«Due giugno, festa della Repubblica fondata sul lavoro». Per la prima volta i sindacati decidono di manifestare in una giornata di festività nazionale e di portare i lavoratori a Roma. Lo faranno al pomeriggio, dopo la tradizionale parata militare ai Fori imperiali, con un corteo e con comizio finale (Alemanno permettendo) a piazza del Popolo. L’obiettivo dell’ormai ricostruita triplice è quello di «far cambiar politica economica al governo». L’ultima manifestazione unitaria di questo tipo risale all’epoca Epifani. A giorni poi Cgil-Cisl-Uil presenteranno una piattaforma unitaria sui temi del fisco e della crescita, in cui metteranno nero su bianco le coperture possibili per abbassare, in primis, il cuneo fiscale sul lavoro dipendente. L’annuncio della manifestazione arriva dopo settimane di incontri e discussioni per mettere a punto la strategia comune e trovare la data («abbiamo tante mobilitazioni in corso, l’agenda è fitta »), ma non arriva per riposizionare i sindacati dopo lo tsunami elettorale («la data l’avevamo già decisa la settimana scorsa»). A fare gli onori di casa è stato Luigi Angeletti, che ha illustrato i motivi della scelta del 2 giugno: «Vogliamo far festeggiare la Repubblica dai lavoratori, da coloro che sono più sacrificati e la cui importanza economica e sociale è più sottovalutata». Il segretario generale della Uil vede nero: «La disoccupazione arriverà presto in doppia cifra, un livello che non toccavamo dal secolo scorso, con una riforma del mercato del lavoro che temiamo avrà un impatto tutt’altro che positivo». Un quadro a tinte fosche nel quale rientrano «anche i suicidi di imprenditori ed artigiani, persone che di lavoro vivono, allo stesso modo dei dipendenti che rappresentiamo », tanto da arrivare «ad invitarli a manifestare con noi e a condividere la nostra piattaforma». L’obiettivo della mobilitazione è quindi chiaro e diretto al governo, sebbene venga da «un sindacato responsabile che però non ridursi all’afasia»: «Convincere, e non essere costretti a costringere, il governo a invertire questa tendenza, questa politica fiscale che ha contribuito a distruggere lavoro aumentando il cuneo fiscale, l’iniquità del sistema e ha depresso il mercato interno». A fargli eco arriva subito dopo Raffaele Bonanni. Per il leader Cisl «bisogna garantire una sterzata alla vicenda fiscale, come diciamo da diverso tempo, perché esistono Paesi che usano la leva fiscale al contrario nostro, favorendo i più deboli e colpendo i ricchi. Noi come sindacato avevamo chiesto la patrimoniale e invece ci siamo trovati la patrimoniale per i poveri: l’Imu che colpisce le prime case». In questo senso Bonanni appoggia «convintamente i sindaci che stanno pensando di sostituirla perché la conseguenza sarà un controllo delle loro spese molto migliore rispetto a quello che farà Bondi con la spendingreview». Il governo è nel mirino di Bonanni soprattutto per «il tentativo di saltare il confronto con la falsa idea che in questo modo si eviti la consociazione, mentre è esattamente il contrario: in questi mesi le lobby hanno scorrazzato con il governo e invece il confronto con noi porta sempre discussioni trasparenti». A chiudere arriva una soddisfatta Susanna Camusso. Per il segretario generale della Cgil «nella storia recente di questo Paese non esiste una situazione analoga in cui si è manifestato nel giorno di una festività per chiedere al governo di cambiare politica economica ». Tutto ciò è «indice che il punto di rottura per chi lavora è vicino ed è necessario che il governo cambi in fretta strada». Anche perché «la scusa che usa (“l’Europa non ce lo consente”) non tiene più: l’Europa non ci ha chiesto di non fare la patrimoniale, l’Europa non ci ha vietato di fare accordi con la Svizzera sui capitali portati là, come hanno fatto altri Paesi». Servono infatti «risorse per un cambiamento concreto fatto di investimenti in welfare e per i Comuni, di fisco come elemento di equità e non riforme strutturali che daranno frutti fra anni: tutte queste cose si possono fare rispettando i vincoli europei ». Il fisco dunque come «strumento per introdurre due parole sempre usate dal governo, ma mai perseguite: equità e crescita». In chiusura arriva l’avvertimento al governo: «Questa grande manifestazione richiede risposte; se non ci saranno, continueremo a mobilitarsi». La parola “sciopero generale” viene solo evocata. Ma anche questo è un elemento di novità, specie se Bonanni e Angeletti non si dicono contrari a priori. ESODATI,DIRITTOSOGGETTIVO Oggi, alle 17, Camusso, Bonanni e Angeletti si ritroveranno ad un appuntamento «importante, anche se arrivato troppo in ritardo»: quello con la ministra Elsa Fornero per il tavolo sugli esodati. Contenti per aver costretto al dietrofront il governo, che ha atteso l’incontro prima di emanare il decreto interministeriale sui 65mila «salvaguardati del 2011», Cgil-Cisl-Uil (assieme all’Ugl) si presenteranno con una posizione unitaria: «Non è un problema di numeri e di copertura,ma di diritti soggettivi di persone che hanno firmato accordi con le aziende prima della riforma delle pensioni; persone a cui dare risposte previdenziali. Una risposta unica, non solo ai primi 65mila»
l’Unità 09.05.12
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Camusso: “Troppi sacrifici, poche speranze dipendenti e piccoli imprenditori sono stremati”, di Paolo Griseri
Nel manifesto di fronte alla scrivania, la bambina chiede all´adulto: «Papà, perché hai un caporale se non sei un soldato?». Di questi tempi la campagna per la legalità sul lavoro appare purtroppo un lusso. Sul muro alle spalle della scrivania il ritratto di Giuseppe Di Vittorio, testimonia una tradizione sindacale fatta di avanzate e di arretramenti. Ma è lo schermo del computer che attira l´attenzione di Susanna Camusso: «Vede? Mail come questa arrivano sempre più spesso. Gente disperata, che ha smesso anche di arrabbiarsi. In alcuni casi abbiamo contattato gli psicologi. Chi scrive certe cose può davvero rischiare di compiere gesti estremi».
Susanna Camusso, la crisi trasloca dalle pagine di economia a quelle di cronaca. Che cosa ha causato un salto così drammatico?
«Non penso che sia un salto. Penso che molti abbiano cominciato a convincersi che questa crisi non avrà fine. Che i sacrifici di questi quattro anni sono stati inutili. Se alle persone togli l´orizzonte non puoi stupirti dei drammi. I sacrifici senza speranza sono la formula della disperazione».
Di chi è la responsabilità di quei drammi? Di chi governa adesso o di chi è venuto prima?
«Non intendo commentare quella frase di Monti».
Da quando si è perso l´orizzonte?
«E´ quattro anni che il popolo dei lavoratori dipendenti e dei piccoli imprenditori fa sacrifici. Gli stipendi vengono pagati con ritardi di sei, sette, otto mesi. I crediti con i clienti diventano inesigibili. All´inizio uno spende quel che aveva messo da parte negli anni precedenti. Per anni i governi hanno detto che presto ci sarebbe stata la ripresa. Poi l´autunno scorso si è scoperto che non è cosi. Che bisogna fare altri sacrifici. E la gente li ha fatti, sperando che sarebbero serviti a uscire dalla crisi. Invece adesso si scopre che i sacrifici aumenteranno ma la crisi non finirà. Per guarire ti tagli un braccio oggi ma sai già che domani ti taglieranno anche la gamba. E´ questa disillusione che fa nascere i drammi di questi giorni».
Quali sono i gruppi più a rischio?
«Chi ha una famiglia da mantenere e i pensionati soli. I nostri centri fiscali raccontano che molti arrivano allo sportello e confessano di non essere in grado di pagare le tasse. I pensionati che vivono da soli nella casa di famiglia sono atterriti dall´idea che arrivi una Imu più alta della loro pensione. Gli esodati, senza cassa e senza pensione, ci mandano lettere agghiaccianti».
Il 2 giugno farete una manifestazione nazionale unitaria a Roma. Che cosa chiedono Cgil, Cisl e Uil a questo governo?
«Abbiamo scelto il 2 giugno perché vorremmo che si ricordasse che l´Italia è una repubblica fondata sul lavoro. Questo governo deve cambiare e presto per non arrivare al punto di rottura con il paese. Deve decidere, finalmente, di fare una politica equa. E´ profondamente iniquo tassare sempre e solo i lavoratori dipendenti e rifiutarsi di introdurre la patrimoniale. Chiediamo la riduzione progressiva del peso fiscale sulle buste paga e un´Imu proporzionale ai redditi sulla prima casa. Chiediamo che vengano ridistribuiti i frutti della lotta all´evasione».
E´ più difficile il dialogo con questo governo o con quello precedente?
«Per noi della Cgil il paragone e impossibile perché il governo precedente non ci parlava e lavorava a dividere i sindacati. Qualcuno ha pensato che si potesse replicare anche con questo governo la scena della rottura. Magari immaginando di offrire ai mercati la testa della Cgil su un piatto d´argento. E invece oggi siamo tutti uniti a chiedere a Monti un immediato cambio di rotta e a proporre una piattaforma per la crescita. Senza quel cambio di linea temo che i drammi di questi giorni siano destinati a ripetersi».
La Repubblica 09.05.12