La politica ha discusso, lo scontro fra governo e Parlamento è stato acceso. Ma alla fine le 10 mila assunzioni nella scuola non sono arrivate. Dovevano essere finanziate alzando le tasse sull’alcol e sui giochi, trasformando il vizio in virtù, o almeno in posti di lavoro. Ma l’emendamento al decreto legge sulle semplificazioni presentato dal Pd e approvato in commissione è stato cancellato, sostituito da un meccanismo pieno di curve: le assunzioni saranno possibili ma solo in caso di aumento degli studenti, da verificare ogni tre anni, e a patto che il settore abbia risparmiato qualcosa. Nessun impegno preciso, non una sorpresa visto il momento di sacrifici per tutti. Ma mentre la politica discute, nelle scuole che cosa succede? Il confronto tra l’anno in corso e quello precedente ci dice che, anche se di poco, il numero degli studenti è salito, più 0,1%. Mentre quello degli insegnanti è sceso, con una tendenza più marcata, 2,6%. Il risultato è che abbiamo meno classi, lo 0,6%. E che sono diventate un po’ più affollate: da una media di 21,28 alunni siamo passati a 21,45, anche se restiamo in linea con la media dell’Ocse, l’Organizzazione che raggruppa 34 Paesi a economia avanzata. I numeri non dicono tutto, non misurano sempre la qualità e nemmeno l’impegno dei singoli. Ma le ultime tabelle distribuite ai sindacati dal ministero dell’Istruzione sono un ottimo punto di partenza per capire cosa è successo.
Più studenti
Considerando tutto il percorso dell’istruzione, dal primo anno di materna all’ultimo delle superiori, gli studenti italiani sono quasi 8 milioni, 7.826.232. Rispetto all’anno scorso ne abbiamo 8.436 in più. Gli italiani fanno meno figli ma il numero cresce grazie agli stranieri, ormai intorno all’8% del totale. Per capire meglio, però, bisogna abbassare la lente d’ingrandimento. Ci sono più alunni alle materne, alle medie e alle superiori, mentre scendono alle elementari. E soprattutto l’aumento riguarda il Nord (in Lombardia ci sono 11.579 studenti in più) ma non il Sud, la Sicilia quest’anno ne ha persi 7.539.
Meno insegnanti
Considerando sia quelli di ruolo che i precari, ma senza contare quelli di sostegno, gli insegnanti italiani sono 625.878. Rispetto all’anno scorso ce ne sono 16.980 di meno. È l’onda lunga dei tagli decisi dal governo Berlusconi, 87 mila cattedre in meno negli ultimi tre anni. Qui il calo riguarda tutti i gradini del percorso scolastico, anche se il sacrificio maggiore lo hanno fatto superiori ed elementari. Ma tra Nord e Sud non si salva nessuno: ci sono meno insegnanti (2.316) sia in Sicilia, dove gli studenti sono in calo, sia in Lombardia (2.074), dove invece sono aumentati. La nuova versione dell’emendamento per le assunzioni dice che per il futuro bisognerà tener conto dell’andamento demografico degli studenti. Finora non è andata così.
Classi pollaio?
La conseguenza inevitabile è che sale il numero di alunni per classe. In media siamo a 21,45 contro il 21,28 dell’anno scorso. I nostri vicini europei hanno valori più alti, 24,5 in Francia, 24,7 in Germania anche se lì non sempre vengono considerati gli insegnanti di sostegno che da noi rientrano invece nella stessa categoria. E anche in questa classifica il Nord sembra soffrire di più: in Emilia Romagna la media sale a 22,5 alunni per classe, in Calabria e Sardegna scende a 19,7. Le cosiddette classi pollaio, cioè con più di 30 studenti, sono circa 2 mila, lo 0,6% del totale. In compenso il 4% ha meno di 12 studenti, quasi sempre nei paesini e in zone di montagna.
Il tempo pieno
È stato uno dei temi più caldi degli ultimi anni. E qui i dati ufficiali consentono di fare chiarezza fino a un certo punto. Sulle medie non ci sono dubbi: rispetto all’anno scorso le classi con il tempo prolungato sono 1.479 di meno, un calo dello 0,4%. A poter usufruire di questo servizio sono 31.602 studenti in meno. Per le elementari le tabelle del ministero indicano un aumento di 979 classi, il 2,6% in più, 26.256 bambini. Ma il dato non dice tutto. Il modello originario del tempo pieno prevedeva 40 ore alla settimana con due maestre. «In molti casi — dice Domenico Pantaleo, segretario della Flc Cgil scuola — quelle 40 ore sono diventate uno spezzatino, coperto da 4 o 5 insegnanti che si alternano trasformando in alcuni casi la scuola in un parcheggio». In ogni caso le domande per il tempo pieno superano di gran lunga l’offerta, non ci sono dati ufficiali ma molte famiglie restano fuori.
Il sostegno
È un altro tema delicato. Il numero degli studenti disabili è in costante aumento, quest’anno sono quasi 200 mila, 198.672, 10 mila in più rispetto all’anno scorso. Un vero e proprio boom se si pensa che dieci anni fa erano quasi la metà. Anche il numero degli insegnanti di sostegno è cresciuto — adesso siamo a 97.636, 3 mila in più — lasciando sostanzialmente inalterato il rapporto di due studenti disabili per ogni insegnante di sostegno. Una conseguenza della pronuncia della Corte costituzionale che due anni fa ha cancellato il tetto di 91 mila docenti di sostegno fissato con la Finanziaria del 2008, governo Prodi.
Gli accorpamenti
L’anno prossimo diversi istituti saranno chiusi e accorpati. La prima manovra estiva del 2011 ha stabilito che le scuole elementari e medie devono avere almeno mille studenti. Quelle più piccole devono fondersi fra loro, in modo da abbassare i costi di gestione. La previsione era di chiudere 1.300 scuole con un risparmio di 115 mila euro l’anno per ogni cancellazione. Dopo le proteste è partita una mediazione, sono le singole Regioni a decidere come ridisegnare la rete. Al momento è stato già deciso l’accorpamento di 400 scuole ma alla fine dovrebbero essere 1.056, poco meno della previsione iniziale. Questo non vorrà dire avere per forza meno classi o meno insegnanti. Ma le scuole piccole sono spesso nei piccoli centri. In alcuni casi per andare in classe sarà necessario viaggiare. E anche questo è un disagio.
Il Corriere della Sera 11.03.12