Continua il gioco al massacro sugli esodati. Nonostante le promesse fatte di prima mattina dalla ministra Elsa Fornero, un comunicato del ministero annuncia che la fatidica quota dei lavoratori che hanno sottoscritto un accordo con le rispettive aziende per dimettersi in attesa della pensione e che a causa dell’allungamento dei requisiti rischiano di restare anni e anni senza stipendio e senza pensione, sarà resa nota solo oggi. Proprio alla vigilia della manifestazione unitaria dei sindacati (Cgil, Cisl, Uil e Ugl) che da piazza Santi Apostoli a Roma denunceranno lo scandaloso ritardo assieme alla vicenda delle ricongiunzioni onerose. Da via Veneto si spiega che il comunicato conterrà,dopo una valutazione assieme alla Ragioneria dello Stato, anche l’indicazione dell’orientamento da parte del governo su come risolvere il problema (Fornero è chiamata emettere un decreto ministeriale entro il 30 giugno). La questione è sempre quella della copertura finanziaria: se le stime di 350mila esodati saranno confermate (lontanissimeda quella inziale di 65mila), il governo sostiene di non essere in grado di mandare in pensione tutte queste persone. Come già anticipato da Fornero nei giorni scorsi, l’idea è quella di trovare una sorta di ammortizzatore sociale per chi non rientrerà nelle coperture possibili.
La responsabilità del ritardo del conteggio viene rimpallata dall’Inps, che sostiene di non essere l’unico ente pensionistico coinvolto e di avere difficoltà ad avere i dati dalle varie aziende coinvolte.
STIME INCOMPLETE
Nell’audizione tenuta ieri in commissione Lavoro alla Camera, il direttore generale dell’Inps Mauro Mori ha snocciolato i dati in suo possesso. I lavoratori che nei prossimi quattro anni entreranno in mobilità sulla base degli accordi fatti entro dicembre 2011 (nuovo termine previsto dal decreto Milleproroghe, che ha prorogato quello di entrata in vigore della riforma delle pensioni del 4 dicembre) sono circa 45.000. Per Nori altri 13-15.000 lavoratori sono nel fondo di solidarietà del credito.
Altri 70.000 sono usciti dal lavoro sulla base di accordi volontari. La somma di queste quattro voci tocca quota 130mila persone, ma si tratta solo della platea massima perché una parte di questi avranno nei prossimi 4 anni i nuovi requisiti per la pensione. Non sono conteggiati invece i prepensionati degli altri enti pensionistici. Elaborando queste stesse cifre, Giuliano Cazzola (Pdl) ha rilanciato la stima dei «350mila esodati». Ieri intanto è toccato al presidente di Poste Italiane Giovanni Ialongo ha aggiunto: «Mi dicevano proprio l’altro giorno che stanno trovando una soluzione, la si dovrebbe trovare». Alla domanda dei cronisti su quanti fossero gli esodati di Poste italiane il presidente ha risposto: «Mi dicono circa 5mila», aggiungendo che «non è possibile, assolutamente no», riprenderne eventualmente una parte, anche minima, proposta avanzata dal sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo. Una stima che però viene subito smentita dai sindacati: «sono anche più di 5 mila, ma circa la metà dovrebbero salvarsi grazie al decreto milleproroghe», spiegano.
FMI: PENSIONI A RISCHIO LONGEVITÀ
La durezza della riforma Fornero però tiene l’Italia al riparo dall’ultimo richiamo del Fondomonetario internazionale sull’età pensionabile. Secondo l’Fmi infatti le aspettative di vita si allungano, ma le implicazioni finanziarie del vivere più a lungo sono ampie: se nel 2050 la vita media si allungherà di 3 anni rispetto alle attese attuali, i costi già ampi dell’invecchiamento della popolazione aumenteranno del 50%. Il Fondo invita quindi ad agire «ora, date le dimensioni dell’impatto finanziario e anche perché le misure richiedono tempo per dispiegare la loro efficacia». In particolare, da Washington arriva il pressante invito a riformare i sistemi previdenziali, allungando l’età pensionabile, aumentando il livello dei contributi e riducendo gli assegni da pagare. «Una riforma essenziale», si legge nel documento. Porre maggiore «attenzione all’invecchiamento della popolazione e ai rischi addizionali della longevita», conclude il
Rapporto, «è parte delle misure necessarie a ristabilire la fiducia sulla tenuta dei conti pubblici e privati».
OCSE: DISOCCUPAZIONE STABILE
Sempre ieri sono arrivate le stime dell’Ocse sulla disoccupazione nell’area di riferimento. Il tasso a gennaio è rimasto stabile all’8,2%, in linea con quanto registrato per tutto il 2011. In Italia, invece, la disoccupazione ha fatto registrare un significativo passo avanti, dall’8,9% di fine 2011 al 9,2%. Nell’eurozona la disoccupazione è aumentata di 0,1 punti percentuali a gennaio (45 milioni), «prolungando un aumento continuo da giugno 2011», ed è arrivata al 10,7%, «livello più elevato dall’inizio della crisi finanziaria mondiale», appesantita soprattutto dal 23,3% registrato in Spagna. Per la prima volta dal 2005, il numero di senza lavoro è aumentato anche in Germania, dal 5,7% di dicembre a 5,8%.
l’Unità 12.04.12
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