«Forse c’è un’Italia che è più avanti di chi la rappresenta», suggeriscono, con un certo orgoglio, i promotori che quell’Italia se la sono andata a cercare firma per firma. Alla fine, ne contano più di centomila, raccolte coi banchetti, comune per comune. Tante, più di 35mila, vengono dal profondo Nord, dalla Lombardia, dal Veneto, dal Piemonte. Territorio di caccia per la Lega. Nomi e cognomi di chi, da italiano, vuole che le regole di accesso alla cittadinanza cambino. Perché non è possibile che chi nasce in Italia ma è figlio di immigrati debba sentirsi straniero. Si riparte da qui, hanno detto con la loro firma a sostegno delle due proposte di legge di iniziativa popolare, che il comitato L’Italia sono anch’io ha consegnato ieri a Montecitorio. La prima stabilisce che «chi nasce in Italia da almeno un genitore legalmente presente in Italia da un anno è italiano». Subito. Come pure i bambini che in Italia hanno frequentato le scuole. Senza aspettare i 18 anni anche solo per fare domanda. Mentre gli adulti possono diventarlo dopo 5 anni di soggiorno regolare. E sempre dopo cinque anni, secondo quanto recita la seconda proposta di legge, possono accedere al voto amministrativo. Votare ed essere votati. Adesso tocca al Parlamento fare i conti con questa mobilitazione. Di firme a sostegno ne servivano 50mila. Il Comitato promotore – Arci, Acli, Caritas, Centro Astalli, Cgil, Feltrinelli, Cnca, Chiese Evangelinche, Seconde generazioni, Libera, Tavola per la Pace, Cnca, il Comitato 1mo Marzo, Emmaus Italia, Fondazione Migrantes,Lunaria, Il Razzismo Brutta Storia, Terra del Fuoco – ne ha raccolte il doppio: 109.268 per lo ius soli, 106.329 per il diritto al voto. «Siamo sicuri che chi siede in parlamento non vorrà deludere queste attese», fa pressione Graziano Derio, sindaco di Reggio Emilia e presidente dell’Anci, l’associazione dei comuni italiani: «Chi paga le tasse ha diritto al voto e, come fu per il voto alle donne, questa è una battaglia che riguarda tutti, non solo gli immigrati». SUBITO LA DISCUSSIONE «È già tardi, veniamo da trent’anni di politiche fallimentari, mosse da una malintesa ricerca del consenso », avverte il presidente dell’Arci, Paolo Beni, invocando, insieme a Filippo Miraglia, «uno sforzo collettivo per un nuovo patto di convivenza ». Sulle politiche per l’immigrazione «occorre invertire la rotta», scandisce d’altra parte padre Giovanni Lamanna, direttore del Centro Astalli. «C’è tempo anche in questo scorcio di leglislatura», aggiunge Antonio Russo, delle Acli. «Non si tratta di gentili concessioni ma di far maturare la democrazia in questo paese», ricorda Massimo Aquilante, a nome delle Chiese Evangeliche. «Abbiamo generato nel Paese una discussione molto ricca», rivendica Vera Lamonica a nome della Cgil. Mentre «tempi celeri per la discussione nelle aule parlamentari», invoca il Forum Immigrazione del Pd, che ha aderito fin dall’inizio alla campagna di raccolta firme. «Questa è una grande questione nazionale che deve essere affrontata a salvaguardia di milioni di donne e uomini che contribuiscono alla ricchezza economica e sociale del nostro Paese ».❖
L’Unità 07.03.12