La visita di Monti ai terremotati emiliani e il decreto con cui il governo ha sbloccato i primi venti-trenta miliardi di pagamenti arretrati della pubblica amministrazione alle imprese contrassegnano la svolta post-elezioni del presidente del consiglio e il tentativo di venire incontro, per quanto possibile, alle esigenze dei partiti della sua maggioranza, usciti alquanto ammaccati (soprattutto il Pdl), delusi (l’Udc) o solo apparentemente soddisfatti (il Pd) dalla tornata elettorale del 6 e del 20 maggio.
Monti ha perfettamente presente che il quadro politico interno è mutato e per il governo i dieci mesi da ora alle elezioni del 2013 non saranno facili. Di qui la disponibilità verso i terremotati (a Sant’Agostino in provincia di Ferrara, uno dei comuni più colpiti, il premier è stato accolto con una piccola contestazione e qualche fischio) e l’impegno a sospendere i pagamenti delle tasse nell’immediato per le popolazioni colpite, oltre a mettere a punto un piano di aiuti fino alla ricostruzione, che Monti si augura rapida, e che vorrebbe, al di là dei soccorsi più urgenti, che prendesse in considerazione i siti industriali colpiti, in modo da rimettere in moto una delle più fiorenti economie regionali del Paese.
Quanto al decreto per i pagamenti alle imprese, presentato insieme a Passera, ministro competente, Monti ha voluto inquadrarlo nelle iniziative per la crescita continuamente rivendicate dai partiti stanchi della politica di esclusivo rigore. Ma ha tenuto a chiarire che non si tratta del primo provvedimento mirato a quest’obiettivo, e inquadrarlo nei piani di un governo che mai si rassegnerà alla vecchia politica «idraulica» – questo l’aggettivo scelto per definirla e per rievocare il pompaggio inutile di soldi pubblici in un sistema che, se non viene ristrutturato, non è in grado di assicurare ripresa.
Monti ha poi visto ieri sera il leader del Pd Bersani, terzo a salire a Palazzo Chigi dopo Berlusconi e Alfano e Casini. All’ordine del giorno le questioni aperte in Parlamento, a cominciare dalla riforma del mercato del lavoro, per la quale il governo si augura ormai una rapida approvazione, e la legge anti-corruzione, sulla quale invece la maggioranza ha registrato una profonda rottura preelettorale. Monti e Bersani non si vedevano da prima dell’ultimo vertice europeo e del G8. La sensazione che il leader del Pd ha tratto dall’incontro è che, pur in assenza di impegni concreti, la Germania si trovi stretta tra gli Usa e il resto dei Paesi europei, Francia in testa, decisi ad aprire uno spiraglio nella morsa rigorista della Merkel.
La Stampa 23.05.12