Rapporto Eurydice: l’Italia è tra i pochi paesi ad avere ripristinato la valutazione in decim. Nella maggior parte dei sistemi scolastici europei le scale di valutazione, organizzate per lo più su cinque – sei gradi alfabetico-numerici o per serie di giudizi, prevedono un maggior numero di voti positivi rispetto a quelli negativi, di solito uno o al massimo due. È un modo per graduare meglio giudizi favorevoli ed evitare nei confronti di quelli negativi gli inutili e scoraggianti accanimenti del nostro sistema di valutazione in decimi, che dal 2008 è stato esteso anche alla scuola primaria e secondaria di primo grado con la riforma del ministro Gelmini.
Un conto, infatti, è giudicare semplicemente non sufficienti i risultati di un alunno in una materia o in un elaborato di quella materia, un conto, ben più pesante, qualificarli con voti al di sotto del cinque. Inevitabilmente un voto molto negativo viene caricato di effetti emotivi e implicazioni che non aiutano lo studente a risollevarsi. Per trent’anni, fino all’anno scolastico 2007/2008 compreso, abbiamo giudicato generazioni di studenti della scuola dell’obbligo con un solo giudizio negativo (insufficiente) e con quattro giudizi positivi (sufficiente, buono, distinto, ottimo). Oggi abbiamo abbandonato questo sistema che altri paesi, imitandone la filosofia, hanno invece adottato o stanno per adottare. Dal prossimo anno scolastico in Svezia, ad esempio, verrà introdotto un sistema di voti da A a F, dove F corrisponde a un giudizio negativo, mentre giudizi positivi decrescenti vanno da A a E. Le più diverse soluzioni si possono trovare nell’organizzazione dei giudizi finali al termine dei cicli scolastici e, soprattutto, delle relative certificazioni: valutazioni solo di scuola, certificazioni solo di competenze e conoscenze acquisite, commissioni esterne o enti valutatori che rilasciano qualifiche di carattere nazionale. Sono alcune differenze del sistema di valutazione che emergono dall’ultimo fascicolo del bollettino di informazione internazionale, edito dalla rete Eurydice, sui sistemi scolastici europei 2012. Diciannove schede relative ad altrettanti stati illustrano la situazione dei paesi esaminati, ogni scheda si occupa di scuola dell’infanzia, primaria, secondaria inferiore e superiore, di durata dell’obbligo scolastico. Ci sono paragrafi sul curricolo, sull’organizzazione scolastica (calendario, orario delle lezioni giornaliero e settimanale, ecc.), su valutazione e certificazione, sui criteri di ammissione ai vari ordini di scuola. Il bollettino si può scaricare dal sito di Indire (http://www.indire.it/eurydice/content/index.php?action=read_cnt&id_cnt=13267), il cui presidente, Antonio Giunta La Spada, dirige anche lo staff dell’unità italiana di Eurydice.
Gli autori di questo rapporto, ma anche quelli di tutti gli altri già editi (studi tematici, statistiche, confronti fra i calendari scolastici, i salari del personale, le strutture nazionali, ecc.), vogliono fornire ai decisori politici e agli operatori stimoli e riflessioni per affrontare problemi che, a quanto pare, sono comuni a tutte le società e ai corrispondenti sistemi scolastici. E così apprendiamo che quest’anno si conclude il periodo nel quale i Paesi Bassi si sono posti l’obiettivo ridurre del cinquanta per cento l’abbandono scolastico rispetto al 2002. Per conseguire il risultato si prevede che tutti gli studenti, anche se hanno superato i diciotto anni, continuino a formarsi per conseguire almeno una qualifica di base di livello secondario superiore. L’Olanda è uno dei paesi in cui l’obbligo dura di più, 13 anni, comincia prima, a cinque anni, e può essere anticipato a partire già dai quattro. Negli ultimi due anni dell’obbligo, però, è sufficiente che i giovani frequentino la scuola secondaria anche solo due giorni la settimana, mentre chi ha già un contratto di formazione pratica può frequentare un giorno e lavorare il resto della settimana. Anche in Belgio, Germania e Polonia l’obbligo dura fino ai diciotto anni e può essere assolto a tempo parziale negli ultimi due anni, solo in Portogallo e Ungheria l’obbligo fino ai diciotto anni è a tempo pieno. In genere l’obbligo scolastico inizia a sei anni ma in almeno dieci paesi è stato anticipato ai cinque, l’ultima a farlo la Polonia nel settembre scorso, mentre in Lettonia inizia addirittura a quattro anni. L’organizzazione dell’istruzione e l’obbligo scolastico sono strutturati in modo diverso. In dieci paesi l’obbligo viene assolto in scuole a struttura unica, senza cesure fra il livello primario e quello secondario. In altri la struttura è simile alla nostra: un primo ciclo di scuola primaria, un secondo di scuola secondaria inferiore e un terzo di scuola secondaria superiore, in tutto o solo in parte obbligatoria. Il modello di scuola elementare a tempo pieno come lo conosciamo in Italia con due insegnanti titolari non è praticato negli stati esaminati nel rapporto, mentre è più diffusa la presenza dell’insegnante unico affiancato da insegnanti specialisti di religione, di educazione fisica e musicale e di lingua straniera. Non in tutti i paesi, infine, gli alunni e le rispettive famiglie possono liberamente scegliere l’indirizzo di scuola secondaria superiore: spesso devono rispettare le indicazioni del consiglio dei docenti della scuola di provenienza o, addirittura, basare la scelta sugli indirizzi di scuola presenti nella zona di residenza (Grecia).
ItaliaOggi 08.05.12