A febbraio la produzione industriale è crollata del 6,8 per cento rispetto a un anno fa. È il sesto calo consecutivo su base tendenziale (anno su anno) ed è il dato più negativo da novembre del 2009. Ma anche rispetto al mese precedente uno dei principali termometri dell’economia italiana ha subito una flessione dello 0,7 per cento, fa sapere l’Istat. Tra dicembre e febbraio il calo è stato dunque dell’1 per cento mentre a gennaio e febbraio la produzione industriale ha totalizzato una contrazione del 5,7 per cento rispetto agli sessi mesi del 2011.
Il ministro dello Sviluppo Corrado Passera ha commentato il dato sottolineando che «dobbiamo rimettere in moto la crescita e battere le previsioni. È necessario fare in modo che l’Italia esca dalla recessione prima di ciò che indicano enti di ricerca e istituzioni». Per il ministro va affrontato con particolare impegno «un disagio sociale di grandissima serietà. E non parliamo solo dei disoccupati ma anche degli inoccupati, dei cassintegrati e dei sotto-occupati».
Confindustria ha reagito al dato Istat con le consuete previsioni «flash». A marzo stima una variazione nulla rispetto a febbraio e nei primi tre mesi dell’anno prevede ancora un dato che offre un chiaro sintomo della recessione in atto: -2,3 per cento rispetto al trimestre precedente. E le prospettive per il prossimo, osserva il centro studi di viale dell’Astronomia, sono incerte.
Se è vero che gli imprenditori vedono un po’ più rosa a marzo, è vero anche che le valutazioni dei direttori di acquisto sugli ordini ricevuti dalle imprese manifatturiere (gli ordini rappresentano la domanda di prodotti e dunque sono una «sentinella» per capire come va la produzione industriale nel futuro immediato) segnalano arretramenti marcati, secondo Confindustria. In particolare l’indice del Pmi manifatturiero si è collocato a 45,7 da 46,4 di febbraio. Dovuto a una «significativa» debolezza della domanda interna. I consumi, insomma languono. L’unica luce, in questo quadro buio, è l’export. Dopo sette mesi di flessione consecutivi gli ordini esteri raccolti da Confindustria nell’indagine tra gli imprenditori sono tornati di nuovo a crescere dal 49,6 di gennaio al 51,4 di febbraio.
Fa impressione il paragone tra la caduta di febbraio e un mese ancora vivace della fase pre-crisi, aprile del 2008: da allora la produzione industriale italiana è crollata del 22,1 per cento. Mentre rispetto al momento più buio della recessione, marzo 2009, c’è stato un recupero del 5,4 per cento, fa sapere viale dell’Astronomia.
Guardando nel dettaglio i dati Istat è evidente la flessione pesante nei beni di consumo, sia durevoli (autoveicoli in caduta dell’,11,2 per cento) ma anche non durevoli (il tessile e abbigliamento è sceso del 12,9 per cento). Il balzo dell’energia dell’11 per cento si spiega invece con l’inverno che è tornato a mordere e che ha fatto impennare i consumi di energia elettrica, gas e vapore.
Preoccupati i sindacati: la Cgil punta il dito contro il governo, reo di «un grave ritardo determinato dall’assenza di politiche per la crescita»; le fa eco la Cisl che definisce il dossier ancora «debole», mentre la Uil non è sorpresa: «un crollo della produzione scontato».
La caduta della produzione non è stata l’unica notizia uscita ieri dall’istituto di via Balbo che desta preoccupazione. L’inflazione ha raggiunto a marzo il 3,3 per cento rispetto a un anno fa ed è salita dello 0,5 per cento rispetto a febbraio. Un combinato disposto, quello di un aumento dei prezzi a ritmi sostenuti e un’economia che non riesce a riprendersi dalla recessione, che non induce ad essere ottimisti, almeno per ora.
La Stampa 14.04.12
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Crolla la produzione mai così male dal 2009″, di Luciano Costantini
L’Istat continua a sfornare risultati scoraggianti, Confindustria delinea scenari piatti. Quadro di sintesi della produzione industriale: sul passato recente e sul futuro prossimo. Un trend negativo che resta costante da sei mesi a questa parte. Il nostro istituto di statistica dice che a febbraio la produzione è in calo dello 0,7% rispetto a gennaio (dato destagionalizzato) e del 6,8% su base annua (dato corretto per gli effetti del calendario). Si tratta del picco più basso registrato dal novembre del 2009 quando l’arretramento arrivò al -9,3%. In generale rimangono bloccati i beni di consumo e resta in profondo rosso il settore automobilistico.
A gennaio la flessione era stata del 2,6%, nella media del trimestre dicembre-febbraio l’indice risulta diminuito dell’1,0% rispetto ai tre mesi precedenti. Nella media dei primi due mesi dell’anno la produzione è scesa del 5,7% sullo stesso periodo del 2011.
Passando ad analizzare i principali settori industriali, a febbraio l’indice destagionalizzato segna variazioni positive congiunturali nel comparto dell’energia (+5,7%) e in quello dei beni strumentali (+2,0%). Variazioni negative per i beni di consumo (-2,3%) e per i beni intermedi (-1,9%). In termini tendenziali l’indice corretto per gli effetti del calendario segnala rialzi per il solo comparto dell’energia (+3,3%), evidentemente sulla spinta di un clima particolarmente rigido. Diminuiscono in modo significativo i beni intermedi (-10,6%) e quelli di consumo (-9,6%). Aumenti marcati, invece, per la fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+11,0%), della fabbricazione di computer, prodotti di elettronica ed ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (+5,0%). I cali più evidenti nel settore della fabbricazione di prodotti chimici (-13,9%), nell’industria tessile, abbigliamento, accessori e pelli (-12,9%) e nell’industria del legno, della carta e della stampa (-12,8%). In forte arretramento la produzione di automobili che a febbraio fa registrare un meno 11,2% rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Nel primo bimestre del 2012 la flessione è stata addirittura del 23,5% rispetto al gennaio-febbraio dello scorso anno.
E Confindustria non vede schiarite all’orizzonte. Il Centro Studi di viale dell’Astronomia prevede per marzo una variazione nulla rispetto a febbraio. Cioè prospettive incerte. Il Csc precisa che il recupero dai minimi della recessione (marzo 2009) si è attesta al 5,4% e al -22,1% la distanza dal picco di attività pre crisi (aprile 2008). Prevista una flessione degli ordini, spiegata con una «significativa debolezza della domanda interna», mentre per l’estero, dopo sette mesi di contrazione, la domanda torna in segno positivo.
I sindacati ancora una volta fanno risuonare l’allarme puntando il dito sulla scarsa crescita, causa principale delle deffailances dell’industria. Il segretario confederale della Cgil, Vincenzo Scudiere, denuncia «i gravi ritardi» del governo. «I dati Istat – avverte Luigi Sbarra della Cisl – possono essere il preludio di una gelata dell’economia». Con una pressione fiscale sempre più rilevante, commenta Paolo Pirani della Uil «non ci si poteva attendere un dato positivo». Per Paolo Varesi dell’Ugl «servono fatti e non parole».
Il Messaggero 14.04.12