"Bossi e la corte dei miracoli", di Lorenzo Mondo
Avevamo fatto il callo alle intemperanze di Umberto Bossi, alle sue provocazioni verbali e gestuali, dettate da un temperamento sanguigno che sapeva convertirsi in popolaresca astuzia. Colpiva, senza dispiacere necessariamente, il sentore di osteria che emanava dagli incontri e dai conciliaboli con la sua gente, la confidenza spiccia con i costumi delle valli lombarde. Anche in questo si manifestava la lontananza della Lega dal detestato Palazzo romano. Certo si accoglievano con un sorriso, se non con ironia, le sue incursioni nel mondo di una artefatta cultura. Inneggiava alla ribellione di Alberto da Giussano contro il Barbarossa per l’indipendenza di una Padania che, nelle suggestioni del federalismo, guardava adesso con simpatia alla tedesca Baviera. Egli si prestava inoltre alla riesumazione, dal sapore fumettistico, della storia celtica e della religiosità druidica, con tanto di elmi cornuti, di ampolle riempite con le acque sacre del Po (improponibile, così nudo e crudo, per un utilizzo onomastico, è diventato Eridano al battesimo del suo ultimo figlio). Molti erano disposti ad assolvere questo folklore identitario, apprezzando la sollecitudine del suo movimento …