Davvero singolare la sovrapposizione che si è creata a Palazzo Chigi. Due passaggi: ieri sera il vertice del tripartito Alfano-Bersani-Casini con il presidente del Consiglio, un lungo colloquio non privo di tensione e di passaggi concitati. E l’incontro a due fra Mario Monti e Silvio Berlusconi: un’occasione piuttosto rara d’incontro fra il premier in carica e il suo predecessore, ed è difficile credere che si tratti solo di una visita di cortesia. La coincidenza, sotto il profilo temporale e anche politico, è abbastanza sorprendente. Si pone una domanda: chi decide la linea politico-parlamentare del Pdl? Alfano nel summit dei tre partiti con il capo dell’esecutivo o Berlusconi nell’incontro di domani?
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Il quesito non è irrilevante perché i risultati del vertice coinvolgono anche Bersani e Casini e quindi definiscono l’equilibrio complessivo su cui si regge il governo in Parlamento. Tuttavia Berlusconi, per la sua personalità e la sua storia politica, difficilmente si accontenterà di una «photo opportunity» con il suo successore. Vorrà avere voce in capitolo sui punti controversi. Ad esempio sulle famose misure per la crescita, sulle tasse e magari su temi che stanno molto a cuore all’ex premier: dalla gara per le frequenze televisive al disegno di legge anti-corruzione appena messo a punto dal ministro Severino.
È probabile che questa «ingerenza», se così si può dire, non sia plateale, forse nemmeno mediatica. Berlusconi ha una strategia e non sembra che intenda modificarla: sostenere Monti fino al termine della legislatura e usare lo schermo del governo tecnico per evitare la «diaspora» del centrodestra e anzi per cercare di puntellare l’area moderata. Ma la questione delle tv è dolorosa, anche perché inaspettata. Nella logica berlusconiana non può restare senza risposta: magari su un altro tavolo dell’agenda di governo.
Sia come sia, non c’è dubbio che il peso di Berlusconi nella società politica è ancora abbastanza rilevante da oscurare, almeno in parte, il vertice di ieri notte. Questo pone un problema ai tre protagonisti del summit. Tutti ieri sera avevano bisogno di qualche risultato tangibile da spendere con il loro elettorato (in fondo le elezioni amministrative sono alle porte).
In particolare Bersani sa di dover farsi carico delle inquietudini dei Comuni e delle angosce di quei ceti che soffrono l’asprezza della crisi. Alfano, a sua volta, tiene a che sia riconosciuto il ruolo del Pdl nel rimodellare – in qualche misura – la riforma del mercato del lavoro e nell’avviare un minimo alleggerimento del carico fiscale (ad esempio l’Iva). E Casini non vuol perdere la sua funzione di baricentro della maggioranza.
Tutti e tre sono stati spiazzati dall’irrompere sulla scena della questione delle frequenze tv. Bersani di sicuro non aveva interesse a parlarne, a Palazzo Chigi, e viceversa il segretario del Pdl non poteva non dar voce alla frustrazione di Berlusconi e di quanti nel centrodestra ritengono che il ministro Passera non abbia rispettato gli accordi.
Come si vede, la serata non è stata delle più serene. Ma il punto è che domani Berlusconi vedrà Monti. E si tratterà di capire come il premier gestirà questo incontro a poche ore dal vertice triangolare.
Il Sole 24 Ore 18.04.12