Il bel seminario del Pd su “Il mondo dopo la destra” è ruotato sulla necessità di prendere atto e di fare i conti non con una qualsiasi crisi, ma con la crisi strutturale delle capitalismo finanziario speculativo (o turbocapitalismo come lo chiamano i liberali conservatori e radicali), figlio della rivoluzione neoliberista e causa delle attuali pesanti diseguaglianze sociali, della precarizzazione del lavoro, della riduzione dei diritti dei giovani e delle donne, del decadimento etico nell’economia e nei rapporti sociali e umani, responsabile del degrado ambientale e della asfissia della democrazia come sistema di regole e come partecipazione individuale e organizzata nei sindacati, nelle associazioni e nei partiti.
In tutto il mondo si discute della crisi di questa forma di capitalismo che consegna alla finanza un potere enorme e discrezionale al disopra degli Stati e delle popolazioni, che nega la responsabilità sociale e ambientale e che, come dice Castagnetti, «pretende di dirigere il mondo senza la politica» cioè senza l’interesse generale, regole e controlli. La vera discussione in atto è come si supera il neoliberismo e il suo strapotere finanziario.
La crisi ha aperto una fase di transizione. La domanda che ci si pone è dove stiamo andando e dove vogliamo noi che si vada. Le forze neoliberiste responsabili della crisi, rappresentate dalle destre americane ed europee, tentano di rilanciare le loro fallimentari ricette di tagli e di privilegi che creano recessione (almeno per tutto il 2012) e che sono in grado di destabilizzare l’Europa e di devastare istituzioni e popolazioni intere come accade per la Grecia. La destra in Europa è ancora forte e lo sbocco democratico della crisi non è certo. Il nostro sforzo politico va posto qui ed ora, su cosa vogliamo che accada e quindi di come stiamo nella transizione/ conflitto in atto. Vogliamo essere un partito che ingoia le insostenibili politiche neo-neoliberiste oppure vogliamo il cambiamento mettendo in campo riforme possibili e coerenti con l’avanzamento civile, democratico, sociale e ambientale dell’Europa e dell’Italia? È evidente che per stare in piedi nella transizione è indispensabile essere portatori di una nuova gerarchia di valori. Oggi questi sono sintetizzabili in un innovativo nucleo alternativo ai disvalori dell’egoismo sociale. Il nuovo nucleo valoriale fonde in sé il valore dell’eguaglianza, della dignità della persona, dei diritti civili e sociali, del lavoro, del protagonismo della donna, della responsabilità verso la natura, della democrazia partecipata, della libertà e della pace. E come non riconoscere in essi una prima, felice e innovativa, sintesi delle idealità socialiste, ecologiste e del solidarismo cattolico, che supera antiche diffidenze e distinzioni valoriali?
Stare nella transizione vuol dire svolgere una funzione politica sia di contrasto della crisi, sia di indicazione di una nuova idea di società più giusta e fondata sullo sviluppo sostenibile, non futuribile ma che nasca dalla soluzione stessa dei bisogni più urgenti delle popolazioni e dei giovani. Per questo mi pare difficile che il governo Monti possa essere qualcosa di diverso da un governo di emergenza. È giusto sostenerlo ma altrettanto giusto è incalzarlo da sinistra per realizzare più equità, nuova e sostenibile crescita. Ma la svolta democratica non sarà possibile senza un largo consenso popolare e questo difficilmente si avrà senza che il Pd si assuma la responsabilità di guidare la ricostruzione.
L’Unità 24.02.12