Ciò che l’attentato davanti alla scuola Morvillo a Brindisi porta alla luce e segnala in modo aberrante è lo spaventoso stato della nostra nazione civile. Quale che sia la matrice, individuale o mafiosa, si è colpito un luogo di giovane crescita delle coscienze, intitolata alla moglie uccisa di un grande magistrato ucciso. Per farlo si è ucciso. C’è qualcosa di fortemente simbolico in questa bomba costruita con bombole quotidiane, davanti alla quotidianità delle mattine scolastiche. Erano le 8, all’ingresso dell’istituto frequentato per lo più da ragazze, adolescenti che tentano di trovare un futuro. Che erano scese dagli autobus o dalle macchine dei genitori, con zaini o borse, e entravano nelle aule ognuna portandosi un piccolo bagaglio di esistenza fatta di libri, materie, fidanzatini, amiche, orari. La normalità con la quale i ritmi si ripetono per tutto l’anno scolastico è socialmente rassicurante. Da un qualsiasi nucleo famigliare i figli si consegnano alla scuola con una certa speranza, si affidano i tesori più preziosi a insegnanti, presidi, a una vita collettiva dove si impara e dove si sta insieme. Pur minato dallo stato attuale della scuola, esiste un legame strettissimo di obbligata fiducia reciproca tra istituzione pubblica e istituzione privata, non privo di conflitti ma carico anche di aspettative. La morte di una ragazza di sedici anni e i segni di questa strage porteranno dolore, sgomento e paura in chi l’ha vissuto in prima persona. Ma se ci pensiamo bene, il significato riguarda uno scontro terribile tra disvalori e valori che ha valicato la linea rossa di qualsiasi moralità. È un intreccio inverosimile che unisce impotenza, disagio e disprezzo della vita. Chiunque abbia preso le bombole a gas, abbia creato l’innesto, abbia piazzato proprio lì un esplosivo che voleva ammazzare, sapeva che le vittime sarebbero state ragazzine ignare e innocenti nel vero senso delle parole, voleva dare un fortissimo e spiazzante segno che si inscrive in una società malata: siamo tutti sul ciglio di un burrone personale e sociale dove al posto di una catena solidale, non ci sono remore a scavalcare, farsi largo per vie sempre più tortuose e avere potere uccidendo. Sia a livello individuale e sia nei gruppi di potere. C’è una criminalità dilagante in Italia, ma non nel senso di una frase fatta. I criminali non sono altro da noi. La criminalità è nello stile di vita, nei modelli che impregnano ogni aspetto esistenziale, nella volontà di imporre la propria legge persino a costo della vita altrui. Il gesto omicida ha assunto le modalità di una prassi per risolvere contenziosi, che siano affettivi (le donne falcidiate dagli uomini) o economici (lo sfruttamento allo stremo e senza regole del lavoro) o di conquista e controllo del territorio ( tutte le associazioni di stampo mafioso che sono le più pericolose per la possibilità eversiva che contengono e il rapporto con la politica). Ma il gesto omicida diffuso come epicentro della violenza nasce e cresce e prospera dove gli è concesso di farlo e talvolta addirittura ne viene invogliato. La bomba di Brindisi, la fine straziata di una ragazzina senza colpe è frutto della schiacciante superiorità di chi si fa forte di fronte a qualcuno che, solo perché si attiene al rispetto e alle regole civili, è già matematicamente debole. Il dolore autentico che dobbiamo tutti provare davanti a questa intollerabile morte obbliga a un enorme ripensamento dei modi in cui siamo immersi e stiamo vivendo.
l’Unità 20.05.12
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«Questa strategia della paura va fermata e sconfitta subito» – Intervista a Susanna Camusso
Penso a quella ragazza, ai gesti semplici, all’allegria, al sorriso, alla voglia di vivere di Melissa. Penso al dolore insopportabile della sua famiglia. Penso a quelle ragazze a scuola al sabato che organizzano il pomeriggio, gli amici, la sera a ballare. E adesso alla morte, alle lacrime. Ecco… non si può accettare questa violenza, non si può tollerare questa strategia della paura che si vuole imporre al Paese. Dobbiamo reagire e dobbiamo farlo subito».
Susanna Camusso è a Brindisi, oggi la nostra capitale del dolore, a testimoniare la solidarietà e l’impegno del mondo del lavoro, del sindacato, della Cgil di fronte a un attentato terribile, a una violenza crudele, inspiegabile. E di fronte a questi fatti la mente corre subito ad altre stagioni tragiche del Paese, alle stragi impunite di tanti anni fa, al terrorismo, alla mafia.
Possibile che stiamo tornandoindietro,segretario Camusso? Siamo dentro a un film già visto? «Per tanti aspetti è un orrore che abbiamo già vissuto. Ci sono troppi segnali, troppe coincidenze che ci preoccupano, che ci confermano nei nostri timori. Avevamo già lanciato l’allarme. Ci sono poteri violenti, interessi nascosti che vogliono occupare lo spazio della politica, restringere gli spazi di democrazia, occuparli con l’arroganza, le armi, la violenza. E’ un progetto che non casualmente emerge in un Paese in gravi difficoltà economiche, che vive una lunga crisi, dove proliferano tensioni sociali, con la classe politica divisa, indebolita, non più credibile agli occhi dei cittadini».
Quali segnali,quali coincidenze la preoccupano? «Chi ha messo la bomba a Brindisi voleva uccidere, fare una strage. Aggiungo: voleva uccidere proprio delle ragazze, questo è un segno, si vuole colpire chi offre speranza ma appare debole, indifesa. I responsabili di questi atti sono proprio “belve infami”, abbiamo usato queste parole nel nostro comunicato unitario. Difficile non pensare a un atto della criminalità organizzata, magari con collegamenti con l’eversione, mentre ci sono le elezioni, c’è la carovana della legalità in città, alla vigilia del ventesimo anniversario dell’uccisione di Giovanni Falcone e del funerale di Stato di Placido Rizzotto, il sindacalista ammazzato dalla mafia. La magistratura e la polizia ci diranno cosa c’è dietro, chi sono i registi, i responsabili, maquesto attentato e i suoi effetti sono un attacco esplicito alla convivenza civile, alla nostra vita democratica. Questo orrore va fermato con la mobilitazione, con la partecipazione, con forti azioni di governo»
A che cosa pensa? «Il Paese vive una deriva pericolosa, c’è un senso diffuso di scoramento, di fallimento, che non ce la possiamo fare a vivere, a lavorare dignitosamente. Voglio dire con forza che la classe dirigente e i partiti hanno grandi responsabilità. Bisogna stare attenti anche alle parole. Non si possono giustificare gli atti di violenza contro Equitalia perchè questi sarebbero la reazione, per alcuni comprensibile, al peso del pagamento delle tasse. Non si può far finta di nulla quando i fascisti di Casa Pound impiccano dei manichini in pubblico. Non si possono sottovalutare certi appelli di terroristi irriducibili a raccogliere le frange disperse o gli attentati di non ben individuate federazioni anarchiche contro i manager di aziende pubbliche».
Dove comincia la risposta democratica alla violenza? «Inizia dalla partecipazione, dalla mobilitazione dei cittadini, dalla tutela degli spazi di democrazia. Non dobbiamo aver paura. Il sindacato confederale non abbasserà la guardia e farà, come in passato, la sua parte. Staremo vicino a chi soffre, a chi ha bisogno di essere difeso, continueremo a batterci per i diritti dei lavoratori e di chi il lavoro non ce l’ha. Questo è il nostro ruolo democratico, per questo faremo la grande manifestazione unitaria il 2 giugno per il fisco e l’occupazione. Poi c’è il governo, ci sono le forze politiche…»
Quali provvedimenti si attende dal governo? «C’è bisogno di uno sforzo straordinario per rafforzare con uomini e mezzi adeguati le forze dell’ordine. Rilanciamo con serietà e competenza i servizi di intelligence. Non bisogna trascurare nulla, dobbiamo dare un giudizio netto, inequivocabile, di condanna della violenza e del terrorismo. Il governo deve agire subito, deve comprendere che Brindisi, con tutta la sua emergenza economica e sociale, non è stata una scelta casuale da parte degli attentatori. Le mafie pugliesi, ritenute sempre così silenti, reagiscono ai colpi subiti, ai beni confiscati, tentano di occupare spazi, di infiltrarsi in nuovi interessi, nella vita civile ed economica».
E i partiti, la politica? «L’Italia ha uno straordinario bisogno di politica proprio in questo momento difficile, soprattutto oggi che ritorna la minaccia della violenza e del terrorismo. La presenza di un governo tecnico è la rappresentazione della mancanza dei partiti, dell’assenza di credibilità della politica. Ma oggi ne abbiamo bisogno, ci serve una politica “alta”, ci vogliono leader affidabili e trasparenti per difendere la legalità come condizione essenziale per lo sviluppo del Paese. Da qui non si scappa, non ci sono scorciatoie ».
Che cosa devono fare i partiti? «I partiti devono procedere velocemente a un ricambio, a un’autoriforma, va ripristinata e valorizzata la normale dialettica democratica. Non si può continuare con la proliferazione di partiti personali o padronali, con la politica ridotta alla diffusione di fango a tutto spiano contro tutti, come se tutti fossero uguali, tutti colpevoli».
Segretario Camusso, un attentato a una scuola forse non l’avevamo ancora visto… «È un segno grave, un affronto al nostro Paese, alla nostra democrazia. Questo attentato ha una valenza simbolica enorme. Si colpisce una scuola, i giovani, la speranza di un futuro migliore. Chi ha ucciso Melissa ha un obiettivo chiaro in testa: vuole imporre la paura e il silenzio ai giovani, alle loro famiglie, al Paese. Dobbiamo impedirlo tutti insieme».
L’Unità 20.05.12