Pier Luigi Bersani, il giorno dopo l’incontro con Monti, è «più ottimista» sull’articolo 18. E a Bologna respinge le descrizioni del Pd come un partito diviso: «Siamo gli unici che discutiamo». Lo spettro che troppo spesso, ancora, agita i democratici lo liquida così: «È diventato uno straccio da brandire, chiediamoci perché». Pier Luigi Bersani ieri a Bologna torna a tracciare quelli che per lui sono i confini di un confronto sull’articolo 18: «Cancellarlo non esiste, si può aggiustare qualcosa nella sua applicazione, per un reintegro ci vogliono anche sei anni». Il tema però «non è centrale», sottolinea il leader, e allora basta parlare di «un Pd diviso: sembra che abbiamo dei problemi perché siamo solo noi a discuterne».
Il leader Pd arriva sotto le due torri per una lunga giornata tutta centrata sui temi dell’occupazione e trova il ferro già caldo: da giorni le cronache registrano le polemiche seguite all’“outing” del presidente di Legacoop Bologna, Gianpiero Calzolari, sulla cooperazione che «non ha parlato abbastanza dell’articolo 18, non possiamo fare finta che la crisi non ci sia». Uscita subito stoppata dal numero uno nazionale Giuliano Poletti, ma il dibattito è aperto: il senatore Pd Gian Carlo Sangalli sposa la linea Calzolari argomentando, «l’articolo 18 è stato introdotto in un’altra era, in Italia c’è troppa resistenza al cambiamento».
Facile capire perché Bersani tradisca l’impazienza a chi gli chiede conto di questo nuovo sommovimento dentro il partito e in un’area del mondo del lavoro tradizionalmente considerata “vicina”. Specie in terra emiliana. Di certi temi «discutiamo solo noi», ecco perché passa il messaggio di un Pd dalle mille anime sulla riforma del mondo del lavoro. Invece la direzione è tracciata, e il confronto in aula renderà giustizia ai democratici: «Nel Pd c’è libertà di parola, ma siamo gli unici ad aver presentato proposte precise in Parlamento». Ovvero «lotta alla precarietà e ammortizzatori sociali, incentivi all’occupazione femminile», ecco cosa c’è nero su bianco, «condiviso negli organismi dirigenti, nelle assemblee».
C’è poi chi già declina sul territorio: i democratici bolognesi, forti di un’indagine Ires-Cgil presentata ieri con Bersani, lanciano una campagna contro «la precarietà, male assoluto». Anche senza aspettare interventi nazionali: agli amministratori locali verrà proposto di concedere agevolazioni sulla fiscalità locali alle aziende che assumono in pianta stabile. Il primo cittadino di Bologna Virginio Merola ci sta, «potremmo differenziare le tarifffe Imu». Esempi concreti di come aggiustare il tiro, insomma, di un confronto difficile sul mercato del lavoro. Perchè, riassume il segretario Pd, «la flexsecurity non si fa con i fichi secchi». Intanto saluta come un passo avanti il faccia con il premier Monti: «Oggi sono più ottimista ammette qualche giorno fa mi sembrava ci fosse un’aria da “liberi tutti”, ognuno fa quel che vuole». E alla tavola rotonda in casa delle cooperative, a cui partecipa con Pier Ferdinando Casini, Bersani trova la sponda del leader Udc: «L’articolo 18 non è un problema centrale detta Casini -, si può discutere sui suoi effetti negativi che sono però acuiti dalla lungaggine del contenzioso giudiziario». Rilancio anche su un altro capitolo difficile: «Se si stabiliscono nuovi ammortizzatori sociali sono totalmente d’accordo con Bersani, serve il contributo del Governo».
IL RAPPORTO CON IL GOVERNO
Al premier, Bersani aveva presentato anche un ragionamento più ampio, che torna a commento dei risultati della ricerca bolognese. I questionari disegnano il ritratto di lavoratori poco pagati, insicuri, insoddisfatti anche per la scarsa possibilità di incidere sull’organizzazione del lavoro. Invece «la gente non lavora solo per mangiare, c’è un diritto a condizioni soddisfacenti, sono gli stessi concetti che ho sottoposto a Monti». Le liberalizzazioni? «Amerei che il governo si mettesse con chi vuole rafforzarle». Allo scadere dei primi 100 giorni dell’esecutivo Monti, Bersani comunque lo promuove, «ne penso bene, ci ha evitato il baratro del rischio Grecia. Noi sosteniamo questo governo: ma con le nostre idee torna a puntualizzare -. E mi capita di alzare la voce, quando vengono fuori cose pericolose». Monti resisterà oltre il 2013? «No, penso che ci sarà un bipolarismo più civilizzato». Ora però c’è altro di cui preoccuparsi. In Parlamento «non c’è una maggioranza politica, va cercata tutte le volte, ogni provvedimento va discusso un po’». E «abbiamo davanti mesi non semplici, specie per la gente comune. Questo governo può darci solo alcune cose, non tutte. Ora comincio un viaggio in Italia perché bisogna guardare con i propri occhi».
L’Unità 25.02.12