Mese: Febbraio 2012

” I mali d’Italia e i predatori dell’articolo 18″, di Michele Raitano

Come accadde con Pisapia prima delle elezioni a Milano, l’articolo 18 ogni giorno che passa viene individuato come la causa certa e unica di tutti i mali del sistema economico-sociale italiano: la sua presenza sarebbe l’unica determinante del nanismo delle nostre imprese, della loro scarsa competitività sui mercati, della presenza del precariato, dei pochi investitori internazionali. Andrea Ichino, in un articolo sul Corriere di ieri, hanno individuato nella presenza dell’articolo 18 e nei comportamenti settari dei sindacati la causa dei bassi salari. Nella loro visione, da una parte l’articolo 18 contribuirebbe a contenere i salari, dato che i datori scaricherebbero sulle retribuzioni il costo dell’assicurazione contro la licenziabilità loro offerta, dall’altra la difesa a oltranza degli insiders (gli iper-garantiti) da parte dei sindacati vieterebbe ai lavoratori privi di tutele di essere quanto meno risarciti tramite più alti salari dai rischi derivanti dall’instabilità contrattuale. Se la relazione supposta da Alesina e Ichino fosse vera dovremmo dunque aspettarci un vantaggio in termini di retribuzioni a favore dei lavoratori delle piccole imprese, quelle non coperte dall’art. 18. Al …

" I mali d'Italia e i predatori dell'articolo 18", di Michele Raitano

Come accadde con Pisapia prima delle elezioni a Milano, l’articolo 18 ogni giorno che passa viene individuato come la causa certa e unica di tutti i mali del sistema economico-sociale italiano: la sua presenza sarebbe l’unica determinante del nanismo delle nostre imprese, della loro scarsa competitività sui mercati, della presenza del precariato, dei pochi investitori internazionali. Andrea Ichino, in un articolo sul Corriere di ieri, hanno individuato nella presenza dell’articolo 18 e nei comportamenti settari dei sindacati la causa dei bassi salari. Nella loro visione, da una parte l’articolo 18 contribuirebbe a contenere i salari, dato che i datori scaricherebbero sulle retribuzioni il costo dell’assicurazione contro la licenziabilità loro offerta, dall’altra la difesa a oltranza degli insiders (gli iper-garantiti) da parte dei sindacati vieterebbe ai lavoratori privi di tutele di essere quanto meno risarciti tramite più alti salari dai rischi derivanti dall’instabilità contrattuale. Se la relazione supposta da Alesina e Ichino fosse vera dovremmo dunque aspettarci un vantaggio in termini di retribuzioni a favore dei lavoratori delle piccole imprese, quelle non coperte dall’art. 18. Al …

"Sognavo una scuola libera ma oggi quell'utopia non c'è più

Il celebre insegnante, amico di Don Milani, compie 90 anni E racconta le rivoluzioni di classe, da Tolstoj alla provincia italiana. “Venivo guardato con sospetto dalle istituzioni. Ora ha vinto il modello tradizionale” Chissà se domani il maestro Lodi guarderà fuori della grande finestra che s´affaccia sul cielo di Piadena, borgo di pianura tra sapori lombardi ed emiliani. Tutto cominciò da lì, da una finestra spalancata sul mondo. «Sì, fu il mio primo giorno di scuola a San Giovanni in Croce, al principio degli anni Cinquanta. Mentre parlavo, uno dei bambini si alzò dal suo banco e andò a guardare cosa succedeva sui tetti di fronte. A poco a poco, anche gli altri fecero lo stesso. E allora mi domandai: lasciar fare o reprimere? Così mi alzai, e insieme a loro mi misi a guardare il mondo dalla finestra». Da insegnante tornava bambino, e gli scolari si facevano maestri. La nuova scuola era cominciata. Il maestro compie novant´anni, ma nel giorno della festa chiede silenzio. «Silenzio e meditazione. Noi novantenni possiamo ricordare la nostra vita, …

“Sognavo una scuola libera ma oggi quell’utopia non c’è più

Il celebre insegnante, amico di Don Milani, compie 90 anni E racconta le rivoluzioni di classe, da Tolstoj alla provincia italiana. “Venivo guardato con sospetto dalle istituzioni. Ora ha vinto il modello tradizionale” Chissà se domani il maestro Lodi guarderà fuori della grande finestra che s´affaccia sul cielo di Piadena, borgo di pianura tra sapori lombardi ed emiliani. Tutto cominciò da lì, da una finestra spalancata sul mondo. «Sì, fu il mio primo giorno di scuola a San Giovanni in Croce, al principio degli anni Cinquanta. Mentre parlavo, uno dei bambini si alzò dal suo banco e andò a guardare cosa succedeva sui tetti di fronte. A poco a poco, anche gli altri fecero lo stesso. E allora mi domandai: lasciar fare o reprimere? Così mi alzai, e insieme a loro mi misi a guardare il mondo dalla finestra». Da insegnante tornava bambino, e gli scolari si facevano maestri. La nuova scuola era cominciata. Il maestro compie novant´anni, ma nel giorno della festa chiede silenzio. «Silenzio e meditazione. Noi novantenni possiamo ricordare la nostra vita, …

“Le macerie di tangentopoli”, di Guido Crainz

A vent´anni di distanza dal loro inizio, Tangentopoli e la crisi della “prima Repubblica” evocano oggi l´inevitabile crollo di un edificio corroso e al tempo stesso una ricostruzione radicalmente mancata. Non suggeriscono celebrazioni ma riflessioni amare sulla difficoltà, se non l´incapacità, del Paese a cambiare rotta. Impongono con urgenza ancora maggiore quel profondo esame di coscienza che allora non facemmo, preferendo rimuovere le radici del disastro. Lasciammo così largamente inalterati, dietro una “rivoluzione” di superficie, i guasti che erano stati alla base di quel crollo e costruimmo inevitabilmente sulla sabbia, se non sulle sabbie mobili. Per questa via le macerie della “seconda Repubblica” si sono inevitabilmente aggiunte a quelle della “prima”: di entrambe dobbiamo oggi sgomberare il campo, e solo considerandole nel loro insieme possiamo individuare gli elementi necessari per una inversione di tendenza ancora possibile. Ove si mettano a confronto gli anni Ottanta e il ventennio che ne è seguito viene quasi in mente il “tutto cambi perché nulla cambi” del Gattopardo e ancor di più una riflessione di Massimo d´Azeglio che viene spesso …

"Le macerie di tangentopoli", di Guido Crainz

A vent´anni di distanza dal loro inizio, Tangentopoli e la crisi della “prima Repubblica” evocano oggi l´inevitabile crollo di un edificio corroso e al tempo stesso una ricostruzione radicalmente mancata. Non suggeriscono celebrazioni ma riflessioni amare sulla difficoltà, se non l´incapacità, del Paese a cambiare rotta. Impongono con urgenza ancora maggiore quel profondo esame di coscienza che allora non facemmo, preferendo rimuovere le radici del disastro. Lasciammo così largamente inalterati, dietro una “rivoluzione” di superficie, i guasti che erano stati alla base di quel crollo e costruimmo inevitabilmente sulla sabbia, se non sulle sabbie mobili. Per questa via le macerie della “seconda Repubblica” si sono inevitabilmente aggiunte a quelle della “prima”: di entrambe dobbiamo oggi sgomberare il campo, e solo considerandole nel loro insieme possiamo individuare gli elementi necessari per una inversione di tendenza ancora possibile. Ove si mettano a confronto gli anni Ottanta e il ventennio che ne è seguito viene quasi in mente il “tutto cambi perché nulla cambi” del Gattopardo e ancor di più una riflessione di Massimo d´Azeglio che viene spesso …

“Una ricetta per spingere la crescita”, di Franco Bruni

Le stime rese note ieri dall’Istat confermano che l’Italia è in recessione. Deve uscirne presto, anche per non compromettere l’aggiustamento della finanza pubblica. Per ridurre il peso del deficit pubblico sul Pil bisogna contrarre il deficit ma anche sostenere il Pil. In altre parole: le politiche per la crescita servono anche a migliorare la stabilità finanziaria. Fra l’altro, se il reddito nazionale accelera, sale il gettito delle imposte riducendo il deficit pubblico. D’altra parte le politiche di bilancio restrittive frenano la crescita. Questo è quasi sempre vero nel breve periodo; guardando più lontano, dipende dalla qualità delle politiche restrittive che vengono fatte. Un riordino credibile e duraturo della finanza pubblica, che migliori anche l’utilità della spesa e la struttura delle imposte, può aumentare la produzione e l’occupazione. Perciò non c’è contraddizione fra risanare la finanza pubblica e favorire la crescita. Basta fare le due cose nei modi e nei tempi giusti. Non troppo precipitosamente e con provvedimenti che migliorino l’organizzazione d’insieme dell’economia, pubblica e privata. Invece in gran parte dell’Europa viviamo con l’incubo che il …