del ministero. La quotidianità degli insegnanti racconta però una storia diversa. Fatta di impegno e insieme di paura costante, di registri recuperati casco in testa tra le macerie delle aule dal soffitto crollato, di pagelle compilate a mano perché non va nulla, né pc né internet. C’è chi prende ansiolitici, sfollato come i propri alunni; chi con i genitori organizza una raccolta fondi per ricostruire le elementari («adotta un pezzo di futuro», il c/c su terremotosanfelice.org); chi va a “caccia” dei propri studenti, dispersi in varie tendopoli, per sapere come va, dare consigli su come preparare gli esami.
GIÀ, GLIESAMI «Perché non fare come a L’Aquila?». Un solo giorno di prove di maturità, magari orali. A breve si attende un decreto del ministero sul tema, «abbiamo sollecitato la massima flessibilità e alleggerimento – spiega Raffaelle Morsia segretaria regionale FLC Cgil – , per i professionali gli alunni di origine straniera ora tornati all’estero potranno recuperare le prove al ritorno». Chi consulta il sito del Miur però a oggi rimane spiazzato dal freddo linguaggio della burocrazia: si prevede solo che qualora il 20 e 21 o in una sola delle due giornate «si dovesse interrompere la prova per eventi sismici, entrambe o la sola non effettuata avranno luogo il 4 e 5 luglio». Stesso discorso per lo scritto Invalsi, confermato: «l’eventuale interruzione comporterà il rinvio alla sessione suppletiva». «Le pare una risposta sufficiente alla tensione e allo stress?», si chiede e chiede Maria Grazia Frilli, docente delle superiori e sindacalista modenese, «mi pare che a livello nazionale ci sia molta indifferenza, non si coglie la drammaticità della situazione». Come lei, molti si fanno la stessa domanda. «Conosco i mie ragazzi da cinque 5 anni , hanno voglia di studiare – premette Laura Zoccheddu, da 15 docente di lettere al liceo scientifico-tecnologico Galilei di Mirandola -.Masono preoccupatissimi. Prepararsi in una tenda è davvero difficile. E non passa giorno o notte senza una scossa, anche se fanno notizia solo quelle più forti qui si avvertono tutte». Così chi riesce a connettersi a Fb inonda di messaggi la bacheca della prof. Per chiedere consigli sugli esami o anche solo «per sfogarsi, “com’era bello avere una casa, neanche ce ne rendevamo conto». Si oscilla tra malinconia e dignità, «ho offerto loro ospitalitàma tutti mi dicono “non lascio i miei genitori”». Allora è la docente ad arrabbiarsi anche per loro, «ho fischiato Napolitano quando è venuto, lo ammetto, i 3 milioni per la parata del 2 giugno erano più utili qui». «La capacità di concentrazione semplicemente non c’è più – riflette sconsolata Maria Rosaria Esposito, da 11 anni insegnante di diritto all’istituto tecnico del Galilei nonché madre di una ragazza alle prese con la maturità-, vale per gli studenti e vale per noi. Siamo fermi ai momenti del sisma, a quel terrore. E intorno a noi troviamo il nulla: chiusi tutti i negozi, l’ipercoop come l’ospedale andranno abbattuti. I 1200 studenti del nostro plesso, che comprende anche un professionale, non sanno dove faranno lezione da settembre. E ancora prima dove potranno sostenere gli esami quelli di quinta: qui non è questione di indulgenza dei docenti, ma di logistica ». Difficile oggi immaginare di trovare una tenda da 400 posti dove tenere gli esaminandi per 6 ore, con le scosse ancora presenti. Insomma «dal ministro ci saremmo aspettati decisioni più “umane”. Poi come sempre ci atterremoalle disposizioni. Del resto siamo sotto choc, agiamo come automi». E dunque, si lavora. Per dare un segnale di normalità, dove normalità non si sa più cosa significhi. «Dal 20 maggio non abbiamo più visto i bimbi. Ma manteniamo i contatti con le famiglie – racconta una maestra delle elementari di S.Felice – Gente che ha perso casa e lavoro, tutto, ci ferma per avere i nomi dei libri per i compiti delle vacanze. C’è bisogno di riti che ridano umanità e dignità al nostro quotidiano. E allora ci teniamo la paura e facciamo gli scrutini, presto daremo le 400 pagelle. Nella mensa della tendopoli».
Il Corriere della Sera 09.06.12