Nella seconda tangentopoli, fra tante analogie con la prima, colpisce il diverso sentimento con cui i media seguono il rosario quotidiano di scandali. Nei giornali, nei salotti televisivi, nei palazzi, ma perfino sui blog, soffia un venticello di perdono, un giustificazionismo impensabile vent´anni fa. Rosi Mauro? Un capro espiatorio, se la prendono con lei perché è donna. Il Renzo Bossi? Povero fesso, certo, ma insomma non si capisce quale sia il reato. La Minetti? Che male c´è se si usa la bellezza per far carriera, così fan tutte. Sia chiaro che nessuno rimpiange le lugubri carnevalate del ‘92, gli sputi e le monetine, la pena di morte per i tangentisti proposta perfino dalle colonne di giornali seri, il tintinnar di manette e lo sventolare del cappio in Parlamento. Tanto meno oggi, di fronte alla misera fine degli ex forcaioli leghisti. Ma disgusta pure questo perdonismo greve e ammiccante, alla “Vacanze di Natale”, sostenuto dalla retorica putrida del «tanto sono tutti uguali e il più pulito c´ha la rogna». Un atteggiamento antico e cinico che ogni tanto spolvera armi un po´ più raffinate e alla moda come la teoria del complotto o la caricatura del politicamente corretto. L´altra sera nel salotto di Vespa, per citare il peggiore ma non l´unico, si è discusso seriamente per due ore se la presente Rosi Mauro non fosse per caso una nuova eroina del femminismo, perseguitata, addirittura mandata al rogo delle streghe, soltanto in quanto donna e per giunta meridionale. Lei stessa, la superiora del cerchio magico, si è presentato con l´occhio umido come una sintesi fra un suffragetta del secolo scorso, Anita Garibaldi e Frida Kahlo. Ma davvero? Nella stessa occasione gli illustri ospiti di Vespa hanno cercato di far passare un´altra tesi bizzarra a proposito dell´ineffabile Trota. Il vero mascalzone non sarebbe stato Bossi junior, ma piuttosto l´autista «pentito e traditore» che aveva filmato le piccole ruberie del Trota. L´infame infatti non è chi delinque, ma chi denuncia. Una logica che non farebbe una piega in un vertice di ‘ndrangheta, ma non ti aspetteresti sul servizio pubblico televisivo.
Vent´anni fa i partiti nuovi invocavano la forca contro i ladri, oggi anche i movimenti dell´antipolitica preferiscono attaccare i giudici, gli sbirri e al solito la stampa cattiva. Tutti a domandarsi dove sono gli avvisi di garanzia, le prove. E se vi sono gli avvisi e le prove, allora bisogna comunque aspettare le condanne in Cassazione prima di giudicare. Come se un cittadino dovesse aspettare la Cassazione per stabilire che è in ogni caso uno scandalo affidare alla signora Rosi Mauro la vice presidenza del Senato. Che è indecente piazzare un personaggio come Francesco Belsito nel consiglio d´amministrazione della Fincantieri, uno dei colossi cantieristici d´Europa, dal quale dipende un pezzo del futuro industriale del Paese. Che non si può mandare nel consiglio della regione più importante d´Italia gente come Nicole Minetti per i meriti conquistati sul campo del Bunga Bunga o il figlio di Bossi, con quel curriculum scolastico. Qualcuno di noi ha mai conosciuto uno che è stato bocciato tre volte all´esame di maturità?
È stata fatta molta e bonaria ironia sul gran traffico di titoli di studio falsi fra i vertici della Lega, un peccato certo veniale rispetto alle mazzette milionarie e assassine della sanità. Ma quando si pensa al destino di centinaia di migliaia di giovani italiani che prendono lauree vere col massimo dei voti e sono costretti a scappare all´estero dal giorno dopo, mentre figli di papà ignoranti e raccomandati se la spassano fra Porsche e discoteche, si sorride meno.
I discorsi perdonisti che accompagnano le rivelazioni sulla seconda tangentopoli non raccontano soltanto di un paese in eterno pendolarismo fra reazioni estreme e immature, fotografano anche il degrado morale prodotto da un ventennio di egemonia berlusconiana. Non soltanto a destra, si capisce. Perché bisogna possedere una gran fede per credere alle ingenue prese di distanza di leader ed ex leader del centrosinistra nei confronti delle malefatte dei loro vice e collaboratori di sempre, si chiamino Lusi o Penati o Tedesco. In cambio di questa nuova indulgenza, un pezzo di ceto politico vecchio e nuovissimo si dispone a giustificare l´illegalità di massa, l´evasione fiscale o la speculazione edilizia, come difese naturali di fronte a leggi e tasse troppo severe. Bene ha fatto il presidente Napolitano ieri a chiamare gli evasori, gli speculatori e i corrotti che li rappresentano per quello che sono: persone indegne di una grande nazione civile.
La Repubblica 14.04.12