"Modello tedesco anche per la soglia di applicazione", di Luigi Mariucci
Sembra che nel confronto tra governo e parti sociali si sia aperto uno spiraglio positivo, se è vero che in materia di licenziamenti si sta ragionando su misure ispirate al modello tedesco. È questa la strada giusta, come chi scrive ha più volte proposto in queste pagine, se si vogliono affrontare i problemi reali ed evitare di dar vita a logoranti quanto inutili guerre ideologiche. Intanto va chiarita, una volte per tutte, la questione dei licenziamenti discriminatori: in merito non c’è nulla da cambiare, poiché già oggi i licenziamenti discriminatori sono radicalmente nulli, come è ovvio, e quindi sanzionati con la reintegrazione a prescindere dalle dimensioni d’impresa. Questo vale anche nel caso del licenziamento della collaboratrice domestica. Il punto è che nessuno dirà «ti licenzio perché ho scoperto che sei musulmana!». Vale a dire che la prova della discriminazione (politica, sindacale, di sesso, di religione ecc) è sempre difficile, quasi diabolica. La discriminazione infatti si nasconde dietro atti apparentemente neutri e motivi formalmente diversi, di tipo soggettivo (scarso rendimento, colpe disciplinari ecc.) o oggettivo, come …