3.638 docenti in più al sud, 3.153 nelle Isole, 1.491 nelle regioni centrali e 2.004 in quelle del Nord. Notizie ufficiose sui pensionamenti del personale docente statale a decorrere da settembre danno in uscita dal servizio 21.114 persone. Se si considera che vi sono 10.443 docenti in soprannumero da sistemare, aritmeticamente l’operazione per assegnare un posto a chi l’ha perso sembra facile, con un avanzo addirittura di 10.700 unità circa di posti.
Le cose non stanno proprio così, perché i conti non si fanno sui dati nazionali, bensì su quelli territoriali per ogni provincia; si fanno anche settore per settore; e nella secondaria di I e di II grado si fanno sulle classi di concorso.
A questa quadratura del cerchio si aggiunge anche il fatto che nella determinazione degli organici del personale docente per l’anno prossimo, anche se rispetto all’organico di quest’anno non viene tolta o aggiunta nemmeno una unità di personale (il confronto finale dà zero), nei singoli territori c’è chi riceve posti e chi ne cede.
Ad esempio, in Sicilia, dove vi sono complessivamente 2.083 docenti in esubero (di cui 1.124 prof. delle superiori), per effetto di nuove riduzioni di organico i docenti in soprannumero dovrebbero aumentare complessivamente di 290 unità (di cui 246 tra i prof), senza considerare la disponibilità di posti che potrebbe venire dai pensionamenti.
Insomma, tra attuali docenti in soprannumero e nuovi perdenti posto – senza computare i nuovi pensionamenti – vi sarebbe questa poco allegra situazione: 3.638 docenti in più al sud, 3.153 nelle Isole, 1.491 nelle regioni centrali e 2.004 in quelle del Nord.
Vi sarebbero, quindi, 10.276 docenti ancora da sistemare, tra vecchi e nuovi esuberi. C’è soltanto da sperare, a questo punto, che l’incrocio tra posti lasciati vacanti dai pensionati e sedi da assegnare ai perdenti posto o in esubero trovi coincidenza.
In caso diverso, oltre al disagio di chi dovrà adattarsi in qualche modo ad una sede precaria di servizio, vi saranno, ancora una volta due conseguenze negative: un minor numero di posti disponibili per i precari e una maggior spesa per l’Amministrazione scolastica per mantenere i docenti fuori organico non utilizzati.
da Tuttoscuola 18.04.12