attualità, politica italiana

“Un aiuto per inasprire le pene”, di Carlo Federico Grosso

Il ministro Passera, nel corso di un’audizione in commissione Trasporti della Camera, ha affrontato ieri il tema dell’introduzione in Italia del delitto di «omicidio stradale» (un reato destinato a reprimere duramente chi commette omicidio mettendosi alla guida di un automezzo in condizione di ubriachezza od avendo ingerito sostanze stupefacenti o psicotrope).

Di fronte a un testo di legge-delega di riforma del Codice della strada che intenderebbe introdurre sanzioni pesanti nei confronti di chi uccide guidando in condizione di ebbrezza o avendo ingerito droghe (reclusione non inferiore nel minimo ad otto anni e nel massimo a diciotto anni, possibilità di arresto in fragranza, revoca definitiva della patente), il ministro ha espresso apprezzamento, ma, nel contempo, ha manifestato cautela. L’iniziativa è seria, ha detto, e merita riflessione. Occorre tuttavia fare attenzione a rispettare i parametri europei, evitare di introdurre divieti radicali che costituirebbero un «unicum» in Europa e rischierebbero di risolversi in un pregiudizio per la circolazione (ritiro perpetuo della patente), rispettare il criterio della «delega» che fa riferimento al «principio di ragionevolezza, proporzionalità e non discriminazione nell’ambito dell’Unione europea».

Al di là delle preoccupazioni manifestate, è comunque importante che il governo abbia preso atto dell’esistenza del problema dei così detti «omicidi stradali» e si sia dichiarato disponibile ad affrontarlo. Da anni, infatti, alcuni tecnici del diritto ed una parte dell’opinione pubblica insistono sulla necessità di reprimere adeguatamente il fenomeno di chi si mette consapevolmente alla guida di un automezzo sapendo di essere ubriaco o di avere ingerito sostanze stupefacenti o psicotrope e cagiona incidenti mortali.

Vediamo, innanzitutto, di chiarire qual è, oggi, lo stato della legislazione e quali orientamenti giurisprudenziali si sono imposti nelle aule di giustizia. Quando si verifica un incidente stradale che cagiona la morte di una persona, di regola viene applicata la norma che prevede l’omicidio colposo. La pena prevista per chi cagiona colposamente la morte guidando un automezzo in stato di ubriachezza o avendo ingerito sostanze stupefacenti o psicotrope è, oggi, dopo gli aumenti introdotti nel 2008, la reclusione da tre a dieci anni.

Nonostante l’aumento introdotto nel 2008, la repressione dell’omicidio causato in stato di ebbrezza o da chi ha ingerito sostanze stupefacenti è stata, in realtà, relativa. La pena minima prevista dalla legge è, come si è visto, di soli tre anni di reclusione; essa può essere ulteriormente diminuita se sono presenti circostanze attenuanti; ulteriori diminuzioni possono essere concesse in ragione del rito prescelto dall’imputato (giudizio abbreviato o patteggiamento).

In questa situazione è sovente accaduto che le pene concretamente irrogate siano state assai poco elevate ed agevole preda della sospensione condizionale. E’ vero che, proprio per evitare tale «marginalizzazione criminale», alcuni magistrati hanno cercato di inquadrare l’omicidio in questione nel ben più grave delitto di omicidio doloso, ritenendo che nei casi indicati fosse possibile riscontrare il c.d. «dolo eventuale» (chi si è messo alla guida di un’autovettura ubriaco o drogato avrebbe «accettato il rischio» di cagionare un evento mortale; tale evento dovrebbe essergli pertanto addebitato a titolo di «dolo eventuale», che si riscontra appunto quando un soggetto, pur non volendo cagionare la morte, «accetta il rischio» che essa si verifichi a cagione della condotta improvvida posta in essere).

Si è trattato, tuttavia, di tentativi sporadici. Non ha d’altronde senso fare dipendere dalla casualità dell’interpretazione giuridica specificamente seguita conseguenze così rilevanti quali sono l’applicazione dell’omicidio colposo ovvero di quello doloso (punito, si badi, con la reclusione non inferiore ad anni ventuno). Di qui la forte spinta ad introdurre, appunto, un autonomo reato di omicidio stradale, punito adeguatamente (reclusione da otto a diciotto anni) ed in grado di sottrarsi ad ogni casualità interpretativa.

Bene ha fatto, tuttavia, il ministro Passera a richiedere comunque una riflessione, soprattutto alla luce della (doverosa) armonizzazione europea della materia. Nei Paesi europei, sebbene non sia di regola previsto un delitto autonomo di omicidio stradale, e si utilizzi normalmente lo strumento dell’omicidio colposo, la repressione di chi cagiona incidenti guidando in condizione di ebbrezza o avendo ingerito sostanze stupefacenti o psicotrope è comunque più dura di quanto lo sia oggi in Italia. Un incremento delle nostre pene non introdurrebbe pertanto, sicuramente, di per sé disarmonia.

Non potrebbe essere, d’altronde, l’Italia, con l’introduzione del menzionato delitto autonomo di omicidio stradale, ad aprire una strada che potrebbe essere ragionevolmente seguita, presto, da altri Paesi?

La Stampa 29.02.12