Soprattutto quando un partito vince deve riflettere con freddezza sulle incognite del cammino che resta ancora da compiere fino al voto. In ogni sua mossa, deve avere un quadro nitido circa le prospettive del sistema politico. Come scaltro partito cerniera, che mette insieme ovunque delle coalizioni altamente competitive, il Pd di sicuro incassa una grande affermazione. I giornali, che non lo amano troppo, faranno a gara per oscurare il successo o persino per negarlo con artifici retorici, ma il dato resta comunque, ed è inconfutabile. O direttamente con i suoi uomini, o
cedendo ad altri alleati la guida dello schieramento (fanno ridere
certi commentatori che presentano Genova come uno smacco), il Pd si
conferma il pilastro di una aggregazione ampia della sinistra capace di sfondare nell’intero territorio nazionale.
Il primo dato che il ballottaggio amplifica è che esiste un grande blocco del centrosinistra che il Pd, nonostante la difficile esperienza di un governo tecnico, riesce a coagulare e portare a vincere, secondo la specifica logica competitiva della elezione diretta del sindaco. Questa persistenza di una vasta sinistra (che rende meglio dove non ha attraversato il deserto rancoroso delle primarie di coalizione), capace spesso di accogliere movimenti e aree moderate, è un punto d’analisi inamovibile. Il secondo dato da
evidenziare è che il Pd rimane il solo partito con un qualche profilo organizzato entro un sistema ormai franato e irriconoscibile nelle sue stabili linee di demarcazione. La mancanza di competitori temibili (la Lega perde in tutti i ballottaggi, il Pdl è solo un cumulo di rovine, il terzo polo è un’incompiuta) però non deve autorizzare una sensazione di onnipotenza, che si sa è sempre l’anticamera della sconfitta più rovinosa. Proprio quando un partito è solo, e il sistema attorno pare indecifrabile, deve aumentare la diffidenza su ciò che il Paese profondo potrebbe avere in gestazione e all’occasione decisiva potrebbe tirarlo fuori con un impeto distruttivo.
Poiché la destra non è scomparsa (e come potrebbe in un avvelenato
clima di antipolitica che nella storia è sempre l’alimento vitale per la conservazione?) e gli interessi prosaici sui quali essa poggiava non sono affatto in silenziosa ritirata, è presumibile che emergeranno altri investimenti politici per rinserrare le fila oggi disperse. Ancora esiste una destra sociale (e d’opinione) che però non ha più referenti politici credibili e leader efficaci (perciò si aggrappa in maniera gattopardesca persino ai seguaci locali di Grillo) e quindi naviga alla cieca, in attesa di nuove offerte simboliche nelle quali riconoscersi. Non è esclusa la ricomparsa in vesti magari inedite di devianti scorciatoie fiabesche capaci di farsi largo per la difficoltà di curare l’alienazione politica della vasta neoborghesia che non comprende la grammatica della rappresentanza e del generale. Fin quando permane una emergenza democratica, resta aperta la questione storica di impedire l’aggregazione del centro moderato con le manifestazioni di una inquietante destra che non riesce a resistere al richiamo perverso del dialetto del populismo e della farsa dell’antipolitica. Che fare? Non servono gocce di
civetteria nuovista, di sicuro subalterna all’epoca decadente.
Inefficaci sarebbero pure le trite metafore reticolari, destinate a perdersi nell’oceano dell’antipolitica perché del tutto incapaci di rifondare una democrazia rappresentativa matura. Al Pd tocca agire come un partito-sistema che progetta una repubblica finalmente affrancata dall’incantesimo di regressive avventure carismatiche. La sua funzione storica di argine al primitivismo di movimenti personalistici, risiede nella capacità di organizzare la rappresentazione credibile del mondo del lavoro minacciato da una crisi micidiale e di delineare, in antitesi allo strapaese incombente, la necessaria proiezione dei partiti rinnovati verso le grandi culture politiche europee.
l’Unità 22.05.12
******
Bersani: “Il Pd ha fatto il pieno vittoria senza se e senza ma” e dopo Parma è sfida a Grillo, di Giovanna Casadio
«Preoccupato per Grillo? Sono preoccupato come italiano, perché questo nostro sistema politico non trova mai una stabilizzazione… Come Pd, no. Siamo gli unici rimasti. C´è piuttosto il vuoto d´aria lasciato dal crollo del Pdl e della Lega, basta vedere Monza». Neppure per il risultato dei ballottaggi si brinda nella sede dei Democratici. Non sono giorni, con tutto quello che accade in Italia, con i lutti. Bersani ha appena concluso la conferenza stampa, e si sfoga. Poco prima, ha rivendicato la vittoria del Pd nei ballottaggi. Una vittoria “senza se e senza ma”, afferma. Ma ad offuscarla ci sono due fatti: l´astensionismo record e Grillo appunto, che sbaraglia il candidato democratico a Parma. Quindi, la preoccupazione c´è. Martedì prossimo il Pd riunirà la direzione. I consensi al MoVimento 5 Stelle sono il segnale dello smottamento politico. Bersani lo sa. A Grillo lancia la sfida: «Penso che alle politiche si presenterà anche il 5 Stelle che dovrà risolvere alcuni problemi di proposta. C´è un punto inevaso da Grillo: il lavoro. Lo sfido a confrontarsi su questo».
E sull´onda alta dell´anti politica? «Io mi chiamo Pd, e mi do una sveglia tutti i giorni. Il 5 Stelle sarà un nuovo partito, però basta avvelenare i pozzi della politica, noi non cederemo a qualunquismi e populismi. No al “muoia Sansone con tutti i filistei” di una destra che a Parma si è rimpannuciata sostenendo il grillino». Insomma, la destra scompaginata provoca «un vuoto d´aria, una ricerca d´autore… faccio i miei auguri ad Alfano». Tra le spine del Pd c´è anche Leoluca Orlando, al quale Bersani augura «buon lavoro», benché la prima bordata del neo sindaco di Palermo sia proprio per il leader democratico e per Vendola.
La contabilità del Pd è in una tabella: «Dei 177 comuni al voto, 92 sono stati vinti dal centrosinistra, l´altra volta erano 45. Nessuno ci rubi la vittoria». Su 26 capoluoghi, 14 avranno giunte di centrosinistra. Parma? «Lì, come a Comacchio, abbiamo “non vinto”, perché voglio ricordare che erano governati dal centrodestra. Certo il risultato di Parma ci fa riflettere… ho sentito La Russa compiaciuto perché a Parma hanno votato Grillo, ma non credo che Grillo si identifichi in ciò. So che Grillo pone domande cui rispondere». Lo stato maggiore democratico ha molto di cui discutere: dalle modalità di gioco, cioè le alleanze, al ricambio in un partito che spesso vince con outsider. Forte la «domanda d´innovazione», così la chiama Fioroni. Matteo Renzi, il “rottamatore”, rilancia: la classe dirigente attuale si deve fare da parte, primarie a ottobre. Bersani garantisce: «Al prossimo giro ci sarà un grande rinnovamento, bisogna far girare la ruota, ma non senza esperienza». Fa l´esempio di Hollande, in politica da decenni, che ha vinto in Francia e voluto un governo di donne e giovani. A Monza però, «è un sessantenne ad avere rappresentato il cambiamento». Aggiunge: «Ah, la giaculatoria delle primarie, ne abbiamo il copyright, anzi dovremmo chiederne la royalty». E alle politiche «se i nostri compagni di strada vorranno farle, non abbiamo nessun problema». I compagni di strada quali saranno? Di Pietro a Bersani: «Bisogna rilanciare al più presto la foto di Vasto, uniti si vince». Vendola: «Vince la voglia di cambiare, da oggi inizia il dopo Monti», parte la sfida per il governo. Ma il Pd conferma l´appoggio al professore, purchè abbia «un grande orecchio» sulle questioni sociali. Matteo Orfini, dalemiano, attacca: «Questo governo sta andando peggio di come ci aspettavamo».
La Repubblica 22.05.12