Anche se nessuno martedì sera aveva creduto troppo alle promesse di solidarietà pronunciate anche da Alfano all’uscita dal vertice di maggioranza, da ieri Monti è di nuovo alle prese con il Pdl a causa della decisione, annunciata dal ministro Passera, e confermata dal presidente del Consiglio, di mettere all’asta le frequenze televisive che il precedente governo aveva deciso di assegnare con la discussa procedura del «beauty contest».
La notizia s’era già diffusa due sere fa subito dopo l’incontro, mentre i partecipanti alla cena di Palazzo Chigi negavano che se ne fosse parlato e insistevano sui lati positivi della discussione appena finita. Ma la successiva decisione di Berlusconi di far saltare l’appuntamento di oggi a colazione con Monti è suonata come conferma che un nuovo caso è aperto. Il Cavaliere ha detto che aveva deciso di non andare proprio per evitare polemiche. Ma il problema rimane. Passera ha infatti spiegato che il testo preparatorio dell’asta delle frequenze era stato messo a disposizione dei partiti di maggioranza, da cui non era venuto alcun rilievo formale. Durissime sono state invece, sia la reazione dell’ex ministro delle comunicazioni Paolo Romani, che ha parlato di «tradimento» del governo, sia quelle del gruppo Mediaset, che per bocca del suo presidente Fedele Confalonieri ha minacciato di disertare l’asta. In questo clima il faccia a faccia tra l’ex premier e quello attuale era assolutamente sconsigliato: anche perché Monti, nella conferenza stampa di presentazione del documento di programmazione economica (Def) varato ieri, s’è schierato per l’asta delle frequenze al fianco del suo ministro e ha fatto un richiamo generale ai partiti a non ostacolare il suo lavoro. Va da sé che qualsiasi tentativo di venire incontro al Pdl su questa delicata materia troverebbe il Pd contrario. Di qui la prospettiva di un altro rallentamento dei lavori parlamentari, già oberati da resistenze incrociate su tutti i provvedimenti in discussione.
Gli altri dati forniti durante l’illustrazione del Def purtroppo non sono confortanti: Monti ritiene che di crescita non si potrà parlare prima del prossimo anno e le difficoltà di quello attuale, in termini di congiuntura e con tutte le conseguenze di disoccupazione crescente e sofferenza per le aziende, continueranno. Sarà già un bene se il quadro non tenderà ad aggravarsi. E proprio questo ha determinato la richiesta di maggior senso di responsabilità rivolta ai partiti che sostengono il governo.
La Stampa 19.04.12