Il piccolo vascello della riforma dei partiti si è già incagliato. Una manciata di ore dopo l’approvazione della bozza da parte dei leader dei partiti, l’emendamento con le norme sulla trasparenza dei bilanci è stato dichiarato inammissibile dal presidente della Camera Gianfranco Fini. A sera, sia pure dopo una giornata travagliata, la riforma ha ripreso il suo viaggio. Ma ora il rischio è che salti l’impegno dei leader a far slittare l’ultima tranche dei rimborsi elettorali.
Il problema non è tanto il contenuto, quanto lo strumento che Pd, Pdl e Terzo polo hanno scelto per affrontare l’iter parlamentare. L’idea di accelerarne l’approvazione agganciando il provvedimento al decreto semplificazioni fiscali, in discussione alla commissione Finanze della Camera, è stata stoppata da Lega, Idv e Radicali. Ma poi anche Fini, che ha esaminato il caso nel pomeriggio, ha dovuto prendere atto della estraneità dell’emendamento alla materia del decreto e della mancanza dell’unanimità da parte dei gruppi. E così ha scritto al relatore Giorgio Conte e gli ha comunicato la bocciatura. Decisione non semplice, alla quale il presidente è giunto anche per la moral suasion del Quirinale, contrario com’è noto ai decreti trasformati in «leggi omnibus». Il capo dello Stato ne avrebbe parlato al telefono con Fini e, de visu al Colle, anche con Casini.
Il dietrofront causato dalla «incongruità» del provvedimento ha messo in seria difficoltà i leader, che rischiano di perdere la faccia su una questione che molto sta a cuore ai cittadini. Ore di nervosismo e contatti frenetici, che hanno visto i tecnici dei partiti in grande agitazione per la sconfessione subita dopo che la presidenza della Camera, così raccontano, aveva loro offerto rassicurazioni sull’ammissibilità del testo. A tempo di record Alfano, Bersani e Casini si sono visti costretti a mettere a punto un «piano B», un disegno di legge da approvare in sede legislativa in commissione Affari costituzionali, senza passare per l’Aula. Un’ora dopo il «niet» di Fini, il nuovo testo era già pronto. Ma non sarà una passeggiata. Il radicale Maurizio Turco annuncia il suo voto contrario all’iter in commissione: «Credono di essere Qui, Quo e Qua nel Club di Topolino? Loro decidono e gli altri ratificano?». Per ottenere la sede legislativa serve l’unanimità dei gruppi e le perplessità, per la Lega come per l’Idv, riguardano anche il merito. Il Carroccio rischia di vedersi applicate le sanzioni prima di incassare l’ultima tranche dei rimborsi e di dover pagare multe molto salate, perché dunque dovrebbe dare il via libera al provvedimento? Il testo intanto sta subendo ritocchi.
Il passaggio più delicato è l’istituzione della Commissione trasparenza, perché i presidenti di Corte dei Conti, Consiglio di Stato e Cassazione non avrebbero gradito la decisione che tocchi a loro passare al setaccio i conti delle forze politiche. I partiti dovranno far valutare i loro bilanci da società di revisione esterne e non potranno investire se non in titoli emessi dallo Stato. Le donazioni private che eccedono i cinquemila euro dovranno essere pubbliche e i bilanci saranno visibili sul portale della Camera. Quanto ai finanziamenti, non c’è alcun ripensamento in vista. I tagli sono rinviati alla fine di maggio, quando la commissione Affari costituzionali della Camera si occuperà della riforma dei partiti, in attuazione dell’articolo 49 della Costituzione.
Il Corriere della Sera 13.04.12
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“Finanziamenti, ABC puntano alla fase 2 ma intanto s’ingorga anche la fase 1”, di Fabrizia Bagozzi
Mentre si ragiona della riforma dei rimborsi, l’accordo alla prova della commissione in sede legislativa
A dispetto di ogni polemica e dei tanti scetticismi che circolano (e non solo fuori dai propri partiti), gli sherpa della maggioranza ribadiscono che il – faticoso – accordo di mercoledì non è che la prima indispensabile puntata di un processo che arriverà entro la fine di maggio, al massimo ai primi di giugno, alla revisione dei criteri del finanziamento pubblico ai partiti.
Questo si erano detti nel lungo pomeriggio di due giorni fa a Montecitorio in cui, però, sul tema delle risorse si è arrivati a stabilire solamente il blocco dei 100 milioni di euro (più 60 se si contano anche le europee 2009) in arrivo entro luglio.
Uno stop connesso all’entrata in vigore dei nuovi controlli: la commissione ad hoc guidata dal presidente della Corte dei conti avrà il compito di valutare già i bilanci 2011 e in caso di irregolarità proporre sanzioni che spetterà ai presidenti di camera e senato applicare. Dati i tempi, anche per togliere argomenti a chi, come Di Pietro, parla di «accordicchio » (e tanto più che il Quirinale mantiene sulla questione un occhio vigile) arrivare realmente e in fretta alla fase 2 è ineludibile.
Per quanto tutt’altro che semplice e non solo per gli ovvi riflessi di autotutela del sistema. Sul tavolo, la revisione dei meccanismi di erogazione dei rimborsi, la loro eventuale riduzione (in una fase in cui, per effetto delle varie manovre, i contributi pubblici si sono comunque dimezzati negli ultimi due anni), la corrispondenza fra spese effettivamente sostenute (tenendo conto dell’attività politica ordinaria e delle strutture dei partiti) e risorse percepite, e l’eventuale affiancamento di forme di contribuzione dei cittadini (sul modello del 5 per mille sostenuto dal Pdl, per una volta d’accordo con l’Italia dei valori). Nel mezzo, tutto il dibattito sull’abolizione del finanziamento pubblico e del suo superamento sul modello americano.
Un lavoro non da poco e da chiudere al massimo in un mese e mezzo, visto che la discussione della legge sull’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione (status e democrazia interna dei partiti) in cui la riforma verrà incastonata sarà in aula a maggio. Ma se la fase 2 si annuncia decisamente impegnativa, parte in salita anche la fase 1. Ieri, infatti, Fini ha dichiarato inammissibile l’emendamento che recepiva l’accordo ABC nel decreto fiscale poiché l’argomento non è attinente al provvedimento. Tutto da rifare.
Il piano b della maggioranza è la presentazione di un disegno di legge in commissione affari costituzionali riunita in sede legislativa (primi firmatari Alfano, Bersani e Casini). Ma anche qui son dolori. Perché per il via libera alla “legislativa” (il provvedimento si chiude in commissione senza passare dall’aula) serve il sì di tutti i capigruppo oppure l’assenso dei quattro quinti dei membri, ovvero 38 su 47. Basta dunque che in 9 non siano d’accordo e si blocca tutto: Lega e Idv contano 7 membri.
Il radicale Maurizio Turco dirà di no. Un solo altro dissenso, e la valutazione se tenere la procedura legislativa passerà all’aula. Dove si vota per alzata di mano ma se il governo o un decimo dei membri della camera (cioè 63) non è d’accordo non si può procedere. A 63 si arriva facilmente contando Idv, Lega e Radicali. Nella valutazione dell’accordo Di Pietro non ha lasciato dubbi, ma il capogruppo Idv a Montecitorio Donadi ha tenuto uno spiraglio aperto: «È una riformicchia ma non bisogna dare l’occasione di dire: non abbiamo cambiato nulla per colpa di Idv».
Tonino alla fine ha confermato: «L’Idv è disponibile a qualsiasi intervento normativo per modificare l’attuale legge sul finanziamento dei partiti con una norma da adottarsi direttamente in commissione in sede legislativa» o in altro modo.
da Europa Quotidiano 13.04.12
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Soldi ai partiti, ecco come saranno controllati ma l’emendamento è inammissibile
Già presentato un disegno di legge a firma Alfano, Bersani, Casini. Per velocizzare l’iter andrà in commissione in sede legislativa, cioè senza passare dall’aula. Allo scopo di garantire la trasparenza e la correttezza nella gestione contabile e finanziaria, i partiti e i movimenti politici» dovranno avere i loro bilanci certificati da «società di revisione iscritte all’albo speciale tenuto dalla Consob». Recita così il primo comma dell’emendamento al decreto legge fiscale depositato dal relatore Gianfranco Conte, ma subito giudicato inammissibile dal presidente della Camera Gianfranco Fini «vista l’estraneità di materia e preso atto della mancanza di consenso unanime dei gruppi -scrive Fini- sull’esistenza di aspetti problematici che rende inammissibile l’emendamento». A questo punto l’unica strada resta quella del disegno di legge che per molti vuol dire un rinvio a tempi più lunghi per intervenire su un tema tornato di grande attualità dopo lo scandalo che ha travolto la Lega.
ITER RAPIDO – Ma i leader della maggioranza pensano ad un percorso a tappe forzate: un ddl che porta la firma dei leader di Pdl, Pd e Terzo Polo, Alfano, Bersani e Casini da approvare in commissione Affari Costituzionali in sede legislativa, ovvero senza passare dall’aula. Appunto un iter ultrarapido. Era questa l’ipotesi su cui si ragionava già nei giorni prima del tentativo, andato male, di inserire le nuove norme sui bilanci dei partiti nel decreto fiscale. Tuttavia anche il tentativo di approvazione lampo potrebbe saltare: per l’approvazione in sede legislativa occorre infatti il via libera all’unanimità della commissione. Bastano le firme di nove deputati per stoppare la «legislativa» e in commissione Affari Costituzionali Idv e Lega possono contare su sette deputati, l’ottavo no è gia arrivato dal radicale Maurizio Turco. A questo punto basterebbe un solo franco tiratore per far saltare tutto.
TESTO IDENTICO – Spiega il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto: «A questo punto l’unica strada è la presentazione di un disegno di legge alla Commissione Affari Costituzionali puntando a farlo approvare in via legislativa». «Prendiamo atto della valutazione di inammissibilità dell’emendamento al decreto fiscale che contiene le norme sulla trasparenza dei bilanci dei partiti -aggiunge il capogruppo del Pd Dario Franceschini- è una valutazione del presidente della Camera che rispettiamo. La volontà dei gruppi che sostengono quel testo era quella, attraverso l’emendamento al decreto, di fare entrare in vigore la norma in tempi brevissimi». «In nome di questo obiettivo -aggiunge- c’è già un accordo fra i gruppi che sostengono il governo per una proposta di legge con identico testo da approvare in commissione Affari Costituzionali in sede legislativa in tempi brevissimi».
BUFERA IN COMMISSIONE – In commissione finanze la Lega e l’Idv di Di Pietro si erano opposte con forza alla strada dell’emendamento e lo stesso presidente della Commissione Finanze Gianfranco Conte aveva già ravvisato che l’emendamento era a forte rischio. «Allo stato è da ritenersi inammissibile» aveva spiegato al termine della seduta della commissione. «Lo sottoporremo al presidente della Camera -aveva aggiunto- ma credo che anche lui sarà d’accordo su questa posizione. In un primo momento sembrava ci fosse unanimità tra i gruppi poi questa unanimità è venuta meno». Anche un esponente del Pd, Salvatore Vassallo, seppur a titolo personale, aveva espresso perplessità sull’ammissibilità. «C’è stato un dibattito piuttosto animato -ha spiegato Vassallo- è discutibile che lo si possa fare alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale sugli emendamenti estranei per materia ai decreti legge, come ha sottolineato anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Non si può inserire nel decreto fiscale una norma che non riguarda il flusso delle risorse che vanno ai partiti ma sulla rendicontazione».
DI PIETRO SU TWITTER – Antonio Di Piero si affida invece a Twiitter per criticare anche nel merito la riforma. «Incredibile: secondo la proposta ABC le multe ai partiti per irregolarità le decideranno presidenti di Camera e Senato». E ancora: «Il paradosso e la malattia antica della politica italiana: il controllato che nomina e controlla il controllore». Ma la maggioranza difendono sostanza e procedura seguita. Spiega il presidente dei deputati del Pd Fabrizio Cicchitto: «Abbiamo condiviso la presentazione di un emendamento al decreto sulla semplificazione tributaria che riproduce il testo riguardante la regolamentazione dei controlli sulle finanze dei partiti concordato fra il Pdl, il Pd, l’Udc e il Fli per l’urgenza che la questione presenta». Mentre da Monasterace era intervenuto anche il segretario del Pd Luigi Bersani: «Spero di mettere in un decreto queste prime norme sui contributi ai partiti, su cui abbiamo trovato l’accordo, se ce ne danno la possibilità i presidenti delle Camere. Questo per farle partire immediatamente».
I PUNTI SALIENTI – Resta comunque l’intesa nel merito raggiunta da Pdl, Pd e Terzo Polo per controllare la gestione del finanziamento pubblico. Questi i punti qualificanti dell’emendamento giudicato inammissibile. Oltre al Controllo da parte di società di revisione era prevista l’istituzione di una Commissione per la Trasparenza «Avrà sede presso la Camera che provvederà, insieme al Senato, ad assicurarne l’operatività anche attraverso la dotazione di personale di segreteria -si legge nel testo- L’organismo sarà composto dal presidente della Corte dei Conti che coordina, da quello del Consiglio di Stato e dal primo presidente della Cassazione. Ciascuno di loro potrà avvalersi fino a un massimo di 2 magistrati appartenenti ai rispettivi ordini giurisdizionali». Nessuno di loro percepirà «alcun compenso». E ancora «sul sito internet di ogni partito e di quello della Camera, entro il 15 giugno di ogni anno, dovranno essere pubblicati il rendiconto di esercizio dei partiti; la relazione del collegio sindacale; quella della società di revisione; i bilanci delle imprese partecipate; il verbale di approvazione del rendiconto». Tra l’altro è poi previsto il divieto «di investire i soldi pubblici ricevuti in strumenti finanziari diversi dai titoli di Stato italiani».
da www.corriere.it