Bene ha fatto il responsabile della politica estera del Partito democratico, Lapo Pistelli, a puntualizzare – su l’Unità del 5 aprile – come l’iniziativa internazionale ed europea del Partito democratico stia riscontrando un grande e generale apprezzamento da parte delle forze progressiste proprio perché si pone l’obiettivo di contribuire a costruire una agenda per il nuovo mondo, allargando il fronte delle forze che possono, se alleate e convergenti, disegnare un nuovo ordine internazionale. D’altronde è questo un elemento costitutivo e, persino, identitario del Partito democratico. «Il processo di unificazione europeo è ancora frenato dalle forti resistenze degli egoismi nazionalistici, che il Partito democratico vuole contrastare per realizzare una compiuta integrazione politica e democratica: tale processo va accelerato, rafforzando la legittimazione e le basi democratiche dell’Unione. Il Partito democratico intende contribuire a costruire e consolidare, in Europa e nel mondo, un ampio campo riformista, europeista e di centrosinistra, operando in un rapporto organico con le principali forze socialiste, democratiche e progressiste e promuovendone l’azione comune». Si tratta di uno dei passaggi più significativi del “Manifesto dei valori del Partito democratico” che rappresenta sia il «patto costituente» tra coloro che hanno dato vita al Pd, che la definizione di alcuni degli obiettivi strategici della nostra azione. La proiezione internazionale del Partito democratico – mi pare – si è sempre attenuta a questa sorta di «mandato» e, proprio in questi mesi di crisi europea, sta mostrando tutte le sue potenzialità. L’incontro dei leader progressisti a Parigi, la fitta rete di incontri bilaterali in Europa, la costruzione di un network a livello extracontinentale con i principali partiti progressisti dei «paesi-continente» (dai democratici statunitensi al Pt brasiliano, ecc.) sono la dimostrazione plastica di come il Partito democratico sia oggi al centro di un sistema di relazioni internazionali quanto mai ricco e articolato. L’urgenza «storica» di promuovere una nuova piattaforma ideale e programmatica dei progressisti europei e su scala globale è stata, giustamente e finalmente, collocata dal segretario del Pd al centro dell’iniziativa del partito, non solo – e questa è la vera novità – come «appendice esterna» del lavoro dei democratici ma come «elemento essenziale» della credibilità della nostra proposta politica.
Se questa è la sfida credo che la cosa peggiore che potremmo fare sarebbe quella di piegare riflessione e iniziativa internazionale del Pd alle esigenze della dialettica interna al partito. Lo voglio dire con grande nettezza: chi sostiene una delle due posizioni speculari «mai nel Pse» o «solo nel Pse» non contribuisce alla qualità della nostra proiezione esterna e rischia di condurci ad un cul de sac ideologico di cui certo non abbiamo bisogno. Di tutto abbiamo bisogno fuorché di aut aut paralizzanti ed autoreferenziali. Non vi è alcun dubbio che quando si parla, almeno in Europa, di «campo progressista» ci si riferisce innanzitutto ai partiti socialisti, socialdemocratici e laburisti, in gran parte rappresentati dal Pse. È sulla base di questa evidenza che il Pd – assieme al Pse ha saputo costruire l’innovazione più significativa nello scenario politico delle istituzioni europee, con la costruzione del Gruppo dell’Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici (S&D) al Parlamento europeo, che ha dimostrato di saper essere (pur in una situazione di rapporti di forza non favorevoli ai progressisti) il punto di riferimento per l’aggregazione di un’area di centro-sinistra che, al Parlamento europeo, è riuscita a creare convergenze, spesso vincenti, sulle principali politiche europee. Il Pd ha, in questi anni, costruito un rapporto organico – nel rispetto delle reciproche autonomie ma anche nella costante ricerca di una positiva interazione – con il Pse anche in quanto partito politico europeo, nel reciproco riconoscimento che, in un quadro politico plurale ed in evoluzione in Europa e nel mondo, il Pse è il partito politico di rilevanza fondamentale per i progressisti in Europa e che il Pd (partito sorto dalla convergenza delle diverse culture riformiste italiane) è il riferimento fondamentale del campo progressista in Italia. Oggi il Pd partecipa quindi a tutte le attività ed iniziative del Pse pur senza esserne membro effettivo così come, a livello internazionale, anche considerata la profonda crisi in cui versa l’Internazionale Socialista, opera, spesso in convergenza con i principali partiti europei, per la costruzione di un nuovo ed ampio quadro progressista. In questo importante lavoro di costruzione di convergenze, in cui è impegnato il Pd, la definizione condivisa di un’idea democratica e progressista di Europa è il tema centrale. Oggi spetta a noi – cioè a quell’ampio nucleo costituitosi nell’Alleanza S&D al Parlamento europeo – costruire quel fronte che sappia dire con chiarezza che non ci serve un’Europa intergovernativa, mercantilista, che cerca il suo equilibrio finanziario nella riduzione del modello sociale ma che serve invece un’Europa federale, con istituzioni pienamente democratiche, orientate alla crescita, al lavoro e ai diritti, con un adeguato sviluppo del mercato interno. I Partiti socialisti e democratici europei devono comprendere che nel ripiegamento nazionale vince la destra e che le forze progressiste possono trovare una vera funzione solo portando i problemi e le soluzioni alla loro vera dimensione che è quella sovranazionale. Questa sfida troverà uno snodo importante attorno alle prossime elezioni europee del 2014 dove i nostri partiti dovranno saper mobilitare i cittadini sull’idea di un’Europa democratica e di progresso, anche indicando per la prima volta il candidato progressista alla Presidenza della Commissione europea, magari scelto attraverso meccanismi partecipativi, sul modello delle primarie italiane.
L’Unità 10.04.12