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Bersani resta ottimista “L’accordo è possibile”, di Carlo Bertini

Sembrerà paradossale, ma anche dopo la gelata nel Pd prevale l’ottimismo, le tensioni che scuotono il tavolo di trattative non fanno tremare un partito dove prevale la cauta fiducia che alla fine si arriverà comunque ad un accordo.
Sulla riforma del lavoro, Bersani è più tranquillo perché una modifica «light» dell’articolo 18 potrebbe anche essere rivendicata come un successo politico: se passasse infatti l’opzione alla tedesca di consentire la mobilità per ragioni economiche dando l’ultima parola a un giudice che fissi un indennizzo per il lavoratore, al Pd non andrebbe poi così male. Altra cosa è la posizione della Cgil che non dovrebbe condizionare più di tanto l’atteggiamento in Parlamento, perché il segretario del Pd è intenzionato a non far mancare il sostegno al governo Monti. Tra i leader che contano, c’è infatti chi non esclude a bassa voce l’ipotesi di «disaccordi concordati tra i sindacati»: e cioé che le parti sociali dopo una strenua battaglia, firmino insieme i capitoli di una complessa riforma (che porterà novità storiche come il reddito di disoccupazione) ; senza però una benedizione della Cgil alla parte che modifica l’articolo 18. In un quadro del genere, anche se nel Pd c’è chi in caso di strappo della Camusso vorrebbe contrapporre un veto sul lavoro ai veti del Pdl su Rai e Giustizia, alla fine prevarrà la linea soft per non sfasciare tutto. Governo e partito compreso. Perché si può star certi che i deputati più vicini a Letta, Veltroni, Gentiloni, Fioroni, e forse anche a Franceschini, non farebbero mancare il proprio sì al momento clou: e la conta dei favorevoli e contrari potrebbe minare le fondamenta del Pd.
Il segretario non solo ne è consapevole, ma confida che Monti non metterà a rischio la tenuta del governo e per questo ha deciso di trovare le risorse da mettere sul tavolo. Non a caso i messaggi che lancia Bersani sono più da moral suasion che da ultimatum. Presentando insieme a Vendola il libro di Federico Rampini sulla sinistra, il leader Pd mostra di essere in piena competizione elettorale con alleati che crescono nei sondaggi: «Non c’è cittadinanza piena senza dignità del lavoro», comincia volando alto. Per poi planare sul cuore del problema: «e sull’articolo 18? », gli chiede una voce dalla platea. «Pensi che lo voglia tradire? E’ un concetto anti-discriminazione e mi fermo qui», replica Bersani. «Chi lo vuole mettere al centro vuole lanciare un solo messaggio: risolviamo i problemi del lavoro con la deregolamentazione. No, la strada è una nuova regolazione che eviti l’eccesso di precarizzazione, sistemi di ammortizzatori universalistici, per cui servono le risorse, perché le nozze coi fichi secchi non si fanno».
Ecco, casomai il cruccio di Bersani sta soprattutto lì, sull’entità delle risorse che scarseggiano rispetto alla bisogna. Ma poi per tenersi stretto l’alleato al suo fianco, Bersani precisa che «come dice Nichi, questa recessione è pesante, pesante: cinque punti in meno di produzione industriale non sono noccioline». E riprendendo un termine usato dalla Camusso, prima chiarisce di volere un accordo condiviso da tutti e poi ammonisce: «E non scherziamo nel voler dare uno scalpo ai mercati per tranquillizzarli».
Insomma, l’affiatamento con Vendola è voluto; e palpabile quando il leader di Sel spiega che «non sono entrati in crisi i rapporti col Pd, anche se sostiene il governo Monti, perché si è capito che ha fatto una scelta dettata da generosità. Siamo divisi in questa stagione cheio spero breve». Ma dopo aver detto che una manutenzione all’articolo 18 si può fare solo sul taglio dei tempi delle cause per lavoro, Vendola lancia un’anatema che desta interrogativi sulla tenuta dell’alleanza di Vasto se la riforma del lavoro prendesse una brutta piega: «Un accordo senza la Cgil sarebbe gravissimo».

La Stampa 13.03.12

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“Nuovo welfare, Fornero accelera. Ma Camusso: un passo indietro”, di Massimo Franchi

Una brusca accelerata, ma ancora con l’incognita risorse. Dopo più di un mese di vera e propria melina, Elsa Fornero dà un vero aut aut alle parti sociali sui tempi (“entro il 23 marzo dobbiamo chiudere per gli impegni di Monti in Asia”) e sul merito, svelando finalmente le sue carte sui nuovi ammortizzatori sociali e anticipandone l’applicazione (partenza già nel 2013, a regime nel 2015 e non nel 2017).

DUEMILIARDI Il tutto però ammettendo candidamente che i due miliardi promessi non ci sono ancora: «Non sono in grado di dirvi dove saranno trovate le risorse, il governo (il viceministro Grilli, ndr) è impegnato a ricercarle».E a poco vale anche la rassicurazione seguente: «Sicuramente le risorse non saranno sottratte ai capitoli che riguardano il welfare». Il coniglio fatto uscire dal cappello a cilindro dalla ministra del Welfare ha un nome accattivante: Assicurazione sociale per l’impiego. Per Fornero la già ribattezzata Aspi «sarà la base per la riforma degli ammortizzatori, sarà una forma di tutela e di sostegno al reimpiego del lavoratore». Andrà a sostituire tutte le form eattuali di assistenza ai lavoratori che esulano la cassa integrazione: mobilità, incentivi alla mobilità, indennità di disoccupazione, contributo per i cocopro. Si applicherà a tutti i lavoratori dipendenti (privati e pubblici) con contratto non a tempo indeterminato. Avrà durata di 12 mesi, allungati a 15 per gli over 55enni. Per Pierluigi Bersani «servono ammortizzatori sociali più universalistici »,ma la rete dei giovani Cgil «Non più disposti a tutto» boccia i requisiti per poter usufruire dell’Aspi: «Due anni di anzianità assicurativa e almeno 52 settimane di lavoro nell’ultimo biennio? Alla faccia dell’inclusione! ».

L’ASSEGNO Anche sull’entità dell’assegno è difficile dare giudizi. Fornero ha parlato di un massimo di 1.118 euro con un abbattimento del 15 per cento per i primi sei mesi e di un ulteriore 15%dopo altri sei mesi. Fornero ha invece confermato la Cassa integrazione straordinaria, ma eliminando la causale per «cessazione attività », oggi utilizzata da migliaia e migliaia di lavoratori per aziende che stanno chiudendo senza che esistano possibilità di re-industrializzazione. Sul capitolo contratti in ingresso, Fornero ha confermato l’intenzione di ridurre il numero delle 46 tipologie contrattuali, aumentando il costo dei contratti a termine e combattendo l’uso distorto delle partite Iva per lavoratori limpidamente subordinati. Ma ha fatto marcia indietro sulla cancellazione di molte forme, prima fra tutte il contratto in compartecipazione. Cisl e Uil hanno ribadito che non sono disposte a firmare un accordo che escluda la Cgil, ma le differenze di posizione ieri sono emerse. Ad eccezione della critica, comune a Confindustria, alla sparizione della mobilità e all’accelerazione eccessiva della transizione, gli accenti sono stati diversi. Per Emma Marcegaglia «il giudizio è positivo, ma sugli ammortizzatori la riduzione del periodo di transizione pone un problema e noi abbiamo chiesto che torni indietro». Per Susannna Camusso c’è stato «un passo indietro perché con questo schema ci sarà una riduzione delle coperture dal punto di vista della durata. In più l’obiettivo dell’universalità non è perseguito: non ci sarà nessun lavoratore in più, partite Iva e collaborativi in primis, chi è scoperto oggi lo sarà anche domani. Non vorremmo essere perfidi ma temiamo che si stiano solamente rimodulando le coperture attuali. Bisogna poi che la transizione tenga conto della crisi». Sulla stessa posizione Giovanni Centrella (Ugl): «Pronti allo sforzo, manon si possono ridurre tutele lavoratori in crisi, in molte cose siamo arretrati».

PREOCCUPAZIONE CISL Raffaele Bonanni giudica «interessante la forma di ingresso al mondo del lavoro basato sull’apprendistato, siamo invece preoccupati per la sparizione della mobilità che in periodi di crisi rischia di produrre una vera ecatombe sociale». Per il leader Uil Luigi Angeletti «la maggiore velocità del periodo di transizione questo produce problemi di costi, ma la possibilità di chiudere l’accordo entro la prossima settimana c’è». L’accelerazione imposta dalla ministra Fornero produrrà una settimana fitta di incontri bilaterali per arrivare al nuovo appuntamento fissato probabilmente per lunedì a palazzo Chigi, alla presenza del premier Mario Monti. Per quella data Fornero avrà già incontrato singolarmente tutti i leader politici e sindacali a partire da oggi. L’argomento è quello più difficile: la flessibilità in uscita, articolo 18 compreso. ❖

L’Unità 13.03.12

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“Mille euro al mese per un anno a chi ha perso il posto ma Cgil dice no: passo indietro”, di Luisa Grion

Camusso: trattativa difficile Marcegaglia: niente accelerazioni Bonanni: rischio ecatombe sociale. Round governo-parti sociali. Da oggi bilaterali sui licenziamenti, lunedì vertice da Monti
Angeletti: sul tavolo esiste un problema di costi. Bersani: non tradisco l´articolo 18
C´È UNA GRANDE novità riguardo agli ammortizzatori sociali, ma nulla è stato ancora detto sulle risorse. Il vertice sulla riforma del lavoro, convocato dal governo ieri pomeriggio, ha definito i tempi e gli obiettivi del varo e dell´entrata in vigore delle nuove regole. Ha approfondito discussioni già considerate a buon punto (quella sull´apprendistato e sulla riduzione del numero dei contratti), ma ha tralasciato del tutto la questione più spinosa: quella che riguarda la “manutenzione” dell´articolo 18. I tempi non sono pronti per parlarne collegialmente, si procederà già da oggi con incontri bilaterali.
Eppure il calendario si fa stretto. Il ministro Fornero ha precisato di voler chiudere l´accordo entro il 21-23 marzo. E da lunedì prossimo, con la convocazione di un nuovo tavolo a Palazzo Chigi al quale parteciperà anche il premier Monti, partirà un vero e proprio rush finale. «Voglio tutti dentro un buon accordo», ha detto a imprese e sindacati Elsa Fornero, ma senza fornire alle parti l´indicazione che più si aspettavano: quella sul come trovare le risorse per coprire i nuovi ammortizzatori. Ha assicurato che il governo «si impegna a trovare le risorse al di fuori dei capitoli di spesa sociali».
Indicazione che non ha soddisfatto per niente i sindacati. «Sul tavolo esiste un problema di costi, non sono stati nemmeno quantificati», ha detto il leader della Uil Angeletti. Ma i malumori vanno oltre. La definizione di quella che sarà la nuova rete di ammortizzatori suscita perplessità nella Cisl e non convince per niente la Cgil. Fornero ha infatti lanciato l´Aspi, la nuova assicurazione sociale per l´impiego destinata a sostituire tutto quanto non rientra nella attuale cassa integrazione ordinaria e in quello che resterà nella straordinaria. In media il lavoratore privato (e quello pubblico privo di contratto a tempo indeterminato) quando perderanno il posto potranno contare su un assegno massimo di mille euro per un anno (15 mesi per gli over 58). Ma il nuovo ammortizzatore varrà un anno mentre oggi la mobilità ne copre due. Non solo, il ministro intende anticipare i tempi e mettere a regime la riforma dal 2015. Per Raffaele Bonanni, leader della Cisl, ciò porterà «all´ecatombe sociale». Per Susanna Camusso, leader della Cgil: «E´ stato fatto un passo indietro». L´anticipo non sta bene nemmeno a Confindustria: «Fornero ci ripensi» ha detto la presidente Emma Marcegaglia.

La Repubblica 13.03.12