Mese: Marzo 2012

“Il valore aggiunto nella scuola: pret à porter?”, di Giancarlo Cerini

Bell’equilibrio quello che si è realizzato a Bologna, al convegno nazionale dell’ANDIS (Associazione nazionale dirigenti scolastici), tenutosi nella prestigiosa “Sala Borsa” – oggi biblioteca multimediale – il 23-24 marzo, con 200 partecipanti attentissimi e molti relatori di qualità, che si sono “misurati” (è proprio il caso di dirlo) con il concetto di “valore aggiunto” e più in generale con il tema della valutazione a scuola. Come auspicava in apertura il sottosegretario all’istruzione Elena Ugolini, lanciando un guanto di sfida agli esperti, “il valore aggiunto non è un algoritmo statistico”. Ma allora che cos’è? E chi è titolato a parlarne? Hanno ragione gli economisti, a reclamare efficacia della spesa pubblica, qualità dei risultati, rapporto costo-benefici, conti alla mano? Sono convincenti i docimologi nel richiedere affidabilità dei dati, indicatori pertinenti, strumentazioni oggettive? E che dire dei giuristi che esigono trasparenza, correttezza degli atti, rendicontazione sociale, responsabilità? Sono forse patetici i pedagogisti a mettere al centro i valori disinteressati della cultura, della relazione educativa, dell’apprendimento, della cittadinanza? La società pretende una valutazione affidabile! E la scuola che cosa …

“Quel bisogno di equità sociale”, di Guido Crainz

Nel momento in cui inizia un´altra fase decisiva per l´articolo 18, è evidente che il suo esito avrà conseguenze sia sul mercato del lavoro che sul profilo del governo guidato da Mario Monti. In primo luogo, a cosa possono aprire realmente la via le modifiche di cui si discute? Superati gli sbarramenti di bandiera, da tempo il confronto è in buona sostanza sulla portata di esse e, quindi, è essenziale un´analisi equilibrata dei possibili scenari. Certo, non siamo negli anni Cinquanta e non sono immaginabili licenziamenti di massa per rappresaglia ma non andrebbero sottovalutati i rischi impliciti nelle parole. I confini fra discriminazioni antisindacali, ragioni disciplinari e motivi economici si sono mostrati talora molto labili, e Sergio Marchionne ci ha ricordato spesso quel personaggio di Lewis Carroll che in Alice nel Paese delle Meraviglie dice: «Quando io uso una parola, questa significa esattamente quello che decido io». Bisogna vedere se lo puoi fare, cerca di obiettare Alice: «Bisogna vedere chi comanda… è tutto qua», le risponde Humpty Dumpty. La limitata applicazione attuale dell´articolo 18, infine, …

"Quel bisogno di equità sociale", di Guido Crainz

Nel momento in cui inizia un´altra fase decisiva per l´articolo 18, è evidente che il suo esito avrà conseguenze sia sul mercato del lavoro che sul profilo del governo guidato da Mario Monti. In primo luogo, a cosa possono aprire realmente la via le modifiche di cui si discute? Superati gli sbarramenti di bandiera, da tempo il confronto è in buona sostanza sulla portata di esse e, quindi, è essenziale un´analisi equilibrata dei possibili scenari. Certo, non siamo negli anni Cinquanta e non sono immaginabili licenziamenti di massa per rappresaglia ma non andrebbero sottovalutati i rischi impliciti nelle parole. I confini fra discriminazioni antisindacali, ragioni disciplinari e motivi economici si sono mostrati talora molto labili, e Sergio Marchionne ci ha ricordato spesso quel personaggio di Lewis Carroll che in Alice nel Paese delle Meraviglie dice: «Quando io uso una parola, questa significa esattamente quello che decido io». Bisogna vedere se lo puoi fare, cerca di obiettare Alice: «Bisogna vedere chi comanda… è tutto qua», le risponde Humpty Dumpty. La limitata applicazione attuale dell´articolo 18, infine, …

“Quel bisogno di equità sociale”, di Guido Crainz

Nel momento in cui inizia un´altra fase decisiva per l´articolo 18, è evidente che il suo esito avrà conseguenze sia sul mercato del lavoro che sul profilo del governo guidato da Mario Monti. In primo luogo, a cosa possono aprire realmente la via le modifiche di cui si discute? Superati gli sbarramenti di bandiera, da tempo il confronto è in buona sostanza sulla portata di esse e, quindi, è essenziale un´analisi equilibrata dei possibili scenari. Certo, non siamo negli anni Cinquanta e non sono immaginabili licenziamenti di massa per rappresaglia ma non andrebbero sottovalutati i rischi impliciti nelle parole. I confini fra discriminazioni antisindacali, ragioni disciplinari e motivi economici si sono mostrati talora molto labili, e Sergio Marchionne ci ha ricordato spesso quel personaggio di Lewis Carroll che in Alice nel Paese delle Meraviglie dice: «Quando io uso una parola, questa significa esattamente quello che decido io». Bisogna vedere se lo puoi fare, cerca di obiettare Alice: «Bisogna vedere chi comanda… è tutto qua», le risponde Humpty Dumpty. La limitata applicazione attuale dell´articolo 18, infine, …

“Tabucchi, tra amore e disincanto acerrimo amico della vita”, di Ernesto Ferrero

Nel 1970 fa il suo ingresso in Via Biancamano un giovane non ancora trentenne che può vantare una presentazione della grande Luciana Stegagno Picchio, sua maestra di letteratura portoghese a Pisa. Occhiali tondi, un accenno di calvizie, timido e rispettoso, ma fermo, convinto. Propone nientemeno che una antologia di poeti surrealisti portoghesi, quando la stella di Fernando Pessoa doveva ancora sorgere all’orizzonte (proprio per mano sua), José Saramago era alle prime prove e del Portogallo si sapeva soltanto che gemeva sotto la dittatura di Salazar. Oggi che il marketing ha surrogato le direzioni editoriali gli avrebbero riso in faccia. Da Einaudi lo inseriscono tra i primi numeri di una collana di punta, «Letteratura», che incrociava generi e discipline, tra Mandel’stam, Il Fotodinamismo Futurista di Bragaglia, Céline, Fausto Melotti e Cortázar. Ci avrebbe messo ancora dieci anni a diventare Antonio Tabucchi, il giovane studioso di Vecchiano che aveva trovato la sua vera patria a Lisbona, quel teatrino vecchiotto e un po’ fané di sogni, fantasmi, ombre, apparizioni, ambiguità, in cui si aggirava con il lieto stupore …

“Tabucchi, tra amore e disincanto acerrimo amico della vita”, di Ernesto Ferrero

Nel 1970 fa il suo ingresso in Via Biancamano un giovane non ancora trentenne che può vantare una presentazione della grande Luciana Stegagno Picchio, sua maestra di letteratura portoghese a Pisa. Occhiali tondi, un accenno di calvizie, timido e rispettoso, ma fermo, convinto. Propone nientemeno che una antologia di poeti surrealisti portoghesi, quando la stella di Fernando Pessoa doveva ancora sorgere all’orizzonte (proprio per mano sua), José Saramago era alle prime prove e del Portogallo si sapeva soltanto che gemeva sotto la dittatura di Salazar. Oggi che il marketing ha surrogato le direzioni editoriali gli avrebbero riso in faccia. Da Einaudi lo inseriscono tra i primi numeri di una collana di punta, «Letteratura», che incrociava generi e discipline, tra Mandel’stam, Il Fotodinamismo Futurista di Bragaglia, Céline, Fausto Melotti e Cortázar. Ci avrebbe messo ancora dieci anni a diventare Antonio Tabucchi, il giovane studioso di Vecchiano che aveva trovato la sua vera patria a Lisbona, quel teatrino vecchiotto e un po’ fané di sogni, fantasmi, ombre, apparizioni, ambiguità, in cui si aggirava con il lieto stupore …

"Tabucchi, tra amore e disincanto acerrimo amico della vita", di Ernesto Ferrero

Nel 1970 fa il suo ingresso in Via Biancamano un giovane non ancora trentenne che può vantare una presentazione della grande Luciana Stegagno Picchio, sua maestra di letteratura portoghese a Pisa. Occhiali tondi, un accenno di calvizie, timido e rispettoso, ma fermo, convinto. Propone nientemeno che una antologia di poeti surrealisti portoghesi, quando la stella di Fernando Pessoa doveva ancora sorgere all’orizzonte (proprio per mano sua), José Saramago era alle prime prove e del Portogallo si sapeva soltanto che gemeva sotto la dittatura di Salazar. Oggi che il marketing ha surrogato le direzioni editoriali gli avrebbero riso in faccia. Da Einaudi lo inseriscono tra i primi numeri di una collana di punta, «Letteratura», che incrociava generi e discipline, tra Mandel’stam, Il Fotodinamismo Futurista di Bragaglia, Céline, Fausto Melotti e Cortázar. Ci avrebbe messo ancora dieci anni a diventare Antonio Tabucchi, il giovane studioso di Vecchiano che aveva trovato la sua vera patria a Lisbona, quel teatrino vecchiotto e un po’ fané di sogni, fantasmi, ombre, apparizioni, ambiguità, in cui si aggirava con il lieto stupore …