Migliaia di persone sono ancora sfollate, ma molte persone che avrebbero una casa agibile preferiscono dormire in auto. «La vede quell’auto blu? Da 10 giorni è il mio armadio…», sorride la signora Gianna, i capelli cenere raccolti con dignità in una retina. Vive nel condominio «Il Cristallo» di Novi ma da quel maledetto 29 maggio aspetta un sopralluogo per poter tornare in casa. Nel frattempo fa la spola con il market per comprarsi del sapone e lavarsi. «Che volete, cerchiamo di ripartire…»
Sotto la pioggia e le nuvole basse si tenta di vivere e lavorare. L’ultima botta di domenica con epicentro Novi-Concordia-San Possidonio ha ricacciato il modenese nell’incubo dello sciame infinito, ma non interrotto la voglia di normalità, annusata prima del ritorno del mostro. «C’è molto spavento tra i 16mila sfollati ufficiali, chi è organizzato in tende private, in auto o nei giardini e le centinaia di persone che stanno confluendo ai centri raccolta dopo l’ultima scossa», fanno il punto dalla protezione Civile.
Sulla Provinciale 8 che da Mirandola porta a Carpi la strada per Fossa è ancora chiusa dal 20 maggio ma alla Neri Trasporti e Depositi comunque si lavora. Forse non si potrebbe ma girando per il cratere se ne vedono molte di aziende in moto perpetuo.
In paese, a Concordia, via Carducci è sbarrata da domenica notte: si è crepata la torretta dei carabinieri che rischia di cadere. Al posteggio di via Angini ci sono tende ovunque, quasi un bivacco. «Qui abbiamo saltato parecchio», dice Carlo, attendato in giardino da 10 giorni. Verso le scuole spuntano banchi di frutta e verdura coperti da teli anti pioggia. Al centro sportivo Canova c’è invece la tendopoli della Croce Rossa da 400 persone. «Dopo l’ultima scossa in 50-60 sono venuti a chiederci tende e supporto psicologico», ragiona il capo campo Ignazio Schintu. In più «molti ci chiedono di cambiare orario dei pasti perché sono tornati a lavorare, buon segno».
Il tenace ritorno alla vita lo vedi anche da piccole cose come i cartelli attaccati con lo spago agli incroci dei paesi: «fornaio aperto», «Conad aperta», «farmacia in fondo alla via», «lavanderia di turno ogni mattina». Ci si organizza artigianalmente ma ci si organizza. Al bar ristorante «La dannata» prima di Novi l’altra sera erano aperti. «Dopo il botto siamo usciti tutti in strada», racconta Walter, il titolare. «Pensavo che stamattina non venisse nessuno, invece la sala è piena. C’è chi lavora e chi invece è in cassa integrazione per il terremoto ma vuole reagire». Fuori in veranda si prova persino a sdrammatizzare: «qui si serve il caffè con la scossa…».
Tra Concordia e Novi, il paese dove domenica è cascata la torre storica dell’orologio, la campagna si apre e sono tutti campi di granoturco, cereali e vigne. Alle 14 smette finalmente di piovere. In zona industriale, alla Ghidoni bevande, per non fermarsi hanno montato fuori dal capannone una tenda bianca: è il nuovo ufficio programmazione. Dietro al magazzino i camion caricano casse di acqua e bibite. Entrando in centro a Novi il giardino dell’asilo nido Mattei è pieno di tende e di gente che stende i panni. «Dopo ieri sera e la pioggia sono in aumento», confermano i volontari della Protezione Civile. «Anche chi potrebbe dormire in casa adesso ha più paura». Nel parco giochi di fronte gli sfollati si dividono in gruppetti: i pakistani vicino lo scivolo, i nordafricani vicino ai girelli, mamme con passeggini messe a cerchio vicino al pallone del tennis. Alla stazione mobile dei pompieri, inoltre, c’è la fila per le verifiche di casi e capannoni e il recupero degli effetti personali nelle abitazioni. È così fino a Carpi, il centro più grande.
Tornando verso Cavezzo, Medolla e poi Finale Emilia, le bandelle biancorosse sono quelle dell’altro sisma. Non ci sono nuovi cascinali o fabbricati industriali lesionati, solo distacchi da strutture già rovinate. Anche nel polo ceramico (Panaria Group, Atlas e Moma) si sta tornando a lavorare. Nulla sembra cambiato con l’ultima scossa. Le attività piano piano riaprono: un parrucchiere, la farmacia, un negozio di elettronica, i Lidl e gli Eurposin. Alla Aermec di Finale invece Giuliana sta scrivendo al pc con la porta aperta. «Facciamo impianti di condizionamento. Serviamo tutta la Bassa, come si fa a fermarsi».
La Stampa 05.06.12