Nel Complesso borrominiano di Sant’Ivo alla Sapienza, straordinaria opera di Francesco Borromini nel cuore della Roma barocca, i calcinacci vengono giù in diretta, sfarinandosi su uno dei due balconi affacciati su piazza Sant’Ignazio. Ed è in questo edificio, sede dell’Università di Roma fino agli anni Trenta del Novecento, che si trova oggi l’Archivio di Stato di Roma, struttura dipendente da quel ministero per i Beni culturali che nel triennio 2009-2011 ha subito tagli per un miliardo di euro.
«Eccolo, il risultato, degno di un Paese di selvaggi», si sfoga il direttore Eugenio Lo Sardo, il quale, tra mille emergenze da affrontare, ne segnala almeno due: «Tra sei mesi andrà in pensione Angela Lanconelli, ultima medievista (studiosa del Medioevo, ndr) in servizio, responsabile del settore Diplomatico e delle Pergamene. Come accade da anni non sarà sostituita, e ci sono cose che solo lei è in grado di fare». Ed è proprio Angela ad aprire al visitatore il cosiddetto armadio dei tesori, al primo piano di questo edificio, tra i più importanti della città, assurdamente ridipinto a metà da dodici anni (una parte, bianca, con soldi del Giubileo del 2000, l’altra rossiccia). Dall’armadio la funzionaria con estrema cura estrae la seconda emergenza: «Un malato gravissimo, il Liber Regulae dell’Ospedale di Santo Spirito, rarissimo codice miniato che oggi sul mercato varrebbe almeno dieci milioni di euro. Per salvarlo bastano tra i ventimila e i cinquantamila euro. Ma occorre fare in fretta». Il volume risale alla metà del Trecento, con bellissime miniature dipinte quasi certamente da un artista di area avignonese: «E le stiamo perdendo per sempre, guardi qua». L’apertura del grosso Liber in effetti è uno strazio anche per gli occhi del non specialista: l’oro (vero) si sta sfaldando in pezzi. Anche il lapislazzulo blu sta visibilmente sbiadendo. Stessa sorte per il minio. «Non abbiamo nemmeno i soldi per pagare le bollette, — protesta Lo Sardo — l’ultimo debito per luce e gasolio, del 2009, l’ho saldato qualche giorno fa e grazie a un’alchimia contabile. I fondi per il restauro sono azzerati da tempo. Sto pensando di trovare finanziatori stranieri, ma dovrei metter su un sito e per quanto possa apparire assurdo anche Internet è un lusso per noi».
In generale, delle 25 mila pergamene conservate, tutte di pertinenza dell’«Ultima medievista», come la Lanconelli è stata ribattezzata, solo 5 mila sono state messe in salvo. Incerto il destino delle altre, ma soprattutto incerto il destino del Liber, decorato con animali fantastici e scene di vita ospedaliera: «Un restauro oggi è sconsigliato, — spiega l’esperta — ma occorre procedere d’urgenza allo scioglimento della rilegatura del XVII secolo. È troppo stretta, per questo i fogli di pergamena si stanno arricciando, motivo della perdita dei colori. I soldi promessi non arrivano. Stiamo studiando la possibilità di promuovere una raccolta fondi tra i cittadini».
Il Corriere della Sera 11.03.11