Nella sostanza, sappiamo già quale fotografia politica verrà fuori dai ballottaggi di domani e lunedì: quella di un paese bombardato. La parola magica di tutti i giornali, di tutti i commenti, è stata pronunciata fin dal primo turno. La parola “macerie”. Macerie politiche, in triste accordo con le macerie economiche. In questo quadro d’insieme, tuttavia, spiccheranno le novità di Como, Monza e altre città del Nord dove si prevede il ruzzolone di una destra ormai amputata dell’appeal leghista e sempre più simile ad un formicaio impazzito, priva di quel collante ideologico e d’interessi che Silvio Berlusconi garantiva dal ’94 e che oggi non è più.
Il problema è che il formicaio impazzito può causare danni alla tenuta del governo Monti. Anche se – sperando che la logica abbia ancora un senso – non fino alla rottura della maggioranza: per quanto a pezzi, quel che resta del berlusconismo dovrebbe essere sufficiente per evitare derive incontrollabili e autolesionistiche. Però questa tornata elettorale ha finito per vivere sulla disfida di Parma. Ed è un paradosso che quella città carica di storia e cultura debba essere il laboratorio ove misurare la forza del fenomeno politico fra i più rozzi degli ultimi decenni.
Non a caso guidato da un comico che era finito nel buio. Ironie della politica. C’è solo il Pd a fronteggiare a mani nude, per dir così, la marea montante. E non perché sia un partito a vocazione eroica ma perché è rimasta l’unica forza nazionale, democratica, con una certa idea per governare questo paese malato. Fa riflettere su questa sorta di solitudine del Pd nel cercare di ricostruire un filo razionale nel nome – a questo punto la parola non è enfatica – della salvezza nazionale.
Questa “solitudine” mette sulle spalle di Bersani e del gruppo dirigente, finalmente coeso, una responsabilità gigantesca. Che – scusate se è poco – verte sul non facile compito di assicurare la tenuta del governo Monti lavorando innanzi tutto sulla via delle riforme costituzionali e della legge elettorale.
Da questo punto di vista bisogna essere chiari. Qualunque sia il risultato – di Monza, di Palermo, di Genova e soprattutto di Parma – i partiti non potranno non sentire l’ennesimo segnale di disaffezione, se non di disgusto, dei cittadini verso la politica. In ogni caso, sarà una sferzata e ci sarà un gap enorme da recuperare. E la cosa da fare è una sola: le riforme. Dunque, basta lungaggini, tatticismi e traccheggiamenti. Parma o non Parma, il tempo è ormai scaduto.
da Europa Quotidiano 19.05.12