Con le battute di ieri Elsa Fornero dimostra di aver perduto la sobrietà che Monti voleva fosse la cifra del suo governo. Con le offese però non si fanno accordi, semmai si alimentano tensioni. Quelle frasi infelici sono il segno di una difficoltà politica e tradiscono un nervosismo che un ministro dovrebbe saper controllare. La politica è capacità di mediazione e ostinata ricerca delle soluzioni. La sensazione diffusa invece è che siamo finiti in una empasse. Eppure l’accordo con sindacati e imprese è indispensabile. Ed è anche possibile. Senza di esso non solo non ci sarà decisione che tenga,ma il «patto sociale,» che resta l’unica chiave per la ricostruzione, può subire un colpo pesante. Alcuni elementi, per fortuna, dimostrano che la porta non è chiusa. Ma occorrono chiare scelte di merito e di stile che consentano di spalancarla. Se infatti è positivo prevedere una tassazione maggiore per i contratti a termine, tuttavia il piano Fornero presenta fragilità che rischiano di aumentare il disagio sociale. Bisogna sapere che ci sono lavoratori che, senza più la «mobilità », resteranno privi di sostegno e di pensione. Che la protezione sociale non può essere preclusa ai giovani finiti nel labirinto di Cococo e Cocopro. E che per i nuovi ammortizzatori servono molte risorse. La migliore tecnica per salvare la trattativa, quindi, è abbandonare sia le visioni ideologiche che i toni sprezzanti. Sulla vita e sui diritti delle persone non si può giocare a braccio di ferro. Anche perché alla fine della disputa non vincerebbe nessuno.
L’Unità 14.03.12
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Lavoro, Fornero sfida i sindacati “Senza sì, niente paccata di miliardi”, di VALENTINA CONTE
Il governo non è disposto a mettere una «paccata di miliardi» per finanziare gli ammortizzatori sociali, se i sindacati opporranno un “no” alla riforma del lavoro nel suo complesso. Si inaspriscono i toni del confronto ed è scontro aperto tra il ministro del Lavoro e le parti sociali. «Vecchi atteggiamenti di pressione per ottenere quello che si vuole. Di quali risorse parliamo, visto che la cifra non è mai stata indicata?», reagisce Camusso (Cgil). «Il governo deve stare attento perché, dopo la vicenda delle pensioni, il tavolo può saltare», rincara Bonanni (Cisl). «Il problema sta tutto nella volontà del governo di mettere a disposizione le risorse necessarie», puntualizza Angeletti (Uil). Ma la Fornero insiste: «Risulterebbe molto difficile capire il no dei sindacati» a una riforma «buona». «Confido nell´accordo e lavoro per questo», rilancia. Ma intanto artigiani e commercianti minacciano di non firmare, «se non ci saranno modifiche sostanziali», dice Marco Venturi, presidente di Rete Imprese Italia, perché «l´aggravio dei costi è inaccettabile» (l´aumento dei contributi a carico anche delle piccole imprese per finanziare il nuovo ammortizzatore, l´Aspi).
Accordo in salita, dunque. Il ministro rimarca la linea del governo di chiudere «molto in fretta» (entro 10 giorni), di «smantellare» protezioni e «privilegi», di prevedere «maggiore facilità in entrata e in uscita». Poi sfida i sindacati. «È chiaro che se c´è un accordo, io mi impegno a trovare risorse più adeguate e a fare in modo che il meccanismo degli ammortizzatori funzioni bene», premette la Fornero. Ma «se uno comincia con il dire no, perché dovremmo mettere lì una paccata di miliardi e poi dire: voi diteci di sì? No, non si fa così». Prima l´accordo, poi i soldi, sembra intendere il ministro, piuttosto risentita: «Mi sono impegnata a non togliere le risorse dall´assistenza. Avrei voluto sentire una piccola parola di apprezzamento. Neanche mezza». Posizioni che scatenano una bufera politica. «Nessuno mi ha riferito di aver visto una “paccata di miliardi”. Forse si sono dimenticati di dirmelo», ironizza Bersani (Pd). «La battuta del ministro è grossolana e offende in maniera pesante i lavoratori che pagano la crisi», incalza Di Pietro (Ivd).
La Repubblica 14.03.12
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Lavoro, Fornero sfida i sindacati:”Senza sì niente paccata di miliardi Stop ai privilegi e uscite più facili”, di Roberto Giovannini
È scontro aperto sulla riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali. Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, conferma i tempi, rimarca la linea del governo di andare avanti e chiudere «molto in fretta», di smantellare i «privilegi» prevedendo «più facilità in uscita», e sfida il «sindacato italiano»: «È chiaro che se uno comincia a dire no, perchè dovremmo mettere una paccata di miliardi e dire ’poi voi ci dite di sì? Non si fa così».
Replica, ironizzando, il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani: «Non ero al tavolo» con il governo, «però nessuno mi ha riferito di aver visto una paccata di miliardi. Forse si sono dimenticati di dirmelo». Del resto è lo stesso vice-ministro per l’Economia, Vittorio Grilli a spiegare che «non c’è alcun tesoretto» e «le risorse sono scarse» ma che la riforma è essenziale per la competitività. La riforma – dice anche la Fornero – è «buona» e per questo il ministro dice che le «risulterebbe molto difficile capire il no» dei sindacati.
Ma i sindacati, questa volta anche la Cisl, e le imprese, a partire dalle piccole, ribattono e avvertono: o si cambia o salta il tavolo. Mentre la Cgil respinge «le pressioni»: sarà il merito – replica – a decidere.
Il nodo, ora, prima ancora dell’articolo 18 è il nuovo sistema di ammortizzatori sul tavolo della trattativa, che anticipa lo stop alla mobilità riducendone la durata (a 12-18 mesi dal massimo di 36-48 mesi oggi), e che alle organizzazioni sindacali non piace perchè – dicono – non allarga la platea e rischia di lasciare per strada molti lavoratori per l’effetto combinato con l’innalzamento dell’età di pensione. Alle imprese, quelle piccole, non piace perchè ne aumenta i costi, con l’aggravio sui contributi; alle grandi perchè devono fare i conti con le ristrutturazioni aziendali.
La strada è stretta. La tensione è alta. Se il governo non modifica la proposta sulla mobilità il tavolo salta, «deve stare attento», è il messaggio che manda a chiare lettere il leader della Cisl, Raffaele Bonanni: e, aggiunge, «il governo si prende la responsabilità di una rottura sociale che noi non vogliamo». Per il leader della Cgil, Susanna Camusso, «siamo di nuovo di fronte», dopo le pensioni, «a una riforma che non allarga le tutele a tutti ma anzi riduce quelle esistenti. Se non ci saranno le risposte e le risorse decideremo cosa fare». Per il numero uno della Uil, Luigi Angeletti, «si può arrivare a una conclusione. Il problema sta tutto nella volontà del Governo di mettere a disposizione le risorse necessarie, così come accade negli altri Paesi europei».
Di traverso gli artigiani e i commercianti: «L’aggravio di costi previsto dalla riforma del lavoro presentata dal governo è inaccettabile. Se non ci saranno modifiche sostanziali, non firmeremo l’accordo», è la linea dura indicata dal presidente di Rete Imprese Italia, Marco Venturi.
Ma il ministro insiste sulla bontà della riforma che si basa sui principi dell’ «inclusione e universalità»: «Confido nell’accordo e lavoro per questo», assicura. E sulle risorse, ripete: «Mi sono impegnata a che non vengano tolte dall’assistenza. Mi sembra sia un buon impegno. Avrei voluto sentire una piccola parola di apprezzamento». In un mercato del lavoro dinamico «c’è maggiore facilità di entrata e un pò più di facilità di uscita». Perchè la parola chiave è «inclusione invece di segmentazione», e questo «significa smantellare le protezioni che si sono costituite, che spesso sono state motivate da buoni principi ma che hanno implicazioni di conservatorismo molto forte fino alla difesa dei privilegi». L’articolo 18 è sul tavolo.
La Stampa 14.03.12