Le richieste del leader Pd al vertice con Monti: allentare il Patto di stabilità. Il premier: per ora il tesoretto non sarà utilizzato per diminuire le tasse. Sei ore di vertice, due delle quali riservate alle slide proiettate da Corrado Passera sul piano nazionale per le riforme, ma il vero braccio di ferro seppur sobrio e discreto si è consumato tra il leader Pd, Pier Luigi Bersani, e il governo sulle misure urgenti per fronteggiare la recessione.
All’indomani della full immersion il segretario traccia un bilancio positivo ma, aggiunge, «il lavoro deve continuare» perché di fronte ai dati drammatici diffusi ancora ieri dall’Istat e da Confindustria non c’è tempo da perdere e se il piano per le riforme del governo contiene proposte «valide e interessanti» i cui frutti sono destinati ad arrivare nell’arco di nove anni, il Paese ha bisogno di una «boccata d’ossigeno oggi, subito».
Di questo l’altra sera ha parlato a lungo Bersani, «è necessario sbloccare gli investimenti dei Comuni, gli unici a poter fare adesso investimenti rapidi» e per questo è tornato a chiedere a Monti, «un allentamento selettivo sul Patto di stabilità», questione definita ancora «irrisolta». Ma il primo ministro e il sottosegretario Grilli, pur consapevoli della necessità di dare una scossa all’economia, hanno frenato.
Le previsioni del Fmi, che danno per l’Italia uno spareggio di bilancio almeno fino al 2017, e i dati contenuti nello stesso Documento di economia e finanza presentato ieri (nel quale si conferma un crollo del Pil dell’1,2%), spingono il governo verso una tenuta della linea di rigore fin qui intrapresa. L’allarme è talmente alto (malgrado ieri il premier si sia detto ottimista sul pareggio nel 2013) che per ora non si parla di destinare alla diminuzione della pressione fiscale il provento del tesoretto frutto della lotta all’evasione.
Non a caso ieri Monti ha ribadito che soltanto nel 2014 sarà possibile intervenire su questo fronte. Argomento bruciante per il Pdl, che del calo delle tasse ha sempre fatto un cavallo di battaglia elettorale, tanto che Angelino Alfano è tornato all’attacco proprio pensando al 2013: «Il primo modo per sostenere la crescita del Paese è smettere di aumentare le tasse. La nostra idea è basta tasse e basta dare l’impressione che ogni provvedimento del governo contenga un nuovo balzello».
E se per il segretario Pdl la crescita passa attraverso la diminuzione delle tasse, per il segretario Pd passa anche e soprattutto attraverso una serie di misure che immettano nuova liquidità sul mercato per le imprese e contribuiscano alla creazione di posti di lavoro, vera emergenza nazionale. Bersani ha parlato di investimenti nel settore delle nuove energie, politiche industriali mirate soprattutto nei settori più in affanno, e nuove risorse per la pubblica amministrazione attraverso una «triangolazione con la Cassa di Depositi e prestiti e le banche». Su questo ultimo punto, ha spiegato ieri, «è stato allestito un percorso da verificare tra governo, Cassa depositi e banche, che può dare frutti positivi». Si è parlato «solo di questioni economiche, sociali e occupazionali», ha tenuto a chiarire, e non dell’asta delle frequenze, nervo scoperto di Silvio Berlusconi nonché motivo di frizione fortissima con la decisione ribadita ieri da Monti di andare avanti su questa strada.
Dunque, un bilancio positivo ma non esaustivo per il Pd che chiede più coraggio e interventi immediati, perché «c’è un Paese che soffre molto, che ha sulle spalle un’eredità pesantissima» e considera quello di ieri solo l’inizio di un confronto destinato ad andare avanti nelle prossime settimane. A partire dalla riforma del Lavoro che, su questo i leader di Pd, Pdl e Terzo Polo sono in sintonia, «dovrà essere migliorata in Parlamento» non solo su alcune parti sostanziali, ma anche per alcune «sbavature tecniche»: fermo l’impegno di Alfano, Bersani e Casini a rispettare l’impianto generale della riforma e i tempi di approvazione. Ferma la richiesta del premier ai partiti a condividere pubblicamente l’impegno a proseguire sulla strada tracciata dai tecnici e ad attuare la riforma della «governance», attraverso una nuova legge elettorale, la riduzione dei parlamentari, e un diverso meccanismo di finanziamento.
L’Unità 19.04.12