Giorno: 26 Marzo 2012

“L’Italia che non ha imparato nulla da un secolo e mezzo di terremoti”, di Gian Antonio Stella

«Hiiii! Volete portare jella?» Così rispondono gli abusivi ad Aldo De Chiara, se il magistrato che combatte gli obbrobri edilizi di Ischia ricorda loro il terremoto catastrofico del 1883. Ma è l’Italia tutta che non vuole sapere, non vuole ricordare, non vuole affrontare il tema. Pur avendo avuto in media, dall’Unità ad oggi, almeno 1333 morti l’anno sotto le macerie dei disastri sismici. Sei volte i morti dell’Aquila. Lo documenta il libro di due studiosi, Emanuela Guidoboni e Gianluca Valensise, «Il peso economico e sociale dei disastri sismici in Italia negli ultimi 150 anni», un volumone di 551 pagine edito da Bonomia University. Racconta che dal 1861 ad oggi nel nostro Paese, tra i più martoriati, ci sono stati 34 terremoti molto forti più 86 minori. Anzi, il regno italiano si trovò subito in carico le rovine di altre catastrofi appena accadute nei territori che erano stati pontifici e napoletani: del 1851 e poi del 1857 in Basilicata, del 1853 in Campania, del 1859 in Val Nerina. E come scrivono gli autori, in quel Mezzogiorno …

“L’Italia che non ha imparato nulla da un secolo e mezzo di terremoti”, di Gian Antonio Stella

«Hiiii! Volete portare jella?» Così rispondono gli abusivi ad Aldo De Chiara, se il magistrato che combatte gli obbrobri edilizi di Ischia ricorda loro il terremoto catastrofico del 1883. Ma è l’Italia tutta che non vuole sapere, non vuole ricordare, non vuole affrontare il tema. Pur avendo avuto in media, dall’Unità ad oggi, almeno 1333 morti l’anno sotto le macerie dei disastri sismici. Sei volte i morti dell’Aquila. Lo documenta il libro di due studiosi, Emanuela Guidoboni e Gianluca Valensise, «Il peso economico e sociale dei disastri sismici in Italia negli ultimi 150 anni», un volumone di 551 pagine edito da Bonomia University. Racconta che dal 1861 ad oggi nel nostro Paese, tra i più martoriati, ci sono stati 34 terremoti molto forti più 86 minori. Anzi, il regno italiano si trovò subito in carico le rovine di altre catastrofi appena accadute nei territori che erano stati pontifici e napoletani: del 1851 e poi del 1857 in Basilicata, del 1853 in Campania, del 1859 in Val Nerina. E come scrivono gli autori, in quel Mezzogiorno …

Lavoro, Pd all’attacco Bindi: «Dobbiamo scendere in piazza», di Maria Zegarelli

Oggi la direzione Pd. Bersani rivendicherà i primi risultati sull’articolo 18 e rilancerà l’alternativa per il 2013 Bindi: «Il partito dovrebbe fare manifestazioni per il lavoro». D’Alema: «La riforma va migliorata». Il Pd sulla modifica dell’articolo 18 non arretrerà di un passo: partirà da qui la relazione del segretario Pier Luigi Bersani in apertura dei lavori della direzione nazionale convocata per stamattina. «La nostra posizione, che solo una settimana veniva descritta come isolata, oggi è condivisa non soltanto dalle parti sociali, ma dalla stessa Cei e da gran parte del Paese», ha detto anche ieri il segretario ai suoi collaboratori, mentre limava il discorso. E questo è un successo sul quale il segretario non intende affatto sorvolare: «C’era chi prevedeva scissioni e spaccature del nostro partito proprio sull’articolo 18, e invece non solo non è accaduto, ma siamo riusciti a riaprire una partita che sembrava chiusa perché noi sappiamo di cosa si parla quando si discute di lavoro, in Parlamento ci sono le nostre proposte di riforma del mercato del lavoro». E se Bersani conferma …

"Il nodo dell’articolo 18. Scegliere il modello Usa o quello tedesco", di Paolo Buttaroni

Forse è un segno dei tempi che un governo «tecnico» disegni una riforma quella del mercato del lavoro che più politica non si può. E le implicazioni sociali ed economiche non hanno certo contorni vaghi e indefiniti; gli indirizzi del presidente del Consiglio sono precisi: nel breve, medio e lungo periodo. Piaccia o no, è così. E dopo gli anni della convivenza del tutto con il suo contrario, degli annunci, dei rinvii e delle riforme di cui si è persa traccia, il merito della chiarezza va riconosciuto. È evidente, però, il cambio di registro degli ultimi mesi. Il mandato conferito a Monti era di affrontare l’emergenza economica nel segno della massima unità possibile. Regole d’ingaggio non scritte, che avevano consegnato a Mario Monti la maggioranza più ampia della storia della Repubblica. Un conferimento che, nella sua impostazione iniziale, suggeriva cautela nell’affrontare alcune questioni politiche ad alto rischio di generare turbolenze e instabilità. Il presidente del Consiglio pur dalle prese con una maggioranza innaturale ha scelto, invece, di lanciare una sfida che costringe le forze di …

“Il nodo dell’articolo 18. Scegliere il modello Usa o quello tedesco”, di Paolo Buttaroni

Forse è un segno dei tempi che un governo «tecnico» disegni una riforma quella del mercato del lavoro che più politica non si può. E le implicazioni sociali ed economiche non hanno certo contorni vaghi e indefiniti; gli indirizzi del presidente del Consiglio sono precisi: nel breve, medio e lungo periodo. Piaccia o no, è così. E dopo gli anni della convivenza del tutto con il suo contrario, degli annunci, dei rinvii e delle riforme di cui si è persa traccia, il merito della chiarezza va riconosciuto. È evidente, però, il cambio di registro degli ultimi mesi. Il mandato conferito a Monti era di affrontare l’emergenza economica nel segno della massima unità possibile. Regole d’ingaggio non scritte, che avevano consegnato a Mario Monti la maggioranza più ampia della storia della Repubblica. Un conferimento che, nella sua impostazione iniziale, suggeriva cautela nell’affrontare alcune questioni politiche ad alto rischio di generare turbolenze e instabilità. Il presidente del Consiglio pur dalle prese con una maggioranza innaturale ha scelto, invece, di lanciare una sfida che costringe le forze di …

“Il nodo dell’articolo 18. Scegliere il modello Usa o quello tedesco”, di Paolo Buttaroni

Forse è un segno dei tempi che un governo «tecnico» disegni una riforma quella del mercato del lavoro che più politica non si può. E le implicazioni sociali ed economiche non hanno certo contorni vaghi e indefiniti; gli indirizzi del presidente del Consiglio sono precisi: nel breve, medio e lungo periodo. Piaccia o no, è così. E dopo gli anni della convivenza del tutto con il suo contrario, degli annunci, dei rinvii e delle riforme di cui si è persa traccia, il merito della chiarezza va riconosciuto. È evidente, però, il cambio di registro degli ultimi mesi. Il mandato conferito a Monti era di affrontare l’emergenza economica nel segno della massima unità possibile. Regole d’ingaggio non scritte, che avevano consegnato a Mario Monti la maggioranza più ampia della storia della Repubblica. Un conferimento che, nella sua impostazione iniziale, suggeriva cautela nell’affrontare alcune questioni politiche ad alto rischio di generare turbolenze e instabilità. Il presidente del Consiglio pur dalle prese con una maggioranza innaturale ha scelto, invece, di lanciare una sfida che costringe le forze di …

“Il valore aggiunto nella scuola: pret à porter?”, di Giancarlo Cerini

Bell’equilibrio quello che si è realizzato a Bologna, al convegno nazionale dell’ANDIS (Associazione nazionale dirigenti scolastici), tenutosi nella prestigiosa “Sala Borsa” – oggi biblioteca multimediale – il 23-24 marzo, con 200 partecipanti attentissimi e molti relatori di qualità, che si sono “misurati” (è proprio il caso di dirlo) con il concetto di “valore aggiunto” e più in generale con il tema della valutazione a scuola. Come auspicava in apertura il sottosegretario all’istruzione Elena Ugolini, lanciando un guanto di sfida agli esperti, “il valore aggiunto non è un algoritmo statistico”. Ma allora che cos’è? E chi è titolato a parlarne? Hanno ragione gli economisti, a reclamare efficacia della spesa pubblica, qualità dei risultati, rapporto costo-benefici, conti alla mano? Sono convincenti i docimologi nel richiedere affidabilità dei dati, indicatori pertinenti, strumentazioni oggettive? E che dire dei giuristi che esigono trasparenza, correttezza degli atti, rendicontazione sociale, responsabilità? Sono forse patetici i pedagogisti a mettere al centro i valori disinteressati della cultura, della relazione educativa, dell’apprendimento, della cittadinanza? La società pretende una valutazione affidabile! E la scuola che cosa …