«Se insistono nel voler localizzare a Corcolle una discarica, troveranno un ministro più disponibile. Io non ci sto». Lorenzo Ornaghi, titolare dei Beni culturali, è il primo ministro del governo Monti che minacci le dimissioni. La questione è delicatissima – uno sversatoio di rifiuti fra Roma e Tivoli a pochi passi da Villa Adriana, in un´area ricca di falde acquifere – e il professore milanese, ex rettore della Cattolica, bersaglio di roventi critiche provenienti dal mondo dell´ambientalismo e della tutela, ha uno scatto. Misura le parole, abbassa la voce, ma il senso è chiaro.
Giornata burrascosa quella di Ornaghi. Legge la decisione del governo di cui fa parte sui giornali. Nessuno ha tenuto conto delle obiezioni sue e del suo collega Corrado Clini. Delle associazioni ambientaliste e dei comitati di cittadini. Sul tavolo gli arriva la lettera di Andrea Carandini che rinuncia a presiedere il Consiglio superiore dei Beni culturali. A quel punto chiede un appuntamento al sottosegretario Antonio Catricalà, che ha appena firmato il via libera. E a lui ribadisce: se andate avanti farete a meno di me. «Quella di Corcolle non è questione di secondo piano. Non posso ignorare i vincoli imposti sull´area dalla Soprintendenza. Né possiamo permetterci un´ondata di critiche internazionali. Villa Adriana e il suo ambiente non vanno sfregiati».
Le sue dimissioni sono una minaccia o un atto politico concreto?
«L´ho detto anche a Catricalà. Sono coerente con le cose che dichiaro».
La scelta del governo sembra cosa fatta.
«Si deve passare per una conferenza di servizi. Altri ministri sono perplessi. Non vorrei addossare al governo ulteriori affanni. Le dimissioni si danno nei momenti facili e non in quelli difficili. Ma c´è un limite che non può essere superato».
La sua decisione è anche il frutto di una sofferenza per le condizioni in cui versa la tutela in Italia?
«No. Quando ci sono molti problemi, il mio impegno è quello di risolverli».
Ma per impedire disastri il ministro dei Beni culturali può solo minacciare dimissioni?
«Per Corcolle ho agito in tutti i modi per scongiurare la decisione. Ma qui si procede con poteri commissariali. Abbiamo poche armi a disposizione».
Più in generale, cosa fa lei, ministro, per evitare che il patrimonio storico-artistico e paesaggistico versi in condizioni così precarie, mortificato, con pochi spiccioli, un personale di tutela scarso e invecchiato?
«Non ho la bacchetta magica. Ho cercato di usarla al Cipe ottenendo sorprendentemente 70 milioni. Poi, se resto qui, può darsi che ne ottenga altri 70 fra qualche mese. Inoltre abbiamo strappato mille assunzioni in due anni…».
A fronte però di almeno il triplo di pensionamenti…
«Siamo l´unica amministrazione pubblica che si è vista revocare i tagli al personale. Davanti alle piccole cose positive, diceva Machiavelli, tutti preferiscono avere scarsa memoria».
A Pompei il prossimo ottobre saranno due anni dal crollo della Schola Armaturarum. Per quell´anniversario ci sarà almeno un cantiere aperto finanziato dai 105 milioni europei?
«Gli interventi li stiamo già facendo. Abbiamo emesso bandi per i restauri. Ho appena visto la ministra della Cultura francese e ce ne ha dato atto».
E il pasticcio della biblioteca dei Girolamini a Napoli, dove sono spariti migliaia di libri, in parte recuperati in locali usati dall´ex direttore De Caro? Salvatore Settis ha usato parole nette per raccontare questa incredibile vicenda.
«Sono rimasto sorpreso da Settis. È persona di grande competenza, ma ha fornito notizie vecchie e infondate. De Caro è stato revocato come consigliere del ministero e come direttore della Biblioteca».
Ma si è intervenuti solo dopo un´inchiesta della magistratura e un appello con migliaia di firme. E poi le si addebita il mancato commissariamento.
«Abbiamo nominato una commissione per quantificare i furti e i danni. La Biblioteca non è controllata dal ministero e noi non possiamo commissariarla».
Resta che quel patrimonio è da tempo disastrato. Il ministero non poteva esercitare una forma di vigilanza?
«Negli anni le ispezioni ci sono state. Sono documentate».
E allora?
«Purtroppo non hanno prodotto risultati. Ora dobbiamo rivedere le norme che riguardano quella Biblioteca e altri monumenti non appartenenti al ministero».
Lei non si sente un Ponzio Pilato?
«Non amo le battute. Ma se voglio farne una a mia volta, posso dire che Benedetto XVI ha definito Ponzio Pilato un pragmatico».
la Repubblica 24.05.12