Lezioni interattive, lavoro di squadra, più internet in classe e meno a casa. Insomma, bisogna cambiare i compiti. La formula esatta ancora non esiste ma più che una riforma è necessaria una rivoluzione, qualcosa che nasca nelle aule prima che nei ministeri.
Non solo in Francia ma anche in Italia si discute del rito scolastico più inossidabile, i compiti, odiato dagli studenti, sopportato dai genitori, imposto come un dogma dai professori. Ma sempre immutato. Nella scuola ci sono stati negli anni alcuni cambiamenti, molti slittamenti, qualche rivoluzione mancata, ma i compiti sono sempre rimasti, emblema del dovere, senza che nessuno osasse toccarli. Ora, dice il ministro dell´Istruzione, è venuto il momento. «Oggi i ragazzi ricevono molti stimoli anche dall´ambiente extrascolastico, e quindi deve cambiare la struttura dei compiti e delle lezioni», ha chiarito Francesco Profumo durante una visita a due istituti di Ancona. «Se oggi si dà una versione di greco o latino, mi racconta mia moglie che è insegnante, quasi sempre la traduzione si trova su internet. C´è anche un sito specializzato, basta inserire tre parole… Insomma, dobbiamo essere più “smart” dei ragazzi». Più furbi. È necessario, dice Profumo, che gli studenti inseguano noi, e non che noi, gli adulti, inseguiamo loro.
Le proposte del ministro prevedono innanzitutto più lavoro di squadra, meno studio solitario, una maggiore possibilità per i ragazzi di cooperare intorno ad un progetto, magari con i loro linguaggi e le nuove tecnologie: «Un po´ più di complessità, un po´ più di connettività, lavoro da fare in parte insieme, in parte ognuno a casa sua, anche con orari più flessibili». La riflessione di Profumo parte dal fatto che gli studenti hanno molte fonti di informazioni, internet, i social network, una mole di notizie in cui però si possono perdere e che invece devono imparare a controllare. Quindi i compiti devono servire a capire come selezionare le informazioni, a discernere il vero dal falso, a navigare sviluppando capacità critiche. «Una parte di compiti ci vuole – sostiene Profumo – perché il fatto di essere impegnati direttamente rende i ragazzi responsabili e li aiuta a maturare». Però ci vorrebbero anche «delle attività un po´ più libere, con una base logica forte, con capacità di sintesi e di analisi, magari lavorando insieme». La ricetta del ministro prevede anche più formazione sui test, per fare in modo che i ragazzi non arrivino alle selezioni per l´università impreparati.
Una formula ancora tutta da mettere a punto. «La verità è che per compiere questa rivoluzione bisogna formare gli insegnanti», spiega Mario Rusconi, vicepresidente dell´Associazione nazionale presidi. «Si potrebbero fare meno compiti a casa se ci fossero più lezioni interattive, ci sono alcuni insegnanti che le fanno, nel mio liceo, il Newton di Roma, ci sono professori che fanno lezione in inglese ma è tutto lasciato alla volontà individuale. Non c´è l´obbligo di aggiornamento e se uno vuole può rimanere sempre con i metodi di quando ha iniziato. È questo il punto da aggredire: la formazione degli insegnanti». Anche i genitori rilanciano e mettono la soluzione nelle mani della scuola. «La scuola esige modalità del secolo scorso, anzi dell´Ottocento, è fuori tempo», dice Mariella Nava, dell´Associazione genitori democratici. «Ma per cambiare deve cambiare la testa degli insegnanti, in questo senso ci deve essere un investimento del governo».
La Repubblica 01.04.12