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"Il centrosinistra non basta ma il premier stavolta tocca al Pd rappresentiamo anche i moderati", intervista a Pier Luigi Bersani di Goffredo De Marchis

Non puntiamo mica a rifare l´Unione. Ci rivolgiamo a intellettuali, autorità morali, società civile. Il centrodestra non sarà Montezemolo o Passera ma un misto di Le Pen, Sarkozy e Lega. «Il candidato premier tocca a noi. Il Pd vuole allargarsi e aprirsi, il centrosinistra non è sufficiente per governare. Noi puntiamo a un patto di legislatura più ampio. Ma la guida la proporrà il Partito democratico». Preoccupato per la situazione italiana, triste per la morte di Cevenini. Ma Pier Luigi Bersani, dopo il voto amministrativo, vede il traguardo. Con tutta la consapevolezza di un sistema quasi al collasso.
C´è veramente da festeggiare se il Pd tiene ma non cresce?
«Non mi riconosco nelle analisi che leggo e sento in questi giorni. Quando si parla di amministrative si contano quanti comuni uno vince e quanti ne perde e i raffronti si fanno con le precedenti comunali. Il Pd ottiene una vittoria nettissima al primo turno e si presenta in vantaggio per il secondo».
Con molti candidati che non vengono dal Pd.
«Nella stragrandissima maggioranza sono espressione del Pd. Laddove non lo sono per noi è un onore sostenerli. Vogliamo essere l´infrastruttura del centrosinistra, abbiamo inventato le primarie per metterci al servizio della coalizione. A Milano ha vinto Pisapia e il Pd ha ottenuto il record storico di voti. Si vede che la gente ci capisce meglio di alcuni analisti».
Insomma, avete vinto.
«Ma non lo dico per orgoglio di partito. Lo dico perché sono preoccupato. Temo che qualcuno coltivi l´illusione schumpeteriana di una distruzione creativa del sistema politico. Sfasciamo anche l´unico che è rimasto in piedi perché arriverà qualcosa di buono. Significa fare gli apprendisti stregoni su un problema che può franare addosso a tutti».
Bisogna farsi carico anche del crollo del centrodestra?
«Dobbiamo guardare chi incrocia l´effetto dello tsunami che ha colpito Pdl e Lega. Lo fa il Terzo polo? No. Lo fa il centrosinistra? No. Questo conferma due cose. Il transito da un campo all´altro in Italia è molto limitato. E pensare che la crisi del centrodestra possa portare acqua a posizioni centrali o tecnocratiche è un´illusione assoluta. A destra c´è un vuoto, ma l´elettorato non è scomparso. È in cerca di autore e la risposta che cerca non sarà un pranzo di gala, non avrà l´abito della festa».
Cioè non sarà un professore o Passera o Montezemolo?
«Sarà l´incarnazione di una proposta che mi auguro minoritaria ma somiglierà a quelle forze che in Europa interpretano tendenze regressive e populiste. No Unione, no tasse, no immigrati. Un misto di Le Pen, Sarkozy e Lega nostrana».
Perché non ci prova il Pd a occupare il vuoto moderato?
«Ci proviamo. Il centrosinistra per la prima volta può sfondare il muro di gomma tra guelfi e ghibellini che è radicato nella storia d´Italia. È una responsabilità nuova e il Partito democratico non basta. Vogliamo essere più aperti nei programmi e nelle proposte. Ci rivolgiamo a intellettuali, autorità morali, rappresentanti della vita economica per dire diamoci la mano. Penso a un rassemblement democratico contro il ripiegamento difensivo della destra».
Metterete in lista gli esterni?
«Assolutamente sì, saranno liste aperte. Ma non guardo solo a intese elettorali, non puntiamo mica a rifare l´Unione. Penso a una società civile che vuole far parte di questa scommessa. Il Pd si mette a disposizione».
Uno spazio che rischia di essere già occupato da Grillo.
«Il suo è un voto gonfiato dalla protesta ma non c´è solo protesta in quel partito. C´è anche una domanda di stili nuovi di partecipazione, di sobrietà della politica, di cura dei problemi del territorio. Alle provocazione di Grillo rispondo con durezza. Ma il mio atteggiamento verso il movimento 5 stelle è di attenzione. Non abbiamo guerra da fare con loro. Ci sono domande che lì non possono trovare risposta di governo».
A Monti ha detto che non si vede niente di positivo da mesi. È una minaccia?
«Abbiamo scarpinato per l´Italia e c´è una situazione acutissima di sofferenza. Al governo ribadisco lealtà, ho una sola parola. Ma dico: attenzione. Il voto dimostra che nel Paese ci siamo dappertutto. Allora ascoltateci».
Cosa avete da dire?
«Con la vittoria di Hollande Monti ha ora lo spazio e l´autorevolezza per aprire nuovi tavoli di confronto in Europa. Ma i tempi della crescita non sono compatibili con la situazione italiana. Monti deve insistere sulla mini golden rule per sbloccare investimenti. E occorre affrontare subito il tema dei pagamenti alle imprese per far arrivare un bel po´ di miliardi di liquidità nel giro di poche settimane. Infine va risolta l´ingiustizia intollerabile degli esodati».
Monti però ha appena confermato la linea del rigore.
«Mica diciamo di far saltare i conti. Se c´è da trovare qualche soldo, troviamolo».
Si può pensare a un rinvio del pareggio di bilancio?
«Se ci danno la golden rule, probabilmente non ce ne sarà bisogno. Ma vedo che la Spagna si prepara a ricontrattare quell´obiettivo. Facciamolo anche noi se serve».
Il voto anticipato non vi tenta?
«Anche per strada qualcuno mi chiede: perché non vuoi andare a votare ad ottobre? Rispondo così: siamo ancora in una situazione delicatissima, abbiamo la possibilità di giocarci una partita in Europa e di correggere un po´ le nostre politiche interne per metterci in una zona di ulteriore sicurezza».
Tanto ci penserà il Pdl a staccare la spina.
«Non entro nel campo avverso. Ma non possono scaricare sull´Italia i loro problemi. E non possono pensare di andare avanti tendendo imboscate al governo».
Casini vi avverte: non verremo mai con la foto di Vasto. Con chi lo fate lo schieramento più largo?
«Non inseguo le dichiarazioni quotidiane. Mi affido ai processi di fondo. Quando la dialettica sarà tra un polo democratico e uno che dà risposte regressive ognuno si assumerà le sue responsabilità. Il Pd vuole allargare ma sa di dover essere il baricentro di una proposta alternativa. Anche rinunciando a qualcosa di suo».
Lasciando la candidatura alla premiership a un moderato?
«No. Il dato che si ricava da queste elezioni è che tocca al Pd. Saremo noi a proporre un nome. Non per metterci al comando ma per rendere un servizio e guidare questa fase. Il guidatore lo dobbiamo scegliere noi».
A Palermo il centrosinistra rischia di frantumarsi a meno che voi non scegliate Orlando
«Il candidato è Ferrandelli. Se decidi di fare le primarie le rispetti. Ma aggiungo che si è esaurita la fase politica di Lombardo in regione. Il gruppo dirigente siciliano del Pd deve lavorare per avere al più presto le elezioni».
Il punto dirimente alla fine è sempre quello dell´affidabilità di un centrosinistra con Sel e Idv. È in grado di governare?
«Il voto locale ci dice che non c´è un centrosinistra autosufficiente. La solidità e la credibilità di governo nascono da un centrosinistra affidabile e da un patto di legislatura più ampio. Teniamo fermo questo punto e ci si convincerà che non esiste una strada diversa, non ci sono altre risposte».

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