"Quella terra è il nostro futuro", di Clara Sereni
Ho in mente un ricordo, come una fotografia: nella sua ultima apparizione pubblica una grande donna, Maria Cervi, arriva a un’iniziativa di solidarietà in mezzo all’Umbria più deserta, fiera di portare in dono una forma intera di parmigiano reggiano da mangiare insieme, per fare comunità. E dopo fa un piccolo discorso, e chi c’era aveva una grande groppo alla gola, per dire che la nuova resistenza è questo, stare insieme e aiutarsi e guardare avanti e progettare anche quando le cose sono difficili: perché quando un raccolto viene assassinato non ci si può arrendere, bisogna arare seminare e curare, e una nuova messe crescerà. Senza dimenticare mai che ogni germoglio, ogni spiga, ogni zolla fa parte del mondo intero, e a quello non si deve smettere di rapportarsi: adesso diciamo “glocale”, il mappamondo inalberato sull’aratro dai fratelli Cervi cominciò a dirlo più di settant’anni fa. E ancora: nella narrazione famigliare, le prime notizie che ho avuto dell’Emilia Romagna erano le storie dei treni dei bambini di Napoli, di Cassino, delle zone più affamate e distrutte …