La scelta del governo dei tecnici di nominare altri tecnici per formulare piani di governo risponde più a una logica di propaganda che a uno stile di sobrietà. Ma c’è una cosa che suscita maggiore irritazione della scivolata del premier: la reazione scomposta e fraudolenta di Pdl e Lega. Che cercano di scaricare le proprie responsabilità nel disastro del Paese.
La spending review, cioè l’analisi sui costi delle pubbliche amministrazioni, era stata promossa nel 2007 dall’allora ministro Padoa Schioppa. Ma Tremonti, appena insediato in via XX settembre, bloccò i lavori della commissione Muraro e ne azzerò i risultati. La politica conseguente fu quella dei tagli lineari, che ha accompagnato e sospinto il declino dell’Italia. Il welfare locale è stato amputato in modo grossolano a danno dei ceti più deboli, il Paese non ha selezionato i settori nei quali investire e innovare, le corporazioni si sono rafforzate confidando che la ripresa promessa da Berlusconi avrebbe conservato lo status quo: l’esito è stato la deriva del Paese, che ha raggiunto il record della crescita più bassa del mondo nel primo decennio del 2000.
E ora cosa fanno questi signori che ci hanno portato alla soglia del baratro? Urlano, si sbracciano, raccontano favole, persino competono con Grillo inneggiando alla rivolta. Sì, perché usare certi toni da opposizione radicale quando si parla di Imu, o quando si chiede di compensare i debiti presso il fisco con i crediti nei confronti della Pubblica amministrazione, ha un solo significato: sottrarsi ad ogni responsabilità nazionale e solleticare gli istinti di ribellione fiscale. Come se il Pdl e la Lega non fossero stati al governo per otto anni negli ultimi dieci. Come se potessero di colpo cancellare le politiche inflitte al Paese, scaricando ogni errore sul governo e la maggioranza transitoria.
Basterebbe a Pdl e Lega che le colpe fossero distribuite in egual misura tra tutti. In fondo, la destra ha sempre fatto proprie le campagne antipolitiche. Quel che oggi dice Grillo, loro l’hanno già detto. E con quel populismo hanno pure governato l’Italia. Strizzando l’occhio agli evasori, e talvolta pure alla mafia. Bene ha fatto in questo caso il presidente del Consiglio a sottolineare l’insanabile contraddizione del centrodestra: ha tolto l’Ici dei ricchi, impoverendo le casse dei Comuni e dando un colpo mortale al federalismo, e ora vuole dare a intendere che non ha nulla a che fare con l’Imu (quando invece la tassa è stata istituita dal precedente governo); non disdegna allusioni eversive (come quelle sul pagamento delle tasse) allo scopo di recuperare disperatamente voti in fuga; dobbiamo persino sopportare che Tremonti faccia la morale al suo successore, denunciando buchi miliardari nei conti pubblici e scagliandosi contro le politiche restrittive dell’Ue (come se lui non avesse partecipato alla coalizione di centrodestra che ha guidato il continente in questo vicolo cieco senza sviluppo).
La transizione è difficile. Perché la tregua istituzionale convive con un conflitto politico e sociale. Ma la transizione ha senso se prepara un confronto vero tra alternative democratiche, non se viene usata per annullare la politica. C’è il rischio che si formi un’alleanza trasversale tra chi punta sui tecnici per delegittimare il cambiamento politico e chi invece gioca sul discredito di tutto e di tutti per cancellare le passate responsabilità oppure per la paura che vengano travolti gli equilibri e i privilegi del debole capitalismo italiano.
È per questo che il governo della transizione deve svolgere il suo compito senza deragliare, o ammiccare. I super commissari Bondi e Amato sono persone di valore, ma il loro mandato è almeno dubbio. Si può sostenere che della loro consulenza «gratuita» il governo dei tecnici possa soltanto giovarsi: di certo, conteranno i fatti ed è bene che si giudichino innanzitutto quelli. Tuttavia, il ministro Giarda era riuscito finalmente a completare la spending review, il ministero delle Attività produttive aveva già messo a punto una nuova strategia sugli incentivi alle imprese, in Parlamento sono sul tavolo tutte le proposte per ridurre i costi della politica, per rafforzare i controlli dei bilanci, soprattutto per archiviare il mostruoso Porcellum. Alla fine, quando bisognerà scegliere, non sarà un tecnico o un commissario a dire ciò che è vero, ma toccherà alla politica (governo compreso) assumersi le proprie responsabilità davanti agli italiani. C’è fin troppo scaricabarile dalle nostre parti. È ora di compiere scelte di cambiamento: anche se talvolta sono meno popolari che invitare i cittadini a segnalare «gli sprechi» sul sito di Palazzo Chigi. I cittadini hanno diritto di protestare e di porre le domande al potere nel modo più critico: ma chi ha ruoli istituzionali deve anzitutto dare risposte, non fare l’eco delle domande. Di Berlusconi, Bossi e loro imitatori non ne possiamo più.
l’Unità 03.05.12