Dottorandi, specializzandi e altri titolari di borse di studio hanno tirato un respiro di sollievo ieri quando dopo giorni di comunicati e dichiarazioni allarmistiche, iniziato l’esame del decreto fiscale alla Camera il governo ha approvato un emendamento cancellando le tasse sulle borse di studio di qualsiasi entità. Tutto come prima, facciamo come se nulla fosse, insomma. Ma non è così, e nella confusione di una settimana di allarmi via Web sempre più concitati a rimetterci in immagine è stato innanzitutto il governo. In molti infatti sono rimasti perplessi: è possibile che proprio il governo dei tecnici abbia messo la firma su quella che è stata definita la «tassa sul merito»? Le cose sono andate diversamente, spiega il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo. «Fin dall’inizio come ministero abbiamo lavorato per far cadere questa misura che andava a colpire la ricerca e la qualità di chi se ne occupa. II governo non è mai stato coinvolto. Si è trattato di un emendamento di cui non sapevamo nulla e, quando abbiamo saputo, c’è stata immediatamente una presa di posizione negativa con un parere scritto».
La misura, infatti, è il frutto di un emendamento, il 3143, scritto da due senatori dell’Svp, Helga Thaler Ausserhofer e Manfred Pinger. E’ stata parzialmente corretta da Mario Baldassarri, presidente della commissione Finanze del Senato, che ha introdotto un limite di 11.500 euro al di sotto del quale l’esenzione era ancora valida. I redditi al di sopra di questa cifra però dovevano essere tassati hanno deciso i senatori, e così il testo del ddl è arrivato alla Camera. Il tentativo dei senatori della Svp era di eliminare differenze tra le borse di studio di dottorandi e specializzandi, dei medici in formazione specialistica e dei corsisti in medicina generale fmo ad allora non tassate, e altre del mondo sanitario che ammontano a 7-800 euro, su cui il Fisco preleva la sua aliquota. Al grido di «basta ai privilegi!» è stata, quindi, unificata l’intera materia. E invece era solo un gran pasticcio, come hanno confermato le proteste delle associazioni di categoria e la pioggia di emendamenti presentati da tutte le forze parlamentari quando hanno capito che cos’era stato approvato. Ieri, quindi, in commissione Finanze della Camera si è cercato di correre ai ripari. Il Pdl ha presentato un emendamento che ha cancellato totalmente la tassazione. «Si trattava di un ingiusto e inaccettabile prelievo fiscale aggiuntivo a carico di alcune categorie di giovani medici – spiega Domenico Di Virgilio, vicepresidente del gruppo parlamentare Pdl alla Camera – che avrebbe pesato su borse di studio di per sé già molto esigue». Anche l’ex ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini ha parlato di una «vittoria del buon senso». Manuela Ghizzoni, capogruppo Pd in commissione Cultura e Istruzione alla Camera oltre alla soddisfazione ricorda che un problema però esiste e va affrontato: «Rimane aperto il tema della distinzione tra attività di studio e rapporti di lavoro nel campo della ricerca: per le prime è necessario chiarire che le borse di studio, in tutti i settori, non devono essere sottoposte a tassazione. Per chi invece svolge un’attività di lavoro si deve giungere a una figura unitaria di contratto di ricerca». Nei prossimi giorni il Pd vuole presentare una sua proposta. Andrea Sarubbi del Pd è stato il primo politico a lanciare l’allarme sui social network e a firmare un emendamento alla Camera per chiedere la cancellazione della tassa. «Per fortuna i giovani e i diretti interessati sono intervenuti e hanno permesso di cancellare una misura che avrebbe penalizzato il loro valore e le loro ricerche».