Mese: Febbraio 2012

“A scuola si diventa italiani”, di Andrea Gavosto*

È un’assurdità e una follia che dei bambini nati in Italia non diventino italiani». Parole forti del presidente Napolitano, che prima di Natale ha sollecitato il Parlamento a farsi carico del tema dell’acquisizione della cittadinanza italiana da parte dei figli degli immigrati. Parole riprese nei giorni scorsi dal ministro dell’Interno Cancellieri e da quello dell’Integrazione Riccardi, con sfumature diverse. Parole che ci dicono che il tempo è maturo per intervenire; anzi ne abbiamo perso già troppo, incapaci di superare lo stallo – sovente molto ideologico – fra le maglie troppo strette dello ius sanguinis e quelle troppo larghe dello ius soli. Una cosa è certa: l’attuale legge, che prevede il diritto di acquisire a 18 anni la cittadinanza solo per i figli di genitori stranieri che siano nati qui e che dimostrino di aver risieduto in Italia tutta la vita senza interruzioni, non funziona. E’ barocca e impraticabile: per le famiglie immigrate, dimostrare la residenza ininterrotta è molto difficile, soprattutto perché le varie sanatorie che l’Italia ha adottato hanno creato periodi di vuoto nelle iscrizioni …

"I corsari della notizia", di Bernardo Valli

È evidente. Ovvio. Il cronista non è un artista e ancor meno uno scienziato. Il suo mestiere è vicino a quello dell´artigiano. Ha un´utilità diretta. Assicura un servizio pubblico indispensabile a una società democratica: informare. Informare cercando di sfuggire a mille insidie, e tra queste la fiction, l´immaginazione, riservata all´artista. Informare accettando la verità del momento, destinata a cambiare, a evolvere. Una verità esposta alle emozioni e alle insidiose idee preconcette. Questa attività approssimativa, sempre soggetta a correzioni, ad aggiornamenti per avvicinarsi a un´inarrivabile esattezza, è vulnerabile a tanti virus. Virus politici, morali, economici, creati dall´ambizione e dalle intime, soggettive convinzioni. Il mestiere rivela tutta la sua nobiltà quando per raccontare la verità del momento, effimera ma preziosa, il cronista mette a repentaglio la vita. Allora l´artigiano riscuote il rispetto che gli è dovuto. Scrivo pensando naturalmente agli ultimi due cronisti uccisi a Homs, in Siria. Il fotoreporter francese, Rémi Ochlik, aveva 28 anni e una faccia da ragazzino. Era già ricco di esperienze. Libia, Congo, Haiti. Mi ricorda tanti altri giovani suoi colleghi per …

“I corsari della notizia”, di Bernardo Valli

È evidente. Ovvio. Il cronista non è un artista e ancor meno uno scienziato. Il suo mestiere è vicino a quello dell´artigiano. Ha un´utilità diretta. Assicura un servizio pubblico indispensabile a una società democratica: informare. Informare cercando di sfuggire a mille insidie, e tra queste la fiction, l´immaginazione, riservata all´artista. Informare accettando la verità del momento, destinata a cambiare, a evolvere. Una verità esposta alle emozioni e alle insidiose idee preconcette. Questa attività approssimativa, sempre soggetta a correzioni, ad aggiornamenti per avvicinarsi a un´inarrivabile esattezza, è vulnerabile a tanti virus. Virus politici, morali, economici, creati dall´ambizione e dalle intime, soggettive convinzioni. Il mestiere rivela tutta la sua nobiltà quando per raccontare la verità del momento, effimera ma preziosa, il cronista mette a repentaglio la vita. Allora l´artigiano riscuote il rispetto che gli è dovuto. Scrivo pensando naturalmente agli ultimi due cronisti uccisi a Homs, in Siria. Il fotoreporter francese, Rémi Ochlik, aveva 28 anni e una faccia da ragazzino. Era già ricco di esperienze. Libia, Congo, Haiti. Mi ricorda tanti altri giovani suoi colleghi per …

“Contro i professionisti dell’intolleranza per ripristinare la libertà di parola”, di Pierluigi Battista

Gli squadristi che inseguono Giancarlo Caselli per tappargli la bocca usano il potere della violenza contro il potere della parola. Adusi alla sopraffazione, temono il pensiero e le parole che lo esprimono come il più grande pericolo.Per loro il Nemico va annientato, figurarsi se può essergli riconosciuto il diritto di parola. Chi impedisce a Caselli di parlare, diffonde il virus dell’intolleranza e della prepotenza. Bisognerebbe definirli per ciò che sono: vigliacchi che si accaniscono in tanti contro uno. Altro che le buone ragioni del popolo No Tav, che dovrebbe cacciare con energia i professionisti della bastonatura dal loro movimento, discutibile ma, se espresso in forme democratiche, più che legittimo. Ma per essere efficacemente solidali con Caselli, anche ieri sera a Genova vittima dell’intolleranza, bisognerebbe smetterla anche con l’acquiescenza indulgente che ha sin qui accompagnato le gesta di chi va in giro per l’Italia a impedire ai loro bersagli di presentare libri, divulgare idee, discutere liberamente. I prepotenti fanno della loro vittima un simbolo del Male: in questo caso della «repressione» giudiziaria dei violenti che secondo …

"Contro i professionisti dell'intolleranza per ripristinare la libertà di parola", di Pierluigi Battista

Gli squadristi che inseguono Giancarlo Caselli per tappargli la bocca usano il potere della violenza contro il potere della parola. Adusi alla sopraffazione, temono il pensiero e le parole che lo esprimono come il più grande pericolo.Per loro il Nemico va annientato, figurarsi se può essergli riconosciuto il diritto di parola. Chi impedisce a Caselli di parlare, diffonde il virus dell’intolleranza e della prepotenza. Bisognerebbe definirli per ciò che sono: vigliacchi che si accaniscono in tanti contro uno. Altro che le buone ragioni del popolo No Tav, che dovrebbe cacciare con energia i professionisti della bastonatura dal loro movimento, discutibile ma, se espresso in forme democratiche, più che legittimo. Ma per essere efficacemente solidali con Caselli, anche ieri sera a Genova vittima dell’intolleranza, bisognerebbe smetterla anche con l’acquiescenza indulgente che ha sin qui accompagnato le gesta di chi va in giro per l’Italia a impedire ai loro bersagli di presentare libri, divulgare idee, discutere liberamente. I prepotenti fanno della loro vittima un simbolo del Male: in questo caso della «repressione» giudiziaria dei violenti che secondo …

“Dopo il caso Rai dimissioni in bianco, combattere l’illegalità”, di Teresa Bellanova

Un’arma di ricatto micidiale, una spada di Damocle sospesa sulla propria speranza: firmare le proprie dimissioni in bianco, senza data e lasciandole al libero arbitrio del datore di lavoro al momento dell’assunzione, è la negazione della possibilità di darsi una stabilità di vita e una prospettiva di costruzione del futuro. Il lavoro che in questi giorni stiamo portando avanti in Commissione lavoro, con una proposta di legge per debellare questa pratica odiosa, riavvia una battaglia che parte da lontano. Nel 2007, con la norma introdotta dal Governo Prodi, sembrava essere conclusa. Ma nel 2008, con il nuovo Governo, giunse la doccia fredda del suo ripristino. Nel biennio successivo, 800 mila lavoratrici nel corso della loro vita lavorativa, in occasione di una gravidanza, sono state licenziate o messe in condizione di doversi dimettere. Quattro su dieci donne costrette a lasciare il lavoro hanno poi ripreso l’attività. Le opportunità di ritornare a lavorare non sono state però le stesse in tutto il Paese: sono la metà delle licenziate nel Nord e addirittura meno di un quarto nel …

"Dopo il caso Rai dimissioni in bianco, combattere l’illegalità", di Teresa Bellanova

Un’arma di ricatto micidiale, una spada di Damocle sospesa sulla propria speranza: firmare le proprie dimissioni in bianco, senza data e lasciandole al libero arbitrio del datore di lavoro al momento dell’assunzione, è la negazione della possibilità di darsi una stabilità di vita e una prospettiva di costruzione del futuro. Il lavoro che in questi giorni stiamo portando avanti in Commissione lavoro, con una proposta di legge per debellare questa pratica odiosa, riavvia una battaglia che parte da lontano. Nel 2007, con la norma introdotta dal Governo Prodi, sembrava essere conclusa. Ma nel 2008, con il nuovo Governo, giunse la doccia fredda del suo ripristino. Nel biennio successivo, 800 mila lavoratrici nel corso della loro vita lavorativa, in occasione di una gravidanza, sono state licenziate o messe in condizione di doversi dimettere. Quattro su dieci donne costrette a lasciare il lavoro hanno poi ripreso l’attività. Le opportunità di ritornare a lavorare non sono state però le stesse in tutto il Paese: sono la metà delle licenziate nel Nord e addirittura meno di un quarto nel …