“Perché non far ripartire le chirurgie di eccellenza dell’ospedale di Carpi in prefabbricati?” Il terremoto ha portato alla ribalta storie di uomini e donne capaci, nel momento della difficoltà, di pensare agli altri prima ancora che a se stessi. Adesso, però, è urgente pensare al futuro della sanità nelle zone terremotate: perché, ad esempio, non far ripartire le chirurgie di eccellenza dell’ospedale di Carpi in prefabbricati modulari? Il commento della presidente della commissione Cultura della Camera Manuela Ghizzoni: «Questa terra deve un grazie a se stessa e a tutti coloro che in questo momento – e sono tanti – continuano a tenere alta la bandiera del dovere, della responsabilità, della solidarietà. Nella tragedia di un evento inaspettato e inusitato nella sua reiterata violenza, scopriamo storie di singoli e gruppi capaci di pensare, pur nel dramma e nell’inevitabile paura, innanzitutto, prima che a se stessi, agli altri. Nelle parole di Fabio Gilioli, il medico internista di Carpi, che ha raccontato lo sgombero dell’ospedale cittadino dopo la scossa del 29 maggio, ho rivisto proprio questo: il coraggio e l’abnegazione di chi ha scelto un mestiere per passione e ne ha abbracciato in toto il carico di responsabilità. Sono stati tanti coloro che, in questa situazione, hanno saputo intervenire al meglio delle loro possibilità. Penso ai sindaci della Bassa, penso agli uomini della Protezione civile, penso ai tanti che, pur preoccupati per i propri cari, per la propria casa, per il proprio lavoro, si sono caricati “sulle spalle”, in senso figurato (ma nel caso dei medici e degli infermieri dell’ospedale di Carpi, anche in senso proprio) qualcuno o qualcosa. Non è un caso che gli operatori del 118, in sole 5 ore, siano riusciti a collocare in altre strutture tutti i ricoverati dell’ospedale di Carpi.
Questo è il momento, credo, di pensare al futuro della sanità nelle zone del terremoto. Ad un futuro di più ampio respiro, ma anche a quello immediato. Se parliamo di programmazione, è indubbio che il terremoto ha cambiato la cornice in cui si muoverà il Pal, il piano attuativo locale: mi sembra che si possa, e si debba, cominciare a ragionare sul tema della sanità su “area vasta”, il carpigiano e la Bassa insieme. Se, invece, guardiamo all’immediato, due sono oggi i pericoli: che équipe mediche consolidatesi nel tempo possano sfaldarsi perdendo “pezzi” preziosi e che le strutture lesionate si traducano nei fatti anche in riduzione delle reparti specialistici. Non possiamo permettere che a Carpi rimangano il Pronto soccorso, la Medicina e poco altro. E allora, io lancio la mia proposta: perché non installare dei prefabbricati modulari in grado di ospitare in sicurezza tutte quelle chirurgie e specialistiche di eccellenza che avevano la propria sede proprio nell’area che presenta più incertezze sulla futura agibilità. Sarebbe un modo per ripartire, da subito, senza disperdere quel patrimonio di uomini, mezzi e conoscenze che con fatica abbiamo accumulato negli anni e che, lo abbiamo visto, anche nell’emergenza, si è rivelato la nostra più grande ricchezza.