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"In svendita le coste della Sicilia cemento e appalti per 3 miliardi ecco l´affare d´oro di Lombardo", di Giovanni Valentini

Il “caso Sicilia” può arrivare a Bruxelles: la direttiva Bolkestein tutela la concorrenza. Una mega concessione di 30 anni che può essere estesa a 50 minaccia l´intera regione. La Sicilia è in vendita. Anzi, per meglio dire, in svendita. Una mega-concessione, estensibile da 30 anni addirittura a 50, minaccia il patrimonio naturale delle sue incantevoli coste. Dall´originario miliardo e mezzo di euro, più 240 milioni di spese di progettazione, l´investimento complessivo potrebbe arrivare fino a tre miliardi, più 500 milioni. Per il prossimo mezzo secolo, il demanio marittimo dell´isola verrebbe appaltato così a un gruppo privato italo-belga, per alimentare una colata di cemento che sconvolgerebbe il paesaggio e l´intero sistema costiero.
Contenuta in un´interrogazione parlamentare di Ermete Realacci, deputato del Pd e presidente onorario di Legambiente, la denuncia è ampiamente documentata e circostanziata. Una “bomba”, come si suol dire nel linguaggio mediatico. Ma anche un preciso e formale atto d´accusa contro la Regione presieduta da Raffaele Lombardo, eletto a suo tempo dal Pdl e dall´Udc; poi a capo di una giunta “tecnica” sostenuta da un´ampia coalizione; indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio; e infine dimissionario in attesa delle prossime elezioni già previste per il 28 luglio prossimo. Ma proprio su questo progetto Lombardo è stato duramente contestato anche dall´assessore regionale alle Infrastrutture, Carmelo Pietro Russo.
Nell´ipocrisia dell´intestazione ufficiale, il colossale intervento di devastazione ambientale viene spacciato come un “Progetto per la salvaguardia del sistema costiero”, secondo la prima proposta presentata il 31 marzo 2011 dalla Società Italiana Dragaggi Spa, controllata dal Gruppo belga Deme. E una legge regionale “ad hoc”, approvata l´11 maggio dello stesso anno, annuncia e promette testualmente un “Piano straordinario per la conservazione, la messa a reddito e la valorizzazione dei beni culturali, dei beni forestali e del patrimonio costiero di proprietà regionale”.
Basta scorrere l´ultimo preventivo dei lavori e dei relativi costi per rendersi conto che si tratta in realtà di una cementificazione selvaggia, programmata su vasta scala: opere turistiche, ricettive e commerciali, per circa 1,5 miliardi di euro sui tre totali della proposta definitiva; consolidamenti, ripascimenti e barriere di difesa costiere (700 milioni); pontili, ormeggi e approdi (350 milioni); porti a secco (35 milioni); parcheggi (26 milioni); stabilimenti balneari (9,4 milioni); strutture rimovibili per bar-tavola calda (7,2 milioni); strutture rimovibili commerciali (oltre 14,5 milioni); strutture rimovibili per servizi portuali (oltre 7,6 milioni); opere impiantistiche (oltre 35,5 milioni).Totale: 3.166.536.160 euro senza Iva, più mezzo miliardo di spese di progettazione.
In base all´ultima richiesta della società italo-belga, la Regione Sicilia dovrebbe erogare un contributo a fondo perduto pari al 20% dell´intero investimento: cioè oltre 633 milioni di euro, un importo equivalente al costo delle opere di consolidamento e ripascimento della costa (698.100.000 euro). In cambio, i privati incasserebbero i proventi delle locazioni dei beni demaniali assegnati, privando l´erario pubblico regionale dei rilevanti introiti che ne deriveranno. Nella proposta originaria, quella da 1,5 miliardi di euro, il piano finanziario già prevedeva a regime ricavi per 250 milioni e saldi di cassa per 150 milioni all´anno, ma nel secondo progetto queste voci sono destinate almeno a raddoppiare. Una mega-concessione, dunque, per un maxi-affare d´oro.
Il dettaglio dei ricavi contempla un boom turistico da miracolo economico, a danno però dell´ambiente e del paesaggio: 57 milioni da cessione di posti barca, box nautici e parcheggi; 38 milioni da locazioni immobiliari di aree demaniali (581mila metri quadrati), opere su aree demaniali (522mila mq) e stabilimenti balneari (68mila mq); 78 milioni l´anno dalla gestione e locazione di 13.700 posti barca; 12 milioni dalla locazione di 7mila posti in porto a secco; 300mila euro per locazione di 6mila posti auto; 3,5 milioni da locazione di servizi di accesso wireless a oltre 15mila posti barca; 14,5 milioni da locazione di (immancabili) spazi pubblicitari; 600mila euro da noleggio di 72 strutture bar. Una colonizzazione turistica di massa, quindi, da inferno delle vacanze, modello Costa del Sol: alberghi e residence vista mare, barche, auto, fungaie di ombrelloni, lettini a castello e discoteche on the beach. Tutto questo in una terra benedetta da madrenatura che, a parte la carenza di strade o autostrade, non dispone neppure di una segnaletica efficiente per orientare l´esercito degli “invasori”.
Di fronte a una minaccia di tale portata, è già scattata la mobilitazione degli ecologisti locali, guidata dal presidente regionale di Legambiente, Mimmo Fontana. Ma il “caso Sicilia” rischia ora di arrivare fino a Bruxelles, in forza della giurisprudenza della Corte di Giustizia europea e in particolare della cosiddetta “direttiva Bolkestein” (2006) che punta a tutelare la libertà di concorrenza e la libertà di circolazione dei servizi, garantendo la certezza giuridica per il loro effettivo esercizio. Fra i settori interessati, si parla espressamente di servizi nel settore del turismo, compresi quelli ricreativi, i centri sportivi e i parchi di divertimento. «Qui – commenta allarmato Realacci – si affidano a un unico soggetto, senza oneri, tutti i litorali siciliani che poi verrebbero assegnati in concessione a terzi, incamerando i relativi canoni d´uso o locazione. Al di là di qualsiasi intestazione o etichetta, si tratta insomma di una gigantesca fornitura di servizi da cui ricavare il capitale impegnato e un considerevole margine di guadagno, a spese dell´intera collettività».

La Repubblica 31.05.12

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