Pdl coi mesi contati, rispunta Berlusconi
Il partito è nel caos, Alfano non lo tiene e il Cavaliere torna in pista: da liquidatore
A volte ritornano. Anche se alla favola di Berlusconi che s’era ritirato non ha mai creduto nessuno. Martedì il vecchio leader tornerà sulla scena politica: presiederà l’ufficio di presidenza del Pdl, che – per oculata scelta – non riuniva più da quattro mesi. Ci andrà davvero, Berlusconi, o all’ultimo minuto tirerà il bidone ai rissosi notabili di un partito che non sopporta più, evitando così di mettere la faccia sulle loro risse e sulla batosta elettorale in arrivo, in una campagna in cui il Cavaliere non avrebbe mai voluto liste del Pdl e per la quale, perciò, non ha inteso sganciare un euro? Nessuno lo sa.
Una cosa però al Pdl l’hanno capita da tempo. E cioè che a Berlusconi piacciono assai certi toni caustici sfuggiti a Monti nei confronti dei partiti: il che, tradotto brutalmente per i notabili pidiellini, significa contezza che Berlusconi, in un modo o nell’altro, intende sbarazzarsi del contenitore Pdl con tutto l’apparato di suoi polverosi miracolati, che considera una vecchia zavorra incurabilmente affetta dai peggiori mali partitocratici, per inventarsi qualcosa di nuovo ed entrare, lui, da protagonista nell’era della Terza repubblica che s’avvicina.
Difficilmente glielo dirà in faccia martedì a palazzo Grazioli, Berlusconi. Se davvero presiederà il parlamentino dei capibastone del Pdl sarà solo per rimetterli in riga nel tempo che resta loro, ordinando di abbassare i toni e di non fare confusione dietro il governo Monti. Per tutto il resto – sul futuro del partito-Pdl – menerà il can per l’aia.
Del resto, dare un’avvitata ai bulloni della macchina-Pdl il cui percorso è totalmente divaricato rispetto al percorso di azzeramento sognato dal Cavaliere è necessario e urgente. Dopo la pessima performance sulle liberalizzazioni all’articolo 18, alla giustizia, alla legge elettorale la bomba a grappolo del Pdl è esplosa e a Berlusconi, da quattro mesi nell’ombra, tocca tornare in campo. L’escalation della frammentazione interna, dal momento in cui il Cavaliere ha gettato la spugna a novembre, non s’è mai arrestata. Il disordine interno e l’insofferenza per la coabitazione con Pd e Terzo polo sotto il governo Monti sono cresciuti fino a tracimare, sconfinando nell’aperta ribellione e delegittimazione di Alfano, di cui la telefonata di Cicchitto a Monti per trattare questioni di giustizia, scavalcando il segretario, è solo la punta dell’iceberg.
A non votare i provvedimenti del governo sono, ormai, una quarantina di deputati Pdl. Alfano non riesce più a reggere il partito, tra scontri di ex An ed ex forzisti, liti tra cacicchi ai congressi, tessere sospette. Ovunque fioriscono sigle di ex azzurri: dopo Forza Lecco, Forza Verona, Forza Veneto è in arrivo Forza Toscana. Caos in periferia ma anche al vertice di schegge fuori controllo ex-forziste, dai Martino ai Brunetta fino, sulla giustizia, a Cicchitto. Ma sono soprattutto gli ex An ad alimentare le tensioni nel Pdl e attorno a Monti, ora difendendo tassisti e farmacisti, ora cercando la rissa col Pd sull’articolo 18, ora puntando i piedi sulla legge elettorale.
Ieri Storace, da destra, ne ha indicati una manciata per nome: «Matteoli, Meloni, Rampelli e chissà se è vero che anche La Russa fa resistenza». Ignazio, ovviamente, smentisce. Ma è un segreto di Pulcinella che dietro l’ultima delle rivolte degli ex An si nasconda il nodo della soglia di sbarramento. Più bassa sarà, più gli consentirà di sganciarsi nel 2013 e di rifare una “An de’ noantri” se Berlusconi decidesse di annegare il Pdl in una più vasta area a prevalenza ex-dc e liberal, con innesti provenienti dall’esperienza del governo Monti. Mentre lo scajoliano ex prefetto Raffaele Lauro già propone: «Fornero al Quirinale».
da Europa Quotidiano 30.03.12