Liberare il tempo delle donne, sottraendole all’obbligo di far fronte all’assenza dei servizi per la famiglia. Soprattutto al Sud. Sono in arrivo, nella prossima primavera, nuove risorse derivanti dalla riprogrammazione dei Fondi europei, per rafforzare i servizi di cura di anziani non autosufficienti e bambini. A anticiparlo è il ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca.
Ministro, in che modo il governo intende affrontare il problema delle donne soprattutto al Sud, dove il tasso di occupazione è la metà di quello del resto del Paese?
«Partendo dalla causa. Al Sud la carenza di servizi per la cura degli anziani non autosufficienti e dei bambini produce tre effetti deleteri: sottrae reddito alle famiglie, riduce la libertà delle donne di scegliere se attendere alla cura delle persone o lavorare. E in più mette i bambini del Sud che non possono frequentare gli asili nido in condizione di svantaggio sociale».
Cosa è possibile fare?
«La soluzione passa attraverso il rafforzamento dei servizi di cura degli anziani non autosufficienti e dei bambini. A questo scopo abbiamo intenzione di riprogrammare una parte dei fondi europei, a primavera».
Quali sono invece gli strumenti per incentivare le assunzioni delle donne?
«Qui siamo già intervenuti due volte. La prima con il decreto “salva-Italia” che ha previsto la deducibilità integrale, da Irpef e Ires, dell’Irap sul costo del lavoro, incrementata in caso di donne e under 35. Tutto a valere su risorse ordinarie».
L’altro intervento?
«È quello sul credito d’imposta a valere sui fondi strutturali. Si tratta dell’introduzione di un credito pari al 50% del costo salariale per ciascun lavoratore svantaggiato — cioè disoccupati di lunga durata, donne residenti in aree a bassa occupazione femminile, giovani inoccupati — che venga assunto dalle imprese del Mezzogiorno a tempo indeterminato».
Ma è già in vigore?
«Sono interventi in vigore dal gennaio 2012».
Uno studio Svimez rileva che se si tenesse conto del lavoro nero, il tasso di disoccupazione femminile al Sud sarebbe il doppio di quello ufficiale: al 30,6%. Cosa pensate di fare in proposito?
«I tentativi messi in atto in passato per affrontare con strumenti ad hoc il problema del lavoro nero non hanno dato buoni risultati».
Non c’è molto da fare?
«Il lavoro nero va trattato come un effetto, non come una causa, e come tale va combattuto con misure che, a prima vista, possono sembrare distanti dall’obiettivo primario».
Per esempio?
«Aumentare le azioni di sviluppo, fare emergere le imprese attraverso la leva del credito. Ad esempio, abbiamo potenziato da subito il Fondo sociale per le piccole imprese. Sarà loro interesse emergere per poter usufruirne. Il resto lo fanno politiche più mirate, come quelle che ho già descritto».
Intanto sta per arrivare la «task force» della Commissione europea per aiutarci a affrontare il problema della disoccupazione giovanile. Cosa dobbiamo aspettarci?
«Arriverà la prossima settimana e dovrà verificare se i Paesi che hanno come obiettivo una maggior occupazione giovanile hanno orientato i fondi strutturali alla soluzione di questo problema. Faccio notare che i presidenti della Commissione e del Consiglio europeo, Josè Manuel Barroso e Herman Van Rompuy, hanno detto che l’Italia si è già mossa in questo senso».
A quanto ammonta la parte dei fondi riprogrammati destinati al problema giovanile?
«Alla metà dei fondi in questione: circa un miliardo e mezzo».
La «task force» incrocerà il tavolo della riforma del lavoro guidato dal ministro Elsa Fornero?
«Mi sento di escluderlo: lo scopo è quello di aiutarci a trovare le risorse per i nostri interventi».
Il COrriere della Sera 18.02.12