Uso più efficiente dei fondi, schemi innovativi per favorire il passaggio tra scuola e lavoro, aiuti alla mobilità tra uno Stato e l’altro. L’Unione europea scende in campo per contrastare la disoccupazione giovanile, “male” che affligge oltre 5 milioni di ragazzi tra i 15 e i 24 anni, cui si sommano 7,5 milioni di Neet, che non studiano né lavorano. In aggiunta all’invito rivolto agli Stati di spendere i fondi strutturali residui – oltre 82 miliardi, di cui 8 in Italia – per sostenere l’occupazione giovanile e le Pmi, le direttrici tracciate da Bruxelles puntano a ridurre la dispersione scolastica, sostenere tirocini e contratti di apprendistato, attraverso programmi collaudati come Erasmus (anche per imprenditori, si veda l’articolo a lato) e Leonardo da Vinci. Quest’ultimo, in particolare, con un budget di 25 milioni destinato all’Italia per il 2012, promuove stage in imprese o istituti di formazione per studenti e disoccupati.
Per ridurre gli abbandoni scolastici la Ue riserva 4 milioni ai giovani che hanno lasciato prima del diploma per aiutarli a riprendere gli studi o un percorso professionale che offra competenze spendibili sul mercato. La richiesta di Bruxelles ai Paesi è di mettere a punto meccanismi per assicurare che i giovani, entro 4 mesi dalla fine del percorso scolastico, abbiano un lavoro, proseguano gli studi o si iscrivano a un altro corso di formazione. Insomma, se l’obiettivo (ambizioso) venisse tradotto in realtà, si sfoltirebbe in modo deciso l’esercito del Neet. Da parte sua la Commissione sta disegnando un quadro per tirocini di alta qualità in modo da rendere più trasparenti le informazioni sulle opportunità disponibili a livello europeo, sulle condizioni di accesso e sugli obiettivi perseguiti. Sui tirocini, del resto, c’è lo stanziamento più ricco: 1,3 miliardi del Fondo sociale europeo per supportare la creazione di almeno 370mila stage nel corso di quest’anno.
E almeno 5mila giovani potranno beneficiare dell’iniziativa «Il tuo primo posto di lavoro Eures», pensata per aiutarli a trovare un’occupazione in un altro Paese della Ue attraverso consulenza, aiuto nella ricerca di un posto di lavoro e sostegno finanziario, che passa attraverso l’utilizzo del portale Eures che veicola, secondo la Ue, circa 100mila posti di lavoro l’anno.
L’obiettivo finale del piano è dare slancio alla mobilità internazionale, finora frenata dai ritardi nell’implementazione del Quadro europeo delle qualifiche (Eqf), che da quest’anno avrebbe dovuto assicurare il riconoscimento automatico dei titoli di studio nei diversi sistemi scolastici: solo 10 Paesi sono in regola con il ruolino di marcia (Belgio, Danimarca, Estonia, Francia, Irlanda, Lettonia, Olanda, Malta, Portogallo e Regno Unito).
«In Italia – spiegano dall’Isfol, l’agenzia che offre assistenza tecnica al ministero del Lavoro e al Miur per l’attuazione dell’Eqf – la mappatura dei titoli del sistema educativo e formativo, che rappresenta il primo step dell’intero processo, è in fase di definizione e di consultazione istituzionale con le Regioni». Dal rapporto che dovrebbe essere presentato alla Commissione europea entro fine anno ne emergerà un quadro in cui ciascuno dei titoli rilasciati in Italia conterrà l’indicazione di uno degli 8 livelli previsti dalla Ue.
Il Sole 24 Ore 05.03.12