La Pasqua è per i cristiani l’evento fondativo, dunque la festa più importante: è la Resurrezione che cambia il senso dell’incontro con Cristo e della storia dell’uomo. Questo ovviamente secondo la fede dei credenti. Ma la forza del messaggio, che ha attraversato epoche e organizzazioni sociali ed è alle radici della nostra civiltà, non può lasciare indifferente chi dà alla fraternità una prospettiva solo umana.
Oppure chi si batte per la giustizia e per l’eguaglianza, chi immagina lo sviluppo in funzione della persona e della comunità. Il cristianesimo non è una cultura, né una morale. Già la lettera a Diogneto, uno dei primissimi manoscritti cristiani, sottolinea che i seguaci di Gesù non sono «da distinguere dagli altri uomini né per regione, né per voce, né per culture» e che «partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri». Il cristianesimo è un incontro che modifica un destino. Lo stesso orizzonte escatologico la vittoria della vita sulla morte non è motivo di separatezza, né alibi per chiusure fondamentaliste. È semmai una spinta a vivere le contraddizioni della città dell’uomo e partecipare con gli altri alle sue liberazioni. Da questa fedeltà scaturisce, prima che da una dottrina, l’impegno sociale dei credenti, il nodo inscindibile tra fede e carità, dunque anche il contributo a tanti movimenti progressisti. Del resto, come contenere la forza delle Beatitudini, oppure quella del Magnificat: «Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati, ha mandato i ricchi a mani vuote».
Naturalmente nella storia la Chiesa si è trovata tante volte dalla parte della conservazione politica, o della reazione autoritaria contro la modernità e la scienza. Ma sarebbe un errore non cogliere, accanto ai limiti e agli errori, il contributo importante che la fede anche come forza rinnovatrice della stessa pratica religiosa porta alla comunità intera. Innanzitutto proprio perché non rinuncia a dare un valore e un traguardo alla storia dell’uomo: il mondo migliore non si potrà raggiungere del tutto, ma può essere avvicinato. E non per una imposizione divina, bensì perché la libertà e la capacità degli uomini sono in grado di modificare gli equilibri dei poteri.
La fede cristiana non comprime l’impegno sociale dell’uomo né la sua sfida politica: è anzi una spinta ad agire, guidata da una luce ottimistica sulla ragione. Per questo può portare speranza al pensiero progressista. E non è poco in un tempo come questo, dominato dal paradigma individualista il cittadino solo davanti al mercato e allo Stato e dalla prepotenza della globalizzazione finanziaria che sottomette le stesse istituzioni democratiche -. In fondo individualismo e strapotere della finanza sono due facce della stessa medaglia: non a caso qualcuno ha parlato di «fine della storia».
Tutte le idee di fraternità e uguaglianza, di solidarietà e di liberazione si fondano invece sulla convinzione che la storia non finirà finché ci sarà l’uomo. Che si può cambiare. Che si può cambiare insieme. Nessuna autorità sulla terra e neppure le crisi che colpiscono la Chiesa potranno impedire ai cristiani di impegnarsi per una società più giusta. E questa forza in campo continuerà ad alimentare la speranza e l’impegno di tutti gli uomini di buona volontà, che vogliono costruire un mondo migliore in nome di diverse visioni dell’uomo.
Certo, la Pasqua non è un appello all’irenismo. Non ci sono liberazioni facili. La vita è una battaglia. Dove l’uomo rischia se stesso e dove gli errori incombono. Ma ciò di cui non possiamo essere privati è il desiderio, la volontà di costruire con le nostre mani. La politica è uno strumento di questa costruzione. Non l’unico. Non c’è politica senza un umanesimo, senza un’idea dell’uomo. Non c’è giustizia se l’uomo non viene considerato nella sua interezza, titolare di sentimenti, vocazioni, carismi, socialità. Ma la politica è importante ed oggi è minacciata da un pensiero dominante che cerca di eliminarla, o marginalizzarla.
La nostra società, avvolta da una crisi non solo economica, ha bisogno di riconoscere il tremendo significato antropologico di questo furto di speranza nella storia futura. L’uomo è impoverito più delle sue tasche. È un furto perpetrato innanzitutto a danno dei giovani. La sinistra di cui abbiamo bisogno deve essere capace di raccogliere da tutte le fonti, da tutte le energie disponibili, la forza per cambiare. E le fedi religiose possono essere tra queste fonti molto propizie.
L’Unità 08.04.12