Sull’onda della catastrofe Celentano-Festival si riapre il dibattito sul futuro della Rai. Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, si rivolge direttamente a Mario Monti come ministro dell’Economia: «La Rai è un’azienda pubblica in decadenza tecnologica, industriale e di prodotto. Ha un padrone, il Tesoro. Da lì deve venire un’iniziativa per la governance in grado di affrontare il tema industriale perché l’azienda ha un mare di problemi. Se non si farà questo e si parla ancora di nomine, fossero pure cinque o sette premi Nobel, né se ci propongono Einstein, con questo assetto noi non partecipiamo».
Nessuna possibilità di equivoco. O il governo cambia i criteri di governance o il partito di Bersani non partecipa: e c’è già chi immagina un’astensione dei commissari di Vigilanza Rai del Pd. Un nodo politico complesso perché, contemporaneamente a Bersani, parla Maurizio Gasparri, Pdl, titolare dell’attuale legge sulle Comunicazioni: «C’è una legge e la si applica, per cambiarla c’è il Parlamento ma non vedo i tempi. Né prevedo vertici a palazzo Chigi sulla governance Rai». Il riferimento è alle voci che, dopo l’incontro di Mario Monti con il presidente della Rai Paolo Garimberti, danno per certo un presidente del Consiglio impegnato nella ricerca di un’intesa Pd-Pdl-Terzo polo per cambiare i criteri di guida della tv pubblica. Gasparri nega. E con lui Fabrizio Cicchitto e Paolo Romani. Tutti sulla stessa linea: il governo non si occupi di Rai, la faccenda riguarda il Parlamento. Ma c’è chi sottolinea il silenzio sia di Angelino Alfano che dello stesso Berlusconi. E se la vicenda Rai si trovasse su un tavolo articolato e complesso, il cui primo piatto è la legge elettorale?
Ma chiunque abbia parlato nei giorni scorsi con Monti di questo argomento ha ricavato una sensazione molto precisa: il capo del governo vorrebbe rivedere i criteri di nomina ma sa bene che, al momento, l’«ala televisiva» del Pdl (a partire appunto da Gasparri e Romani) è fieramente ostile a un qualsiasi passo da parte del governo.
Per ora, in assenza di un’intesa sempre possibile, Monti ha di fronte una strada che passa per la legge Gasparri: indicare un suo consigliere (un personaggio di indubbio prestigio), designare anche un presidente di peso (che dovrà comunque ottenere il sì dei due terzi della Vigilanza). E lo stesso potrebbe valere per la nuova direzione generale (Claudio Cappon?). Gli equilibri comunque cambieranno nel futuro Consiglio perché il centrodestra non avrebbe più in mano una maggioranza certa. In quanto alla presidenza, affidandole alcune deleghe, potrebbe non avere più solo un ruolo di garanzia e di rappresentanza.
Anche con le carte della Gasparri, insomma, Monti potrebbe formare una squadra nuova, diversa, credibile per restituire finalmente la Rai, come ha chiesto ieri sul Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia, al suo ruolo di servizio pubblico.
Il COrriere della Sera 17.02.12