Più che con vescovi e Vaticano, l’asse è stato col vicepresidente della Commissione Ue, Joaquin Almunia. Un ferreo, impenetrabile «asse del silenzio» che ha permesso a Mario Monti di impedire fughe di notizie su un testo preparato da una decina di giorni; e condiviso esclusivamente con i vertici europei che stavano verificando se l’Italia avesse infranto qualche norma. L’obiettivo era di inserire al momento opportuno le modifiche che mettono fine all’esenzione dell’Ici (ora si chiama Imu) per gli edifici commerciali della Chiesa cattolica dal 1° gennaio 2013; e in un provvedimento come quello sulle liberalizzazioni che contiene una parte sul fisco e una sull’Europa.
La nota con la quale ieri sera il presidente del Senato, Renato Schifani, spiega perché ha ammesso l’emendamento smonta le polemiche di alcuni esponenti del Pdl col Quirinale: la loro tesi è che la modifica contraddice l’invito di Giorgio Napolitano a non inserirne troppe nei decreti per non snaturarli. Monti non solo l’ha presentata ma la rivendica, firmandola. Nel doppio ruolo di presidente del Consiglio e di ministro dell’Economia, vuole farsi garante davanti all’Ue dell’approvazione del documento entro marzo. Si tratta di una sorta di scudo protettivo, per scoraggiare strumentalizzazioni clericali e anticlericali.
Ma soprattutto, l’intento è di rendere chiaro agli interlocutori internazionali che un tema così incandescente non viene affidato ad un qualunque decreto, ma a quello sul quale il governo scommette una fetta della propria credibilità. Forse, è stata proprio la capacità di tenere tutto riservato la cosa che colpisce di più. I tentativi di avere anticipazioni sono stati frustrati: al punto che qualcuno aveva cominciato a ipotizzare che i «veti vaticani» avessero bloccato la decisione. In realtà, un’intesa di massima era stata raggiunta da tempo attraverso contatti tanto informali quanto segreti.
E le gerarchie cattoliche, sebbene poco entusiaste, avevano capito che il governo stava per compiere una scelta inevitabile per scongiurare conflitti e multe salate da parte dell’Europa. Il dossier in mano ad Almunia, che è anche commissario per la concorrenza, andava chiuso prima della sentenza prevista come massimo a maggio: un responso destinato ad aprire un contenzioso con la Cei. D’altronde, c’era la presa d’atto della necessità di abrogare le norme «che prevedono l’esenzione per immobili dove l’attività commerciale non sia esclusiva, ma prevalente», nella prosa di Palazzo Chigi; anche se giustamente, gli edifici destinati solo all’assistenza e ad attività caritatevoli, continueranno a non pagare l’Ici.
Rimane da capire quali effetti avrà l’iniziativa di Monti sui rapporti fra la classe politica e il mondo cattolico. Nella Seconda Repubblica, Cei e Vaticano sono stati usati spesso dai partiti per sottolineare vicinanze o distanze politiche e sul piano dei valori. Un provvedimento gestito direttamente da Palazzo Chigi, senza mediazioni improprie, tende invece a cambiare il terreno di gioco e a offrire un altro modello di riferimento. Ma il problema non riguarda soltanto gli esponenti politici, alcuni dei quali ieri hanno reagito con i riflessi condizionati dal passato. In qualche misura, obbliga ad un ripensamento anche oltre Tevere.
Corriere della Sera 25.02.12
******
“Una paginetta a firma Monti per la svolta” di Lorenzo Salvia
Un paginetta appena, in fondo la firma di Mario Monti, il titolo scritto a penna con una grafia piccola piccola: «Norme sull’esenzione dell’imposta comunale sugli immobili degli enti non commerciali». Per far pagare la nuova Ici, l’Imu, alla Chiesa ma anche ai circoli privati, ai partiti e alle associazioni il governo ha scelto la strada di un emendamento al decreto legge sulle liberalizzazioni. Quella pagina si aggiunge al volumone ora all’esame del Senato che poi passerà alla Camera dove deve essere approvato entro il 24 marzo. L’articolo è il 91 bis, subito dopo quello che riscrive le norme per chi trasferisce all’estero la residenza fiscale. La proposta è stata subito dichiarata ammissibile dal presidente del Senato Renato Schifani. Massimo Corsaro — vicepresidente del Pdl alla Camera — si chiede se «Monti non esibisca una bolla di dispensa dal richiamo di Napolitano» che due giorni fa aveva chiesto di fermare gli emendamenti fuori tema. Ma la norma sull’Imu, dicono sia dalla presidenza di Palazzo Madama sia da Palazzo Chigi, non contrasta affatto con il messaggio del capo dello Stato. Perché, spiegano, riguarda sia l’armonizzazione con la normativa europea sia la concorrenza con la distinzione fra attività commerciali e non.
Chi paga?
La vecchia Ici non si pagava sugli immobili e sulle case usate per attività «assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive». Non solo il bed and breakfast nel vecchio convento o la scuola dalle suore ma anche la palestra gestita dall’associazione o il circolo dove si ascolta musica diventando soci. L’emendamento del governo precisa che in tutti questi casi l’esenzione resta solo se ci sono «modalità non commerciali». Se non si paga insomma, che poi sia un’iscrizione o una tessera sociale non fa differenza.
E gli immobili misti?
Il caso classico è quello dell’albergo con una piccola cappella. Prima poteva bastare questo per far scattare l’esenzione su tutto il palazzo. Adesso non più. «Qualora l’unità immobiliare abbia un’utilizzazione mista — si legge nell’emendamento — l’esenzione si applica solo alla frazione nella quale si svolge l’attività non commerciale». Niente Imu ma solo sulla cappella, non su tutto l’albergo. Sulla «restante parte dell’unità immobiliare, in quanto dotato di autonomia funzionale e reddituale» non solo si pagherà la nuova imposta ma sarà aggiornata anche la rendita catastale, ferma a vari decenni fa. Se la divisione tra parte commerciale e non dovesse essere tecnicamente complessa si procederà con una dichiarazione. I dettagli saranno chiariti in un successivo decreto ma la stessa dichiarazione «potrà essere puntualmente riscontrata e sanzionata nel caso di attestazioni false o mendaci».
Quando parte, quanto vale
Se i cittadini normali pagheranno l’Imu già a partire da quest’anno, l’abolizione dell’esenzione per gli enti non commerciali scatterà dal primo gennaio del 2013. Nelle ultime settimane erano circolate diverse stime sul possibile gettito delle nuove regole. L’Anci, l’associazione dei Comuni, aveva parlato di 500-700 milioni di euro, l’Ares, Associazione ricerca e sviluppo economico, addirittura di 2 miliardi abbondanti. Ma la cifra reale potrebbe essere molto più bassa, intorno ai 100 milioni. Il governo non indica una somma precisa: «In coerenza con il comportamento tenuto in casi analoghi, si tiene opportuno non procedere ad una quantificazione preventiva delle maggiori entrate». Ma assicura che, quando ci saranno, le risorse aggiuntive «potranno essere destinate, per la quota di spettanza statale, all’alleggerimento della pressione fiscale».
Nessuna sanatoria
Il decreto non passa un colpo di spugna sugli eventuali abusi del passato. «Tale intervento normativo — si legge ancora nella relazione — non pregiudica gli attuali accertamenti in corso e l’irrogazione di eventuali sanzioni da parte delle autorità italiane. Tale assunto comporta l’esclusione in radice di ogni forma diretta o indiretta di sanatoria».
I dubbi
Dalla Chiesa non c’è alcuna reazione ufficiale. Ma qualche dubbio riguarda l’istruzione: «Il governo dica subito se la norma riguarda anche le scuole parificate e gli asili nido» chiede Maurizio Lupi del Pdl, poiché gli istituti statali non pagano. Aggiunge Osvaldo Napoli, sempre Pdl: «Educare i ragazzi e istruirli sarà considerata un’attività commerciale prevalente oppure l’affermazione di un diritto costituzionale garantito?». Anche i salesiani intervengono sostenendo che «l’Ici sulle scuole paritarie non sarebbe né giusta né equa». La relazione si limita a dire che tutte le attività che adesso pagheranno l’Imu sono «tanto più meritevoli di considerazione nell’attuale difficile congiuntura economica».
Corriere della Sera 25.02.12