Stop di Canzio al dl su cui è stata posta la fiducia. Ed è tensione tra Giarda e Fini. Pena la decadenza, il decreto liberalizzazioni dovrà essere convertito in legge entro sabato prossimo. Eppure lungo il percorso, spesso ad ostacoli, del provvedimento che è riuscito a sfuggire alle pressioni delle lobby fuori e dentro il parlamento, è scoppiata un’altra mina. L’ultima, ma non meno pericolosa. Ad accendere il detonatore è stata la Ragioneria generale dello stato che ha sollevato dubbi su alcune coperture relative all’istituto delle compensazioni per il pagamento dei debiti della Pa e delle permute di immobili.
Dubbi che non sono bastati a fermare l’iter del provvedimento, non solo voluto fermamente dal premier Monti, ma anche promosso dalla commissione bilancio della camera e sul quale il ministro per i rapporti con il parlamento, Piero Giarda, ha posto in aula la questione di fiducia. La dodicesima dell’esecutivo Monti «sul testo uscito dalle commissioni della camera»; «identico a quello approvato al senato», ha tenuto a precisare Giarda sottolineando indirettamente che i dubbi della Ragioneria sono arrivati a scoppio ritardato. A stigmatizzare il rammarico per «l’insensibilità del governo» di fronte alle richieste dell’opposizione di un chiarimento a proposito della relazione della Ragioneria, è stato il presidente della camera Gianfranco Fini intervenuto subito dopo che l’aula aveva respinto la richiesta dell’Idv di rinviare il decreto in commissione.
Lapidaria la risposta di Giarda che ha preso atto delle parole pronunciate da Fini. Ma che la questione non sia finita qui lo si capisce a metà pomeriggio quando la conferenza dei capigruppi stabilisce che sarà la giunta per il regolamento della camera ad occuparsi del nodo delle coperture, tanto che Giarda ha rimesso la palla nelle mani del ministero dell’Economia cui spetta l’ultima parola. E che la questione sia tutta interna al ministero dell’economia non c’è dubbio, tanto più che è la seconda volta dall’inizio dell’anno che Mario Canzio, ragioniere generale dello stato, incrocia le armi con il premier.
Lo stesso Monti sia in commissione in senato che alla camera ha chiesto ai parlamentari di approvare il provvedimento nell’attuale formulazione. Come era accaduto già all’inizio di febbraio quando la Ragioneria aveva imposto un secondo passaggio in consiglio dei ministri al decreto semplificazioni, per una parziale riscrittura delle norme già approvate dal governo, Canzio ha atteso l’ultim’ora per far deflagare la bomba. Se infatti nelle battute conclusive del senato la Ragioneria aveva evidenziato queste criticità, apparse ai senatori della maggioranza più strumentali che effettive, il provvedimento ha ricevuto comunque la bollinatura della Ragioneria che, alla camera, ha preferito instillare dubbi.
Un secondo avvertimento al premier, quello inviato da Canzio che, già nel 2007, è stato protagonista di un duro scontro con l’allora ministro Tommaso Padoa Schioppa sui ticket sanitari la cui abolizione, a suo dire, non aveva copertura finanziaria. D’altra parte, a via Venti Settembre c’è la stessa compagnia di giro delle passate stagioni, da Canzio a Vincenzo Fortunato allo stesso Vincenzo Grilli, l’unico impeccabile nei primi cento giorni del governo Monti.
Di qui la necessità di mettere ordine tanto più che nella maggioranza si avverte il disagio per le evidenti tensioni tra Ragioneria e ministero. A farne le spese è il parlamento. Per il capogruppo Pd in commissione Bilancio, Pier Paolo Baretta, il nodo va sciolto e in fretta tanto più che «non è in discussione il nostro sostegno al governo», ma c’è necessità di mettere ordine: «È matura la nomina di un ministro dell’economia».
da Europa Quotidiano 21.03.12