Siamo nel pieno di una grave crisi economica e sociale, immersi nel degrado della politica, e assistiamo a una profonda crisi di autorità maschile. Tutto ciò non consente scorciatoie. Le donne devono sentire la determinazione e l’umiltà di esserci e di misurarsi con le sfide difficili del governo del Paese. Senza questo scatto di determinazione e anche di umiltà arretreremo ulteriormente nella minorità politica, sociale e culturale. Uso la parola umiltà perché governare per promuovere il bene comune è molto difficile e richiede la capacità reale di mettersi a servizio. Di questo, de «le donne e il governo del Paese» ha discusso il convegno organizzato dalla Fondazione Nilde Ioni, con il contributo di studiose, giornaliste, donne delle associazioni e della politica.
Bisogna ridare autorevolezza alla politica, fermare il degrado. Non si governano le sfide del Paese solo con buone competenze tecniche. Bisogna rifondere la rappresentanza politica attraverso la ricostruzione dei soggetti collettivi che siano capaci di promuovere la partecipazione attiva.
Bisogna risalire la china facendoci guidare dalla nostra Costituzione, in particolare gli articoli 1, 2, 3, 49, 51. La dignità della persona, i legami sociali, l’eguaglianza, la partecipazione attiva dei cittadini, la sobrietà, le pari opportunità tra donne e uomini. Bisogna modificare le regole a partire da una legge quadro sui partiti in attuazione dell’articolo 49 della Costituzione, la legge elettorale, i regolamenti parlamentari e il superamento del bicameralismo, la costruzione delle istituzioni europee. Bisogna avere un’agenda che contenga scelte molto nette. La buona e piena occupazione femminile, l’investimento nei beni comuni a partire da un forte incremento dei servizi alla persona e alla famiglia, la lotta alla povertà sono scelte non più rinviabili rispetto alle quali lo stesso governo Monti dovrebbe fare di più e che dovranno costituire priorità nette delle forze politiche progressiste che si candidano domani a governare il Paese.
In questi mesi abbiamo vissuto una scena pubblica dominata, su temi cruciali, dal protagonismo femminile. È un fatto importante da cui partire per fare in modo che non sia solo una parentesi dettata dall’emergenza ma l’avvio di una normalità democratica. E allora sento che dobbiamo porci una domanda: cosa porta in dote l’esperienza e il punto di vista femminile? È ancora lecita questa domanda o l’importante è esserci ed essere brave e competenti? Io credo che rispondere a questa domanda sia cruciale.
L’esperienza femminile porta in dote qualcosa di prezioso per il tempo in cui viviamo. Porta un nuovo umanesimo, una nuova umanità femminile che si è sedimentata nel tempo attraverso l’esercizio della libertà. La conquista della libertà, grazie al femminismo, non significò il libero arbitrio, il libertinismo o la semplice rottura dei divieti. Significò al contrario l’elaborazione di una nuova umanità femminile. Ha significato costruire noi stesse al di fuori dello sguardo e del desiderio maschile e degli stereotipi culturali, vivendo i sentimenti e le relazioni umane con una nuova consapevolezza e responsabilità verso l’altro.
Questa nuova umanità della donne è stata però ingabbiata in una rappresentazione che ha esaltato la libertà come semplice rottura dei vincoli, come pura esteriorità, come semplice esibizione del corpo. È stata accompagnata dal mito del successo individuale, della competizione, dell’arricchimento: una forma di relativismo etico che ci ha travolte e tante volte ostacolato. Tale relativismo etico è stato parte integrante del berlusconismo. La rivolta della dignità delle donne contro l’uso degradato del corpo femminile e contro lo scambio sesso-denaro-potere che ha umiliato le nostre istituzioni e ha azzerato l’autonomia politica delle donne è ciò che ha segnato la fine di Berlusconi e del berlusconismo.
La dignità femminile deve ora completare il suo cammino e candidarsi a governare il Paese. Facendo diventare senso civico diffuso e forza politica il suo umanesimo. La forza e l’originalità di tale umanesimo consiste nella capacità di “ricomposizione” delle diverse sfere della vita: il corpo e la mente; l’interesse e l’emozione, la cura dell’altro e l’investimento nella relazione umana e sociale. Tutto questo consente di mettere in campo un’arte del governare di cui le parole chiave sono: responsabilità, legami sociali, capacità di comprendere i problemi altrui, fare squadra, costruire alleanze, esercitare il potere come abilità nel fare e migliorare la vita dei cittadini. Queste abilità dovrebbero diventare il tratto distintivo delle donne che si candidano a governare. Dovrebbero costituire il cuore di un progetto condiviso di riforma della politica. Queste abilità peraltro sono quelle vincenti per promuovere innovazione e crescita in ogni settore produttivo e della ricerca scientifica. Per questo possiamo dire che le donne sono le più attrezzate di fronte alla crisi per costruire l’innovazione e il futuro.
È dunque un dato obiettivo e non un’enfasi retorica affermare che questo è il tempo delle donne. Bisogna esserne consapevoli e tradurre le potenzialità in progetto politico. Dunque ci vuole la politica. A partire dalla capacità delle donne di costruire tra loro una forte alleanza. Ciò presuppone la capacità di riconoscere le disparità esistenti tra donne, di darsi valore, di sostenere l’autorevolezza dell’altra, di regolare i conflitti tra noi. Ciò che finora è accaduto raramente, confinandoci in una sostanziale minorità.
L’Unità 27.04.12